Roberto Marchesini (Crema, 1964 - ) – Mala Tempora Currunt
La vendetta dei giovani sui vecchi
di Achille De Tommaso
Deutsche Bank avverte, in un suo recente rapporto, che i “millennial” sfogheranno la loro vendetta sugli anziani; ridistribuendo la ricchezza dalle vecchie generazioni ai più giovani, in un’era che Deutsche Bank definisce la nuova 'era del disordine'. E che, mentre entriamo in questa nuova era dobbiamo dire addio a quella della globalizzazione.
Non so se quello che dice Deutsche Bank sia completamente vero; ma quello che sicuramente la nuova e la vecchia generazione debbono imparare a fare, è gestire il proprio reddito, e i propri risparmi. Ne va del loro futuro. Dobbiamo infatti, tutti, imparare a tenerci stretti i nostri soldi.
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Una questione che sta rapidamente emergendo come forza politico-sociale, è il divario intergenerazionale tra “baby boomer”e “millennial” afferma il rapporto di Deutsche Bank.
Rammentiamo intanto le definizioni:
I “millennial” sono le persone nate tra il 1981 e il 1996, che quest’anno hanno raggiunto un'età compresa tra i 24 e i 39 anni. In essi sono compresi tutti coloro che stanno finendo un percorso di studi avanzato e devono cominciare ad orientarsi nel mondo del lavoro. Ci sono però anche persone che già lavorano da qualche anno. E ci sono anche tutti coloro che hanno già costruito un percorso professionale, hanno creato un nucleo familiare tutto loro e raggiunto determinati traguardi economici. In altre parole, dei “millennial” fanno parte quelle persone che devono impegnarsi nel far crescere e accumulare capitale personale e finanziario, creando lo zoccolo duro che li sosterrà più avanti.
I “baby boomer” sono quelli nati tra il 1946 e il 1964 e che hanno raggiunto un’età tra i 56 e i 74 anni. Si tratta quindi delle persone che hanno già alle spalle una carriera professionale relativamente stabile da anni, magari hanno un nucleo familiare più ampio (nipoti etc), alcuni stanno facendo il countdown per andare in pensione, mentre altri hanno già assunto il titolo di pensionati. Non voglio dire che sia una generazione che non si deve aspettare un miglioramento delle proprie condizioni, ma il “grosso” del loro capitale personale e finanziario lo hanno già costruito e devono invece impegnarsi a preservarlo.
Tornando al discorso del divario generazionale: le nuove generazioni riusciranno a preservare e a migliorare le condizioni che le generazioni precedenti si sono man mano costruite? In linea generale, sembra non essere così. In realtà, con il passare del tempo, si evidenzia una certa difficoltà per le generazioni più giovani nello stare al passo con i traguardi ottenuti dalla generazione precedente, a parità di età.
Supponendo che la vita non diventi economicamente più favorevole per i “millennial” con l'avanzare della loro età (però molti trovano già ora i prezzi delle case sempre più fuori portata e c’è una marcata disoccupazione giovanile in diversi Paesi), questo potrebbe essere quindi un potenziale punto di svolta per la società, per iniziare a cambiare, e per spingere i politici a cambiare i loro orientamenti.
Questo potrebbe portarci a vedere una “vendetta” (testuale nel rapporto) dei “millennial” mentre prendono più controllo e mutano le politiche; al fine di ridistribuire la ricchezza.
Qui non si discute sul fatto che queste politiche già ci siano o a quale livello sarebbe giusto che fossero, ma sul fatto che, per come stanno andando le cose, le nuove generazioni saranno sempre meno tolleranti nei confronti dei più ricchi e dei più anziani. Insomma, secondo Deutsche Bank, queste generazioni saranno sempre più inclini a “dare legnate” sui pensionati, “ridistribuendo” la ricchezza dai più anziani ai più giovani.
Un tale cambiamento nell'equilibrio del potere potrebbe ad esempio includere un regime fiscale di successione più rigido, una minore protezione del reddito per i pensionati, più tasse sulla proprietà, insieme a maggiori tasse sul reddito e sulle società; e, in generale, politiche più ridistributive a tutto tondo. E i segnali di queste minacce si vedono fin da ora.
Il rapporto suggerisce che il 2020 potrebbe essere l'inizio di questa nuova “era del disordine”, e che la pandemia di coronavirus potrà contribuire a chiudere l'era della globalizzazione iniziata dagli anni ‘80.
Cosa porterà quindi questa nuova era a livello internazionale? Beh, già ne vediamo le avvisaglie:
• Il deterioramento delle relazioni USA / Cina e il rovesciamento della globalizzazione sfrenata.
• Un decennio decisivo per l'Europa, che dovrà meglio chiarire i propri rapporti con USA, CINA e Russia (e al suo interno).
• Debito ancora più elevato.
• Un divario intergenerazionale, che comunque si allarga ancor prima che i “millennial” e gli elettori più giovani inizino ad avere i numeri per vincere elezioni e invertire decenni di politica.
• Collegato a quanto sopra, il dibattito sul clima si svilupperà in maniera confusa, creando così ulteriore disordine.
Il Covid inasprirà ancor di più, poi, le situazioni di occupazione e globalizzazione.
“Siamo, inoltre, nel bel mezzo di una rivoluzione tecnologica; con valutazioni dei mercati finanziari, che riflettono le aspettative di una grave interruzione dello status quo”, afferma il rapporto, chiedendosi se si tratterà di una rivoluzione o di una bolla. Molto dipenderà, dicono, anche dal fatto che il lavoro da casa diventi più stabile e, in tal caso, si prevede che provocherà (come già sta facendo…) grandi cambiamenti nelle società e nelle economie.
