Aggiornato al 21/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Panicos Panagi (Cipro, 1965 -   ) – The People

 

 “Nel futuro” cosa accadrà?

di Mario Moncada di Monforte

 

La nostalgia è il sentimento che coinvolge sempre noi vecchi nel ricordo di un irripetibile passato.

Ma guardare a quanto è possibile o probabile che possa accadere “nel futuro”, è un bisogno della nostra curiosità culturale ma è anche un dovere per sostenere con le nostre esperienze le speranze di chi è più giovane.

All’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, vivendo da solo ad Ivrea dove lavoravo all’Ufficio Studi della Olivetti, trascorrevo i tardi pomeriggi e i giorni non lavorativi fra i libri delle ricche biblioteche del Palazzo Uffici.

Sapendo dell’origine ebraica della cultura e della disponibilità umana di Adriano Olivetti, la mia attenzione era richiamata dal considerevole numero di pubblicazioni che raccontavano le vicende degli Ebrei e descrivevano gli aspetti più interessanti della religione ebraica.

Molte opere riguardavano anche la formazione dello Stato di Israele e le vicende che avevano accompagnato i rapporti con i Palestinesi.

Ed oggi, leggendo i giornali, si constata che l’attualità persistente di queste vicende violente  condiziona la pace del mondo per lo schierarsi delle grandi potenze a favore degli Ebrei o a favore degli Arabi Palestinesi: purtroppo, pressoché inconsciamente e per una diffusa disinformazione, quasi tutto l’Occidente è schierato a favore di Israele.

E questo non è un problema marginale perché il diffondersi migratorio degli Arabi nel mondo porta fra gli occidentali la rabbia di chi si rende conto di far parte di un’etnia malvista e disprezzata.

Così noi, ponendoci la domanda di quale sia la prospettiva “nel futuro”, abbiamo il dovere di documentarci anche per rasserenare chi dovrà vivere in questo mondo che si prepara.

Accantonando momentaneamente lo specifico problema del dialogo fra Arabi ed Ebrei, è interessante rilevare che l’apertura dei mercati, determinata dalla fine della guerra fredda, ha posto le premesse della crisi occupazionale generata dalla progressiva redistribuzione planetaria del lavoro che ha messo in evidenza un’altra esigenza globale: la necessità di riequilibrare il livello dei consumi di tutti i popoli del mondo.

In una situazione così complessa e così vasta, ci sono molti dubbi sulla fondatezza delle affermazioni di chi sostiene che la scienza e la tecnologia consentiranno all’Occidente di trovare le soluzioni più adeguate per superare tutti i problemi che si presentano. 

C’è chi sostiene che, se non saranno reimpostati i processi economici e i rapporti di lavoro anche riducendone gli orari, è molto probabile che occorra prepararsi per trovare i modi per salvare i principi liberali e mantenere l'ordine sociale.

Forse, sarebbero necessarie non soltanto drastiche misure di sicurezza per prevenire le iniziative violente perfino razziste degli scontenti, ma anche iniziative per tenere sotto controllo la tendenza dei vari gruppi etnici, compreso quello ariano, ad auto-ghettizzarsi ed entrare in conflitto fra loro dentro il mondo occidentale. 

Nell’enorme incertezza che prevale, ci si chiede: quale sarà il futuro?

Trovare una risposta non è facile.

La nuova situazione ha le sue origini anche fuori dall’impreparato mondo occidentale che, malmesso moralmente, non ha trovato ancora i modi per reagire.

Il momento non è facile per nessuno, ma c’è chi ritiene che l’umanità, nel suo insieme e nella sua prospettiva più lunga, pur fra le mille contraddizioni di questo difficile momento, stia inseguendo un suo libero, inconscio ma coerente obiettivo globale.

Interessanti saggi di aggiornati demografi e di attenti sociologi sostengono che il movimento delle genti non è, come dice qualcuno, soltanto un fenomeno ciclico: è un evento inarrestabile e planetario e gli studi dei demografi affermano che, salvo circostanze nuove, raggiunto il massimo della sua crescita attorno a circa nove miliardi di uomini, la popolazione mondiale pian piano ridiscenderà a circa cinque miliardi. È un limite che, rapportato alle risorse della terra, consentirà di vivere con sereno equilibrio.  

I movimenti planetari delle genti, ormai sempre più vasti, consentono di scorgere, in lontananza, un panorama assolutamente nuovo e diverso.

Guardando a questi movimenti si ha conferma, infatti, che si sta andando verso un’umanità globalmente nuova, costruita dall’infinito intreccio di infinite diversità etniche, religiose e culturali.

La realtà, immensa ed incombente, sono le masse di milioni e milioni di africani e asiatici che fuggono dalla fame e dalle guerre e sognano di trovare in Occidente quella serenità che, da sempre, è stata la speranza degli uomini.

E, purtroppo, nei paesi occidentali non c’è quella preparazione umana e culturale che sarebbe necessaria per affrontare il problema con la dovuta compostezza: molti studiosi nel mondo si impegnano per dare informazioni adeguate ma non godono di quella considerazione diffusa che sarebbe necessaria. 

Per Massimo Livi Bacci e Luigi Luca Cavalli Sforza, grandi scienziati che in Italia si distinguono per l’accurato impegno che spendono nei loro studi demografici, è certo che il movimento delle masse umane è inarrestabile: anche le statistiche del Dipartimento dell'Economia e degli Affari sociali dell'ONU fanno prevedere che, entro quattro o cinque generazioni, le popolazioni autoctone occidentali saranno in minoranza demografica nei loro stessi paesi.

