Cristina Villanobos (from Beaumont, California - United States) - United for LGBT
Sarah Hegazy, attivista Lgbt suicida dopo il carcere al Cairo
di Vincenzo Rampolla
Sfuggita all’estero, ripudiato l’Egitto, non ce l’ha fatta.
Lesbica dichiarata, Sara aveva pagato in galera l'aver sventolato la bandiera arcobaleno per i diritti delle comunità Lgbt durante un concerto al Cairo.
Unica donna messa ai ferri insieme a altre 59 persone.
Ai miei fratelli, alle mie sorelle e agli amici.
Ce l’ho messa tutta per sopravvivere,
ma non reggo più, non riesco più ad andare avanti, il dolore è troppo pesante.
A te mondo, sei stato molto ingiusto con me, ma perdono te e tutti.
Poche righe sul foglio di un blocco. La firma.
Così ha deciso Sarah Hegazy, egiziana di 28 anni.
La parola conclusiva sugli ultimi durissimi due anni e mezzo di vita, dalla cella nell’angusta torre di Tora, fino a sabato scorso 13 giugno, quando ha deciso di farla finita nella sua casa a Toronto, dove era stata costretta a emigrare. Era fine settembre 2017, l’arresto a inizio ottobre e quattro mesi in prigione, l’emarginazione, la perfidia delle compagne aizzate dalle guardie, le torture selvagge con gli elettrodi, le violenze al corpo, gli infiniti interrogatori, insulsi, identici, assurdi, sufficienti a trasfigurarla e corroderle l’anima.
Non si è più ripresa da quell’episodio - dice Amr Mohamed, suo avvocato -. Non immaginavo di non rivederla più quando quella sera di inizio 2018 l’ho accompagnata all’aeroporto del Cairo. Le cause della sua morte sono lo Stato, la comunità e i media egiziani secondo cui non c’è spazio per chi difende la libertà e gli orientamenti sessuali.
Nel suo messaggio Sarah ha chiesto scusa alla famiglia, agli amici e perdonato tutti, compreso chi l’ha voluta in tutti modi discriminare - dice la compagna Malak - Lei perdona, io no. Lei era una grande combattente, tra le poche a darmi il suo aiuto quando ne avevo bisogno a causa del mio essere “diversa” dagli schemi sociali del Paese. La sua carcerazione è stata decisiva, quando è uscita non era più la stessa. In cella è stata vittima di soprusi e i media l’hanno fatta a pezzi per il suo essere apertamente lesbica. La situazione per i membri della comunità Lgbt in Egitto è spaventosa, tra violenze verbali e fisiche. Ecco cosa producono le campagne d’odio contro di noi. È un giorno difficile per me, lei resterà sempre nel mio cuore, non la dimenticherò mai”.
Tutto per una bandiera sventolata la sera del 23 settembre 2017 durante un concerto dei Mashrou’ Leila, popolarissimo gruppo libanese il cui cantante è dichiaratamente gay. Sarah è in compagnia di un gruppo di amici, tra cui Ahmed Alaa, e altri membri della comunità Lgbt egiziana. Sventolare e mostrare quella bandiera arcobaleno è stato un gesto raro e grave per l’Egitto, ma se non fosse stato per una tv locale che su quell’episodio ci ha costruito un caso, nessuno forse gli avrebbe dato peso. Mostrare un orientamento sessuale diverso è una colpa che può costare caro nel Paese guidato dal presidente Abdel Fattah al-Sisi. Il 6 ottobre è scattata la retata, decine di persone arrestate, tra cui Sarah Hegazy e Ahmed Alaa, finiti in carcere e poi entrambi fuggiti dal Paese. Tra le imputazioni nei suoi confronti anche quella di promozione della devianza e della dissolutezza sessuale, oltre ad essere parte di un gruppo volto a danneggiare la pace sociale. Termini che rimandano ad oscuri periodi storici, a pratiche medievali che parevano dimenticate nel tempo e invece così crudelmente attuali. Già segnata nello spirito disse alla scarcerazione a gennaio 2018: È stato il periodo più brutto della mia vita, la prigione mi ha annientata, mi ha uccisa. Oltre alla prigione, Sarah è stata sottoposta a un’ulteriore discriminazione a causa delle sue opinioni politiche progressiste e di sinistra e per la sua identità di genere. Chiunque sia diverso - ha raccontato - chiunque non sia un musulmano sunnita eterosessuale, maschio che sostiene il regime al potere, è considerato perseguibile, impuro o morto. La società ha applaudito il regime quando sono stata arrestata con Ahmed Alaa, un amico che