Aggiornato al 25/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Jacopo Chimenti (1551-1640) – Cibarie in dispensa

Diario di una visita all'Expo.

Ero indecisa. Alla fine, sono andata a visitare l'Expo.

Scesa dal treno, alle 10.30,  arrivo in un ampio spazio in cemento, affollatissimo di persone in diverse code, che si smaltiscono solo dopo un'ora e mezza, quando finalmente vengono aperti tutti i tornelli. Entro, imbocco il Decumano. Cammino ed osservo.

Code interminabili ovunque. Rinuncio ad entrare nei padiglioni che gli amici mi hanno suggerito, e continuo a camminare. L'impressione è di essere ad una grande fiera campionaria. Eppure Expo è la fiera mondiale del cibo.

Tutti i paesi più grandi hanno un padiglione. Anche le grandi aziende alimentari. Gli edifici sono tutti, più o meno spettacolari, alcuni architettonicamente interessanti, la maggior parte no. Progettati per attirare l'attenzione e rispecchiare le caratteristiche del proprietario (l' Oman, per esempio, un palazzo da Mille e una notte). I padiglioni ospitano un ristorante con le specialità nazionali, un percorso didattico od espositivo sugli agroalimenti del paese, e un piccolo mercato locale. Ma si riesce ad entrare solo dopo la penitenza: una coda di mediamente, ad essere ottimisti, un'ora.

Percorrendo il troppo affollato Decumano, mi sono sentita smarrita. Al centro della via ci sono espositori che mostrano enormi ceste di frutta, verdura, maiali e carni varie, tonni, formaggi, pane, a grandezza naturale ed in plastica. Non mostrano nulla di più di ciò che viene esposto nei supermercati, solo che qui tutto è in plastica colorata.

Si tengono eventi vari. Video. Venditori di patatine fritte e gelati, steward vestiti da saliere giganti, musiche commerciali, nè etniche nè rappresentative dei vari paesi. Ogni tanto la gente si accende, e tutti battono le mani. Chissà perchè.

I chioschi di street food che mi aspettavo di vedere, sono sul retro. Lungo la via, acquari con tapis-roulant e macchine da palestra. Lo sponsor, Tecnogym, promette di regalare cibo ogni caloria smaltita dai visitatori.

La fiera del cibo? No, il cibo è succube del linguaggio. Non è un linguaggio educativo, che spiega, senza annoiare. Quel linguaggio è raro e sostituito, dai paesi che se lo possono permettere, da allestimenti scenici il cui scopo è sbalordire. Domina il linguaggio della pubblicità. Lo si riconosce dalla modalità semplice e persuadente, dall'insistenza su concetti morali e che sia pieno di ordini. Le istruzioni per i visitatori usano l'imperativo. Un esempio: il padiglione olandese ordina di essere felici; quello ceco "sii calmo e silenzioso, potrai veder di più". Dietro il padiglione statunitense, statue di mucche hanno un cartellino che intima ai visitatori di farsi un selfie. Il volume è altissimo, il padiglione della Sierra Leone annuncia che il paese africano è un luogo di pace e prosperità.

I politici, gli esperti di marketing, hanno scelto lo slogan "nutrire il pianeta", "Feed the planet" per un evento che ha cementificato distese di campi. I progetti base ai quali l'Expo è stata assegnata a Milano, prevedevano un parco agricolo permanente in cui ogni paese avrebbe ricreato le sue colture tipiche, raggiunti da nuove vie d'acqua scavate lungo gli antichi tracciati dei navigli. Ma l'impianto a padiglioni sarebbe stato meno costoso e più appetibile per gli sponsor.

Ed il cibo? La qualità non mi è sembrata gran che. Non parlo dei ristoranti stellati, ma degli stand sparsi ovunque, con code interminabili di gente, immersa nel frastuono e negli annunci a tutto volume.

Alla fine del Decumano lo splendido centro Slow Food di Herzog & De Meuron. Forse perchè ultimo, era quasi vuoto.

I padiglioni più piccoli, dalle tradizioni culinarie più povere, sono omologati, affossati dalla mancanza di denaro. Il grosso dello spazio è dedicato alla vendita di chincaglieria e spesso non c'è traccia di informazione sul cibo.

Insomma, il tema del cibo mi pare sia ipocrita. Non ho avuto la sensazione di una esperienza grastronomica e culturale.

A cosa serve tutto questo? Questo evento, l'Expo, diffonderà informazioni sul cibo, su come viene prodotto o su come salvare il pianeta e combattere la fame nel mondo? Io ne dubito. Stupisce ed emoziona la gente la sua architettura eclettica e le sue installazioni folli e kitch?

Sarà divertente per i bambini e le scolaresche, ma se la città di Milano non riuscirà ad imporsi all'interno dell'Expo e non darà un seguito all'evento, allora questa iniziativa sarà stata un immenso spreco di denaro, di energia e di risorse.

Inserito il:11/10/2015 13:18:38
Ultimo aggiornamento:01/11/2015 16:26:24
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