Käthe Kollwitz (Koenisberg, D, 1867 - Moritzburg, 1945) - Gruppo di giovani e vecchi
Giovani e vecchi sulla stessa barca
di Gianni Di Quattro
Le riflessioni sui vecchi che escono dalla società attiva, sempre più relegati ai margini della stessa nelle loro solitudini e nei loro rimpianti e nostalgie del tempo passato e, nello stesso tempo, sui giovani, sui giovani di oggi, che non riescono a entrare nel gioco un po’ per colpa della società e dei suoi schemi e un po’, anche, per una loro mancanza di aggressione al futuro, si moltiplicano da parte di esperti, osservatori, politici, sociologi.
Si dice che i vecchi in un paese come il nostro stanno diventando tantissimi malgrado il corona virus continui a farne fuori un grande numero proprio ogni giorno e che bisogna trovare un modo per impiegarli almeno in parte e che comunque rischiano di diventare un peso eccessivo e persino insopportabile in un futuro non tanto lontano. Un peso rappresentato da gente che vaga ficcando il naso dovunque senza sapere che sta facendo e, soprattutto, per gli aspetti sanitari, questa gente si porta dietro malanni e patologie anche pesanti e necessita sempre più di assistenza anche perché vive più di prima. Considerazione abbastanza corretta a giudicare da quello che si può notare girando nelle nostre città e nei nostri paesi.
Sui giovani si dice che la struttura della nostra società, il modo di come sono configurate le norme di accesso al lavoro e le opportunità li penalizza e però si dice pure che si avverte da parte dei giovani una ridotta aggressività, un forte conservatorismo logistico, un ridotto spirito di sacrificio non paragonabile alle caratteristiche dei giovani di generazioni passate pronti a qualsiasi adattamento e sacrificio personale pur di potere avere un lavoro, pur di entrare in qualsiasi modo nella popolazione attiva del paese. Quando il lavoro non voleva dire solo soldi, indipendenza e relazioni, ma soprattutto voleva dire dignità, futuro, speranza. Quando il lavoro non dipendeva solo dalla società che te lo doveva dare, ma anche da ciascuno di noi che se lo doveva cercare e spesso costruire.
La verità è che la società di oggi, basata sui consumi e che ama solo chi è in grado di consumare, una società veloce, nella quale tutto cambia con molta rapidità e dove c’è sempre meno spazio e tempo per riflettere, non ama allo stesso modo i vecchi e i giovani. Per lo stesso motivo in definitiva e cioè contribuiscono poco, chiedono molto, richiedono attenzione, assistenza e gridano forte persino.
La società di oggi è adatta alle persone che hanno dai 30 ai 65 anni, salvo qualche eccezione da una parte e dall’altra che peraltro serve anche a confermare la regola, mentre gli altri, gli esterni a questo range, sono solamente dei pesi che secondo il sistema attuale, non solo economico ma anche e soprattutto sociale e morale, finiscono per frenare la vita, la bella vita di coloro che sono nel pieno della stessa e che non hanno tempo e voglia di distrarsi con chi vuole entrare e chiede aiuto e chi non vuole uscire e chiede pure aiuto. E queste categorie umane non si limitano solo a chiedere aiuto, ma assorbono grandi risorse che sono elargite dal resto della società anche per tacitarli.
Una volta le donne adempivano al ruolo di assistere, curare, istruire, consolare i giovani e i vecchi, mentre gli uomini costruivano la vita e consentivano alle donne di goderne un po’ se adempivano ai loro compiti con diligenza. Ma oggi le donne non hanno e non vogliono più avere in esclusiva questo ruolo e quindi la società è diventata zoppa, non ha potuto creare i servizi e le strutture che potevano sostituire nella loro funzione sociale antica, sono nati problemi enormi che stanno stravolgendo gli assetti sociali del futuro. Ed era inevitabile che questo processo procedesse sempre più con speditezza fortunatamente.
Bisogna prendere atto che le donne non accettano più di essere le crocerossine sociali e hanno deciso di adempiere a questo ruolo solo in compartecipazione con gli uomini. Questi ultimi non sono preparati umanamente e culturalmente e continuano a recalcitrare inventando sempre nuove vie di fuga da questa realtà ogni giorno più incombente. La società, al cui potere sono soprattutto uomini, ritarda nell’attrezzarsi e lo fa perché non lo capisce o non lo vuole capire, perché inconsapevolmente cerca di ritardare il futuro.
Allora i giovani protestano e i vecchi più debolmente cercano di farlo e non si rendono conto che sono sulla stessa barca e che il loro futuro può cambiare solo nel caso di una grande alleanza reciproca.
Come è strano che i dibattiti in merito siano pochi e rarefatti!