Nathan Wyburn (Ebbw Vale, South Wales, UK, 1989 - ) - NHS 'Thank You' collage
Dall’istinto individualistico ai valori di solidarietà e fratellanza nella crisi
di Bruno Lamborghini
Mariana Mazzuccato ha intitolato il suo ultimo libro “Non sprechiamo questa crisi” per dirci che la crisi pandemica deve impegnarci a trovare nuove risposte e nuove soluzioni ad un mondo in crescente difficoltà. Questo significa in particolare ricercare nuove opportunità partendo dai condizionamenti imposti dal lockdown e dal lavoro a distanza e cercare anche di ridisegnare nuove forme di lavoro e nuove organizzazioni.
La seconda ondata di Covid 19 ha colto impreparati e rischia di creare danni più gravi della prima fase con effetti che influiranno sull’intero 2021 e forse oltre, in particolare sull’occupazione, sui disagi sociali e sui rischi di psicosi collettiva. Ma occorre cercare di affrontare questa crisi pandemica- socio-economica per cambiare e rinnovare gli elementi non più sostenibili già da prima della pandemia, non solo i fattori critici dello sviluppo, le crisi ambientali, lo spreco di risorse non riproducibili, la crescita delle diseguaglianze economiche e sociali, ma anche le condizioni di criticità del lavoro.
Nel passaggio dalla prima alla seconda ondata di Covid 19, è divenuta ormai più diffusa e strutturale la pratica del remote working (che si può chiamare telelavoro, home working o smart working a seconda della sua evoluzione), assieme all’uso diffuso degli strumenti informatici e delle reti digitali. Al di là dei disagi e difficoltà incontrate per l’incapacità da parte di tanti nell’utilizzo degli strumenti digitali e per le carenze delle reti di connettività, questo ha reso le persone spesso più consapevoli del proprio lavoro in termini di utilità, efficienza, qualità e risultati. Si è creata in molti casi una maggiore partecipazione alla propria attività lavorativa, in particolare una maggiore integrazione lavoro-vita ed una nuova focalizzazione su cosa è realmente importante o meno importante.
La grave crisi pandemica con la diffusione del Covid è stata interpretata spesso come una disgrazia imprevista per l’umanità ed anche da alcuni come una condanna divina. In realtà, si tratta di una fatto di natura, spiacevole, ma del tutto naturale: i microrganismi del Covid, come tutte le specie viventi, sono mossi da un istinto vitale, la loro sopravvivenza e la moltiplicazione della specie, senza alcuna intenzione di fare male ad altri, senza consapevolezza del bene e del male, come invece noi della specie umana ci comportiamo. Anche la nostra specie ha come base l’istinto vitale della sopravvivenza e moltiplicazione, ma nel processo evolutivo dall’uomo primitivo all’Homo Sapiens e poi Sapiens Sapiens abbiamo affiancato all’istinto di base, nuove componenti quali la coscienza di noi e degli altri, la ricerca di senso delle cose, la progettualità, l’appartenenza a comunità, i sentimenti, la passione e l’amore come forme irrazionali e talvolta in conflitto con l’istinto di base. Nella vita quotidiana ci confrontiamo sempre tra l’obbedienza ad un istinto che ci fa essere egoisti e predominare gli altri pur di difendere il nostro modo di vivere, assieme contemporaneamente ad un bisogno di condividere relazioni con altri e cercare o dare e ricevere aiuto od anche avere rapporti di amicizia disinteressati e scambi gratuiti.