A New York, città simbolo dell’Occidente e del melting pot, con il censimento del 2001 questo sorpasso è stato già raggiunto.

Se l’umanità fosse rimasta ferma al tipo di cultura diffusa nel primo medioevo, quando non si era ancora affermato il concetto di nazione e i valori nazionali non avevano alcuna rilevanza, il problema che oggi è rappresentato dal convergere di genti delle più diverse culture non sarebbe neppure rilevato.

E, non rilevandolo, consentirebbe un generale arricchimento culturale e una continua crescita civile.

Contro ogni opposizione possibile e contro ogni razzismo emotivo, quando questo intreccio, ovunque nel mondo, sarà così radicale da non consentire più alcuna distinzione di etnie e di culture, le ragioni nazionalistiche dei conflitti umani saranno state superate: in quel tempo, probabilmente ancora lontano, il mondo sarà uguale patria per tutti, in ogni suo angolo.

Tutti potranno dire come Dante Alighieri «ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare» (De Vulgari Eloquentia, I, 6).

O, come Charles Chaplin, dire «Non sono cittadino di nessun posto, .... ma sono un patriota dell’umanità nel suo complesso. Io sono un cittadino del mondo».

Gli egoismi delle “nazioni” non avranno più alcun fondamento: non ci saranno più le “nazioni” ma una diffusa, multiforme ed indistinta popolazione mondiale multietnica e multiculturale. Pian piano, l’infinita mescolanza fra le etnie e le culture avrà fatto superare quella paura che genera il razzismo.

Passeranno anche secoli, ma accadrà.

L’egoismo e le peculiarità negative umane sono innegabili, ma sembra che gli scettici non si accorgano anche di quelle qualità che spesso, in un mondo così ostile, fanno diventare gli uomini eroi silenziosi.     

I più affermati scienziati moderni di fisica, di chimica e di biologia hanno ormai dimostrato come la legge universale dell’evoluzione sia la costante “ricerca di equilibri sempre più avanzati”: questa espressione è fondamentale per guardare al futuro del mondo.

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, dai rapporti degli atomi fra loro ai rapporti fra i corpi celesti, tutto, nei miliardi degli anni dell’Universo, si è evoluto ubbidendo a questa legge.

Anche sulla Terra, biologicamente, tutto si è evoluto e continua ad evolversi rispettando il dettato di questa legge: inseguendo equilibri sempre più avanzati.

I catastrofisti, senza spiegare come dall’uomo delle caverne si sia giunti all’attuale complessa realtà umana, continuano ad ignorare il costante positivo impegno evolutivo ma, da tempo, gli scienziati positivi affermano che i conflitti generali e le contraddizioni fra gli individui non sono che gli aspetti “superficiali” del divenire umano.

È certo, infatti, che, a livello “carsico”, questo divenire si arricchisce delle dedizioni generose degli uomini miti e di quanti si sono spesi nei millenni e continuano a spendersi con la speranza di raggiungere una pacifica società umana gestita da una globale solidarietà.

La più serena umanità futura sarà il frutto di quell’impenetrabile legame spirituale che, come ha affermato Freud, opera in profondità e consente la creazione e la diffusione dei patrimoni culturali aggreganti come le lingue e il folclore dei popoli.  

Non è nelle guerre la vera storia degli uomini ma nel loro silenzioso spendersi per costruire lentamente nei millenni i valori della solidarietà sempre più ampia, estesa pian piano dall'individuo al piccolo nucleo familiare, al gruppo sociale, alla comunità culturale, fino a comprendere tutta l’umanità nel suo quotidiano battersi nella speranza di un futuro sereno. 

I movimenti planetari delle genti, per ibridazione progressiva, come i biologi e i demografi continuano a sostenere, tendono a costruire una popolazione planetaria non più distinguibile etnicamente.

Passeranno ancora secoli ma, raggiunta questa meta, all’umanità nel suo insieme verranno i benefici dell’impegno che gli uomini miti hanno sempre speso per accumulare quel patrimonio di valori e di cultura che, pian piano e nei millenni, ha esteso il senso di solidarietà dall'individuo alla comunità mondiale.

È lo scorrere di questa storia “muta” che riscatta l’esserci dell’uomo sulla terra.

Nessuno può contestare come questo senso di solidarietà, pian piano, si sia esteso dai primordi e tenda ad estendersi: oggi, lo dimostrano le infinite organizzazioni di volontariato - le associazioni umanitarie, le fondazioni e le ONG - che quotidianamente operano nel mondo.

L’obiettivo finale dell’estendersi di questa solidarietà umana non potrà che essere una meno conflittuale “terra promessa”.

Al di là della storia ufficiale e delle sue contraddizioni, è questa storia “muta” il contenuto e il senso più vero della storia dell’umanità: è un senso che dà valore anche alla modesta vita del più semplice degli uomini.

Questa conclusione, in fondo, dopo tanto ragionare, è semplicemente la condivisione della speranza ebraica: nella visione più ideale dei profeti ebrei, infatti, la terra promessa non è una terra da raggiungere ma la speranza di un mondo sereno da costruire con l’impegno quotidiano degli uomini, nel quale tutte le genti possano vivere in pace.

L’obiettivo è lontano ma, in questa visione prospettica del traguardo positivo della fatica lunga degli uomini, c’è quel conforto e quella guida che servono a tutti per operare con convinto impegno e con serena fiducia.

 

Inserito il:03/03/2021 18:04:10
Ultimo aggiornamento:03/03/2021 18:20:41
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