Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Henri Rousseau (Laval, F, 1844 - Paris, 1910) – Les Joueurs de Football - 1908

 

Il mondo tondo, palle e zucche vuote

di Davide Torrielli

 

Già ai tempi che furono, lo sport rivestiva un ruolo sociale di miglioramento delle persone, del loro comportarsi che passava attraverso la cura e cultura del proprio corpo, misurandosi con altri nell’intento di competere, trovare i propri ed altrui limiti nella consapevolezza che il confronto giova e fa maturare. Tali attività positive da sempre hanno inoltre stimolato in tutti gli sports il senso del rispetto per i concorrenti e per l’immagine che se ne disegna.

Questo fu sin dalla Grecia in poi e non solo.

Tra le tante specialità che si son venute a formare ne nacque una che prevedeva dei contendenti da ambo le parti che si sfidavano prendendo letteralmente a calci un pallone fatto di stracci ben compattati, nasceva la versione antidiluviana dell’odierno calcio.

La palla o pallone era pieno, come il contenuto delle teste di chi lo giocava i quali sin dall’inizio applicavano le stesse regole sportive naturalmente evolute e usate in tutte le discipline.

Negli anni, poi, questa attività è invece andata deviando dal rispetto reciproco del judo, della micidiale preparazione psicologica ed atletica dei maratoneti, del bellissimo momento di condivisione post partite del rugby, dell’ostinazione incredibile dei nuotatori, dello sforzo dei ciclisti e chi più ne ha più ne metta.

Il calcio, si è invece distinto, per altre nobili caratteristiche che oggi ne dipingono  quello che si vede.

Stadi colmi di gente urlante insulti pesanti quasi sempre gratuiti in un ambiente militarizzato ed intriso di delinquenti assiepati ed ansiosi di generare e partecipare a scontri di varia natura.

Suppellettili divelte, arredi distrutti, forze dell’ordine insultate ed assaltate da facinorosi che investono il proprio tempo e denaro in ore della domenica trascorse a guardare ed invidiare idoli di soap-operas, stramiliardari, strapagati e straignoranti.

La palla si è svuotata come le teste di quelli che giocano quello che sport non è più da tempo e che fa moda: insegnamenti negativi per le nuove generazioni che osservano sfilare veline retate e tacchettate, un po mignotte al fianco di omaccioni dorati e crestuti, chiusi e sgommanti nelle loro Ferrari colorate con Rolex pendenti dal finestrino.

Vero amore di certo.

Sono begli esempi, anziché inneggiare alla cultura dello sport, quello vero, che non trova posto nelle tv, nelle radio, o dove: sempre e solo questo calcio usato come ansiolitico, antidolorifico, una benzodiazepina moderna, somministrata via etere.

E che dire dei ragazzini che guardano questi esempi?

Loro sognano, poco studio, niente fatica, tanta f…, tanti soldi e strafottenza.

E quindi, nelle loro testoline pronte a crescere, dedicano tempo prezioso a frequentare campetti sdruciti di periferia, pieni di pozze d’acqua, per sottoporsi agli attenti occhi di risibili Misters, quasi sempre panzettoni 50 o 60enni, ex scarsi giocatori della domenica pomeriggio, che da sotto l’occhiale marocchinato a specchio, dispensano schemi di gioco innovativi promettendo sogni, gloria e carriere.

I trippettoni misters de casa nostra, poi, obbligano in forza del promettente futuro, familiari sognanti a partecipare ad estenuanti sessioni di schiacciamento delle natiche su durissimi panconi a bordo campo ed alla rinuncia della montagna, del mare, di bellissime camminate e sciate.

Un costante ed incessante martellamento degli zebedei di tutta la famiglia per partecipare a partite senza tempo e senza speranza. Il mister nostrano è stratega, presidente dell’associazione, dietologo, procuratore, organizzatore, gestore, allenatore, insomma la nostra stella.

Lui è come un Dio, vede e provvede: ma a chi danno gli italiani i propri figli?

Ci rendiamo conto? Personalmente ho lavorato duro in famiglia per dare al calcio da sempre l’immagine che merita ottenendo il giusto risultato di totale indifferenza o addirittura, fortunatamente, insofferenza verso questa attività e per chi la pratica.

Troppo denaro, niente sport e tamarraggine a quintali vanno tenute a distanza da giovani già provati da esempi disgustosi: ci vuole aria pura, fresca e cultura, tempo libero dedicato ad attività, sport e musica, puliti!

Ma perché io cittadino non posso godere della difesa di forze dell’ordine impegnate a dividere gentaglia che se le vuole dare di santa ragione per un fuorigioco?

Ma proprio per niente!

E quindi, ecco la prima proposta: stadi senza transenne, senza ringhiere, senza presidio e senza polizia.

Senza niente, chi va deve sapere che va a suo rischio così come se entrasse in un quartiere degradato.

Eventuali trasporti agli ospedali e cure mediche a pagamento.

Niente costi di ripristino, se spaccate, le cose stanno così, non si ripara salvo la manutenzione ordinaria e pulizia.

Tetto massimo dello stipendio ai tiracalci, 2.000 euro netti mese per 13 mensilità.

Un bel reddito per chi nella migliore delle ipotesi ha fatto le medie.

Basta!

Alla fine perché devo pagare di più chi non fa altro che correre dietro ad un pallone vuoto con la sua zucca, anch’essa, vuota?

E poi, amici giornalisti, basta identificare lo “sport” con il calcio, non è così.

Vogliamo altro. Parlate di sport più nobili mal pagati e faticosi, fatti di gente intelligente che da tempo ha posato la clava e si muove su due gambe.

Prendiamo i commenti post partita dei giocatori ed ascoltiamoli a scuola, professori fatelo!

Insegnate di come non si deve diventare!

Riempite le zucche e insegnate cosa significa crescere e diventare veri uomini e donne e non quelli di Maria De Filippi del pomeriggio sui troni: quelli sì che sono gente dello stadio.

O le le, o la la .

Chi non salta zucca vuota è, è!

Inserito il:09/06/2017 22:38:45
Ultimo aggiornamento:09/06/2017 22:46:20
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