come me ha perso tutto per aver sventolato la bandiera arcobaleno. I Fratelli Musulmani, i salafiti e gli estremisti alla fine si sono detti d’accordo con il potere dominante: hanno assunto una medesima posizione nei nostri riguardi. Hanno convenuto sulla violenza, sull’odio, sul pregiudizio e sulla persecuzione. Forse, sono le due facce di una stessa medaglia. Il caso non si era però chiuso, con il rischio di tornare in carcere, senza contare le minacce ricevute per i suoi gusti sessuali, considerati osceni. Da qui la decisione di lasciare il Paese. A quel punto, ho dovuto lasciare il Paese per paura di essere arrestata di nuovo.- ha confidato -. In esilio, ho perso mia madre. In seguito, ho dovuto sottopormi a un’altra serie di cure terapeutiche anticonvulsivanti, a Toronto, e ho tentato il suicidio due volte. Quando aprivo bocca balbettavo, in preda al terrore. Non riuscivo a uscire dalla mia camera. Molto rapidamente ho perso la memoria. Ho evitato di parlare della mia prigionia, mi sono tenuta lontana da ogni tipo di affollamento, ho cercato di non comparire nei media, perché temevo di perdere facilmente la concentrazione e di sentirmi perduta, sopraffatta dal bisogno di silenzio. Non è più tornata in Egitto, lo avrebbe fatto solo quando sarebbe cambiato tutto – aggiunge Karim Abdelrady, avvocato egiziano, attivista e amico di Sarah -. Le cose per lei sono peggiorate quando, l’anno scorso, sua madre è morta e lei non era al Cairo per starle accanto.
Amr Mohamed è anche l’avvocato di Malak el-Kashif, la 19nne transgender egiziana, amica di Sarah e rinchiusa nello stesso carcere. Durante la detenzione nella famigerata prigione di Tora al Cairo, la stessa dove è stato detenuto l’ex presidente Mubarak, tra marzo e luglio 2019, Malak ha subito ogni sorta di violenza da parte delle guardie, un’esperienza da incubo come per Sara: Perquisizioni anali, abusi sessuali e per mesi clausura in una cella solitaria senza la possibilità di vedere nessuno, di ricevere visite. La sua denuncia ha avuto un seguito quando è stata rilasciata e ha affidato la sua storia all’avvocato Amr Mohamed e alla Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF). Arrestata il 6 marzo 2019 era anche accusata di terrorismo per aver pubblicato dei post sui social in cui attaccava il Governo per la strage alla stazione centrale Ramses del Cairo di pochi giorni prima, il 27 febbraio. Con i miei post volevo rendere le persone consapevoli delle tragedie e dell’assurdità di certi episodi. Il vero terrorismo lo applica lo Stato arrestando persone innocenti solo perché difendono i diritti umani in questo Paese. Attivisti politici rinchiusi per mesi, anni, lasciati morire in carcere, gay e transgender discriminati perché la società non li accetta. La sua vicenda è stata oggetto di campagne di protesta in molti Paesi, tra cui l’Italia con parlamentari che volevano un intervento della Farnesina sul caso e la condizione delle persone Lgbt in Egitto.
Sarah è stata anche militante politica in Egitto tra le fondatrici del Partito della Libertà, movimento legato all’attivismo per la salvaguardia dei diritti umani. Sarah ha partecipato a diverse campagne in solidarietà con i prigionieri di coscienza, in particolare scrittori e artisti che sono stati oppressi a causa delle loro opinioni – affermano i colleghi di partito -. Credeva nel diritto di tutti di vivere in dignità e libertà senza sfruttamento di classe o discriminazione basata sul genere o sull’identità sessuale. Spiegava le sue opinioni con coraggio unico, per le sue idee politiche e per l’Identità di genere era sorvegliata durante le indagini e la prigione.
È una giornata triste per tutti noi nel mondo, hanno detto dalla comunità internazionale Lgbt.
Lascia un messaggio anche nella sua ultima foto pubblicata sui social, distesa su un prato inondata dal sole: Il cielo è più bello della terra! E io voglio il cielo, non la terra.
(consultazione: affari internazionali; pf.curzi il fatto quotidiano - mondo; ahmed aboulenein, reuters; estratti pubblicati in arabo sul giornale egiziano mada masr a settembre 2018 e ripubblicato il 15 giugno alla morte)