Vik Muniz (San Paolo, Brasile, 1961) - Pictures of Junk: Narcissus, after Caravaggio - 2005
Fatece largo che passamo noi
di Simonetta Greganti Law
Trasformare un quadro d’autore in parole…
Ma che ce frega, ma che ce ‘mporta, siamo talmente abituati ad essere circondati dall’immondizia che quasi quasi non ci disturba più e, incuranti di questa realtà, ci facciamo largo tra i bidoni e i cassonetti straripanti di vergogna.
Continuiamo a sgomitare tra lattine vuote, cocci di terracotta, vetri rotti e un’olfa di rumenta, come se tutto questo facesse parte di un habitat ormai mutato dove, per eliminare il pericolo di essere portati all’estinzione, andiamo avanti a vivere, svilupparci e riprodurci.
Siamo come i gabbiani che da fieri uccelli marini hanno trovato la capacità di adattarsi a vivere nelle discariche dimenticando i tempi in mare aperto o gli arroccamenti su scogli e falesie.
Come questi uccelli abbiamo snaturato le nostre abitudini di vita a contatto di una natura incontaminata e oggi conviviamo con loro, dimentichi della felicità del passato.
Il Cupolone, proprio come il Narciso del Caravaggio, continua a riflettersi nelle acque del biondo Tevere che è sempre meno color oro ma ugualmente scintillante, sebbene di metalli non più così nobili. Anzi, per ironia della sorte, proprio a questo fiume, come sosteneva Servio, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., venne attribuito il nome arcaico di “Rumen” da cui poi deriverebbe il nome di Roma e che, non a caso, sembra essere la radice di rumenta. Una triste profezia?
Le bellezze di Roma continuano comunque a fare capolino tra i sacchi d’immondizia abbandonati vicino ai monumenti o ai palazzi d’epoca e i turisti le immortalano in fotografie che porteranno il nostro imbarazzo nel mondo.
Roma, ex regno delle belle arti è ora il regno della spazzatura, una “Waste Land” straordinaria che pure se fagocitata dai rifiuti è sempre capace di togliere il fiato non per gli olezzi della lordura ma per le sue meraviglie anche se sommerse in tanto sudiciume.