Deutsche Bank è nel giusto? Esistono effettivi “rancori” che le nuove generazioni hanno motivo di covare nei confronti delle generazioni precedenti?
Io non sono completamente d’accordo, ma, come “avvocato del diavolo”, mi limito a citare un paio di generatori di “rancori” spesso tirati in ballo, ovvero:
- il progressivo aumento del debito pubblico che andrà a gravare sempre di più sulle spalle delle nuove generazioni.
- le condizioni ambientali sempre più deteriorate, come l’effettivo livello di inquinamento dei mari e dell’aria, della deforestazione, della scomparsa di specie animali e piante e così via.
Ma sicuramente la domanda alla quale i “millennial” devono rispondere è “cosa farò in futuro?”. Alti prezzi delle case, redditi stagnanti e una marcata disoccupazione giovanile in diversi Paesi è possibile che abbiano già creato, e alimenteranno in futuro, malcontenti e risentimenti.
Ma ho qualche dubbio sulle considerazioni di Deutsche Bank (che hanno comunque qualcosa di vero) e magari concentrerei meglio l’attenzione sull’evoluzione dei mercati finanziari. Infatti i confronti tra generazioni, in larga parte lasciano il tempo che trovano. Esistono migliaia di divari tra generi, tra classi, tra Paesi, tra specifiche competenze e così via. Essere nati nello stesso periodo o l’aver vissuto gli stessi eventi storici non genera necessariamente una naturale solidarietà generazionale; così come non determina che tutti i componenti della stessa generazione abbiano la stessa esperienza di vita.
Non tutti i “baby boomer” sono pieni di immobili e ricchezze, così come non tutti i “millennial” si trovano “sul filo del rasoio” ogni mese. E’ vero: una cosa che non si può discutere è il fatto che i “millennial” siano passati nell’arco di 30 anni attraverso lo scoppio della “bolla internet” del 2002 e attraverso la grande crisi finanziaria del 2008 e adesso il lockdown. Vicende che hanno inferto duri colpi all'economia mondiale. Quindi, chi si è affacciato al mondo del lavoro durante i due ultimi decenni ha dovuto fronteggiare due shock mica da ridere che hanno senza dubbio danneggiato il mercato del lavoro nel suo complesso. Ma secondo voi, gli shock che hanno dovuto affrontare i “baby boomer” con le due guerre mondiali e vari crolli della finanza, sono di poco conto?
Il vero problema, a mio parere, è che dobbiamo imparare a tenere stretti i nostri soldi. I cambiamenti ci sono; ma affliggono tutti. Da una parte, quello che la nuova generazione è costretta oggi ad imparare a fare, è gestire il proprio reddito; dall’altra, la vecchia generazione deve gestire i suoi sudati risparmi. Le generazioni precedenti sono state brave a creare e accumulare capitale (non senza sacrificio), ma in linea di massima dopo la fase di “accumulo” poca attenzione veniva messa nella gestione e nel far fruttare quel capitale; la borsa italiana è stata sempre la più “povera” di quelle europee. I più “avanzati” compravano qualche immobile, oppure andavano dritti sui Titoli di Stato che distribuivano (un tempo) delle belle cedole. O magari li lasciavano in banca, con sicuri e non stressanti tassi del 2-3 % ,
Chiamatela necessità di “logica speculativa” se volete, ma oggi non è più possibile ignorare il sistema finanziario e la logica che lo domina. Saranno i giovani in grado di risparmiare qualcosa dei loro stipendi mensili e di ciò che i genitori lasceranno loro? Sicuramente non lo sappiamo.
L’unica cosa sicura circa il valore del patrimonio che un giovane è in grado di accumulare è il valore dei soldi che ha oggi in banca: del futuro non c’è certezza. Chi si rassegna a ignorare questa mancanza di certezza, lo fa a proprio rischio e pericolo. Bisogna investire? Secondo molti, oggi, il mercato azionario è un buon distributore di ricchezza, ma questo vale per chi impara come gestirlo: è molto rischioso se non si ha cultura finanziaria. Bisogna crearsi quindi questa cultura; ma, per quanto detto prima, gli italiani sono tra i più impreparati a gestire i loro risparmi; e questo vale per tutte le generazioni. Finora, vecchi o giovani che fossero, male che andava, se non volevano rischiare, tenevano i soldi in banca. Oggi non è più raccomandabile: a parte i pruriti governativi verso i nostri conti correnti, le banche stesse spesso applicano o applicheranno interessi negativi. Ogni giorno che non investiremo, perderemo tempo e soldi. E’ facile investire? No non lo è; ed oggi in era Covid pare essere ancora più difficile, perché il mercato sembra impazzito.
Due esempi: 1. I titoli di stato sono un debito per lo Stato che li emette; e più se ne emette, più si accresce il debito ed il rischio-paese collegato. Storicamente, più alto è il rischio e più alti sono gli interessi; quindi dovremmo aspettarci di vedere gli interessi crescere con il rischio. Sbagliato: più titoli oggi sono immessi sui mercati, e più gli interessi stanno scendendo. 2. Il Covid ci si aspettava creasse panico sui mercati. Invece la borsa americana (gli USA sono tra i più colpiti dal Covid) ha avuto una impennata positiva da marzo in poi. Con gli acquisti di inizio luglio, la Borsa americana ha chiuso il trimestre migliore degli ultimi decenni: in particolare, nel periodo compreso tra aprile e giugno. Cose da pazzi e imperscrutabili.
“Mala tempora currunt” quindi? Non si sa; ma questo vale per tutti: sia per “millennial” , che per “baby boomer”; in qualche modo si deve comunque reagire. E magari ricominciare a imparare.