Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1663) - Susanna e i vecchioni

 

Unbelievable

di Iman Zahra Favretto

 

“Non c'è tirannia peggiore di quella esercitata all'ombra della legge e sotto il calore della giustizia.”

(Montesquieu)

 

Mi chiamo Z., ho 22 anni e sono colpevole di essere una ragazza e una donna in un mondo che mi vuole ma non mi rispetta, in una società che finge di aiutarmi per una giustizia che assolve i criminali e abbandona le vittime, siano esse donne o minoranze di altri generi.

Mi chiamo Z., sono stata nell’ombra e nel silenzio per 22 anni ma ho deciso di raccontare parte della mia vita. Farò uscire la mia rabbia sotto forma di testi, poesie, parole.

Voglio mostravi il lato terribile che si cela dietro una denuncia per abusi o violenze. Vi mostrerò come da vittima sono passata a calunniatrice poiché questo sono ora e qualora mi venisse fatto nuovamente del male, nessuno mi crederebbe più senza prove schiacciati come video, DNA, foto o testimoni attendibili e affidabili.

Richiedo la vostra piena attenzione e partecipazione perché i particolari sono importanti in questa storia e farete voi da giuria, sarete voi i giudici al termine della serie di eventi che inizierò a pubblicare per srotolare la verità che hanno voluto mettere a tacere con queste parole “ASSOLTO PERCHE IL FATTO NON SUSSISTE”.

Ma come, il P.M. (Pubblico Ministero) interrogando i testimoni aveva detto che ciò che dicevo era la verità! anche lei era risalita alla verità dei fatti senza nemmeno farsi influenzare dalle mie parole, allora perché questo tipo di assoluzione?

Questa è un’assoluzione completa, si dice che ciò che ho raccontato non viene riconosciuto come vero e di conseguenza non è proprio accaduto, non si è verificato, non è reale…

Mi chiamo Z., ho 22 anni e tra i 16 e 17 anni ho subito abusi da un umo di oltre 50 anni ma per la giustizia io ho calunniato un uomo rispettabile, sposato, con una dolce figlia, un ottimo lavoro e una carriera impeccabile. Mi sarei inventata tutto perché non sana mentalmente, perché volevo fare un dispetto a mio padre e perché volevo attirare l’attenzione.

Mi chiamo Z., ho 22 anni e sono quasi 5 anni che entro ed esco dal tribunale da sola, minorenne, avvalendomi di un avvocato con il gratuito patrocinio.

Sì è vero, posso non sembrare credibile perché non ho denunciato io l’accaduto, perché una volta in questura ho voluto fare di tutto per non creare problemi in famiglia, forse non sono risultata credibile perché a 18 anni in un’aula di tribunale tremavo mentre raccontavo, avevo vuoti di memoria e non riuscivo a collocare gli eventi nel tempo. Chissà se dopo avervi raccontato tutto anche a voi risulterò “Unbelievable”.

Avete mai visto quella serie? Io sì qualche mese fa, prima delle fine del processo avvenuto la settimana scorsa, prima del 25 novembre il famoso giorno per la violenza sulle donne. Si, avete letto bene non contro la violenza ma sulla violenza questo è per me quella giornata e comunque dicevo ho visto questa serie e mi si è aperto un mondo, mi sono detta:

‘ Allora non sono pazza, allora è normale avere dei vuoti di memoria quando vivi una situazione simile, allora anche lei non è stata mai creduta è stata allontanata per il suo comportamento rabbioso e io ho sofferto della stessa depressione, gli stessi scatti di ira che mi hanno inimicato tutti finché ho chiuso i contatti con il mondo ’.

Lei ce l'ha fatta grazie a delle foto, io avevo i messaggi sul telefono di quell'uomo, messaggi privati chissà se un giorno ritrovandoli potrò pubblicare parte della verità che mi è stata negata ma fino a quel giorno, le foto che non ho le descriverò, poiché anche leggendo si può vedere ciò che una persona ha vissuto.

MI chiamo Z. e vi farò entrare nell’incubo che ho vissuto. Ora a 22 anni, perso il processo che mi vedeva coinvolta, persa la mia infanzia, persa la fiducia nell' uomo inteso come maschio della specie umana, persa la fiducia nella giustizia italiana e nello stato e nelle istituzioni e nelle persone, persa la mia innocenza e il mio futuro come lo avevo immaginato, ora che ho perso molto anche se non tutto… non ho più paura, potranno non riconoscere come vero il mio vissuto ma io so cosa è accaduto e nessuno potrà mai più zittirmi.

Mi chiamo Z., ho 22 anni mi hanno portato via la credibilità… ma hanno creato un mostro che smaschererà l’ingiustizia che ha subito.

“Perché la stupenda frase «la giustizia è uguale per tutti» è scritta alle spalle e non davanti ai magistrati?” (Giulio Andreotti)

 

Perché ‘Susanna e i vecchioni di Artemisia Gentileschi’

“L’Antico Testamento racconta di Susanna, una giovane e bella donna intenta a fare il bagno nei giardini della sua casa. Due anziani amici del marito la notano e la avvicinano con fare malizioso. Non si tratta di due vecchi qualunque: sono giudici della comunità ebraica di Babilonia e amici del marito della giovane. I due vogliono Susanna, ma la donna si ritrae disgustata. Così la coppia la minaccia di raccontare alla comunità di averla sorpresa con un giovane amante se non cede alla loro lascivia, ma nemmeno questo funziona.

Susanna come promesso dai due vecchi viene trascinata in tribunale con la grave accusa di adulterio e condannata alla lapidazione. Prima che la sentenza venga eseguita però si fa avanti il profeta Daniele, che interroga ferocemente i due vecchi giudici svelando al popolo di Israele la verità e salvando la giovane.

Artemisia Gentileschi affronta l’episodio biblico di Susanna e i vecchioni per la prima volta nel 1610 a soli 17 anni, ma tornerà a dipingere la vicenda dell’eroina biblica in altre due tele, nel 1622 e nel 1649. È il suo primo lavoro che però si impone con forza stilistica e compositiva, mostrando tutto il dramma della giovane sola con i due anziani molestatori.

La coppia di vecchi sporge da una balaustra e si impone pesantemente sul corpo nudo di Susanna, illuminato dai forti chiaroscuri tipici del caravaggismo. Il volto della donna è deformato dalla paura e dal disgusto, mentre con le mani cerca di allontanare i due uomini. La scena è priva di elementi naturali, concentrando la composizione in un’inquadratura strettissima sul gruppo, dando ancora più l’idea di una situazione claustrofobica e senza scampo.

Molti hanno voluto vedere nel dipinto e nel tema un riferimento a un fatto tragico della vita di Artemisia Gentileschi: lo stupro da parte del pittore Agostino Tassi nel 1611, ritratto come l’uomo a sinistra, troppo giovane per essere definito “vecchione”. Dopo un lungo processo (caso piuttosto raro nella Roma del Seicento, dove la violenza spesso si risolveva con un accordo in denaro o il matrimonio), Agostino fu condannato all’esilio per violenza, calunnia nei confronti di Orazio Gentileschi e tentata corruzione dei testimoni. La condanna, fatto più unico che raro in casi del genere, venne favorita dall’enorme forza d’animo di Artemisia, che lasciatasi alle spalle la vicenda divenne una delle pittrici più celebri e richieste del suo tempo.” (Beatrice Curti)

 

Inserito il:01/12/2022 16:08:07
Ultimo aggiornamento:16/12/2022 18:51:18
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