Questo bisogno umano è stato limitato o annullato a causa del lockdown e dal distanziamento tra le persone anche a causa della mascherina che ci isola. Con il rischio di produrre crisi di solitudine e paura dell’incontro con gli altri per non essere contagiati togliendo quelle relazioni di cui siamo fatti ed abbiamo necessità per vivere. Ma questo fa anche tornare fuori la componente dell’istinto egoistico di base che abbiamo in qualche parte del nostro cervello e che ci fa pensare talvolta senza accorgercene “Mors tua vita mea”. Quindi, come dobbiamo cercare anche nel lockdown di dare movimento al nostro corpo, lo stesso dovremmo fare con i nostri comportamenti sociali allenandoli continuamente anche con incontri virtuali, siamo pieni di webinar e utilizzo di Zoom che certamente ci meccanizza ma comunque rappresenta una porta per tenere aperta la nostra mente e sopratutto impedisce di chiuderci nella nostra solitudine.
Il rischio di farci dominare dall’istinto egoistico di base che abbiamo come tutti gli esseri viventi del pianeta fa ripensare anche allo sviluppo dell’economia capitalistica di mercato che nasce proprio dall’istinto egoistico ed individualistico del far prevalere il proprio interesse rispetto ad altri, dello sfruttamento dell’ignoranza o debolezza di altri a nostro vantaggio Il mercato si basa su dissimmetrie informative (io so e tu non sai) che permettono a qualcuno di fare affari e margini indebiti di profitto.
Il marxismo e le sue applicazioni politiche come il socialismo/comunismo nascono come reazione al capitalismo oppressivo con la conseguenza di peggiorare le condizioni, come nel caso della rivoluzione bolscevica. Oppure la rivoluzione francese con gli obiettivi di Libertà, fraternità ed eguaglianza nasce come reazione ad un regime monarchico basato sulla diseguaglianze, la privazione della libertà ed i privilegi della nobiltà. Le politiche populiste si diffondono come ribellione di fronte a strutture autoritarie alla ricerca di eguaglianza e partecipazione, peraltro spesso degenerando in sovranismi chiusi e autoritari. La strada più diretta è certamente il modello democratico anche se spesso il più difficile per carente coordinamento, interessi di parte e conflitti tra centralismo di governo e poteri locali.
Recentemente il filosofo Floridi ha provato a contrapporre all’individualismo prevalente nell’economia e nella società la ricerca di una socialità dell’agire comune, dell’operare assieme, di costruire collaborazione tra cittadini e politica, una utopia concreta e positiva in grado di affrontare le distopie delle chiusure e paure nella società e nelle relazioni reciproche che caratterizzano il nostro tempo. Con effetti sulle strutture economiche e sociali, ma principalmente con l’indebolimento della leva politica. Floridi pensa che occorra mettere in atto un grande sforzo collettivo, una rottura, come avvenuto con la fine di Trump, determinata dall’azione di gran parte dell’elettorato USA.
In realtà una strada è già stata sperimentata, è quella aperta da Adriano Olivetti. La sua Comunità concreta di persone libere andava in questa direzione ed è una strada che può essere ancora percorsa. Non con le grandi riforme annunciate ma non realizzate, ma invece bottom up, dal basso, dalla volontà collettiva, dalla consapevolezza dei cittadini, dalla attenzione e rispetto di ciascuno verso gli altri, dalla tutela del bene comune, fino alla attuazione concreta e continua del senso di fraternità, come sollecitato da Papa Francesco nella enciclica Fratelli tutti. Vi sono in Italia molti esempi vissuti nei comportamenti di singoli cittadini, imprenditori, enti di volontariato, operatori sanitari durante questa pandemia.
Questa comune e diffusa consapevolezza della necessità di cambiamento, di far prevalere i valori del nostro motore più vitale rispetto all’istinto egoistico può crescere attraverso lo sviluppo di una cultura condivisa a tutti i livelli della società e promossa dalla diffusione di conoscenza, di formazione ed apprendimento permanente, costruendo così assieme una vera learning society ed innovando il lavoro in forma di maggiore partecipazione e di trasformazione delle strutture organizzative centrate sulle persone e sul rapporto interattivo con la realtà sociale. Dal ripensare il lavoro e le nuove organizzazioni può nascere il cambiamento anche nelle istituzioni e nella politica.