Aggiornato al 26/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

 

A Vanvera (30)

di Massimo Biondi

 

Una licenza è per sempre

Chiunque avvii un'attività fa un investimento iniziale e cerca di calcolare in quanto tempo lo potrà recuperare. E procede con l’ammortamento. I tassisti no. D’altra parte a loro piace definirsi imprenditori ma la loro non è tecnicamente un’impresa. Per loro la licenza non è un cespite da ammortizzare in qualche anno ma una polizza sul futuro, eterna, intoccabile, ingualcibile: è a tempo indeterminato, normalmente il suo valore cresce nel tempo e il possessore la può rivendere a chiunque, basta che sia un incensurato con adeguata patente di guida. Il Comune licenziante – e come tale titolare del diritto di concessione – non ha voce in capitolo. 

Per tutelare il valore delle licenze, infatti, basta che si parli di un rischio anche minimo di apertura alla concorrenza (il Comune intende rilasciare nuove licenze o consentire l’operatività ai licenziatari dei comuni confinanti, oppure, come ora, si presentano operatori non appartenenti alla casta) i nostri si ribellano, bloccano servizio e città, organizzano casini bestiali, generando talvolta tafferugli e, naturalmente, disagi quanti più riescono. Questo da decenni.

Ora che in tanti settori stiamo fronteggiando l’evoluzione portata dagli smartphone e dalle “app” credo che sia necessario rivedere le regole.

Ci sarebbe in Italia anche un’Autorità per i Trasporti, ma in questi giorni non se ne è parlato. Male, perché l’Autorità, tra l’altro, un suo piano teorico per uscire dalle secche lo ha anche prodotto, nel 2015. Lettera morta.

Non sarebbe male che il ministro Delrio almeno una telefonata la facesse. O per chiedere collaborazione o per proporre l’abolizione dell’Autorità.

 

App economy

Che riguardi i tassisti o altri la app economy è inarrestabile, sta penetrando nella società e sta sconvolgendo modelli di business consolidati.

App Economy è il titolo di un libro di Matteo Sarzana del 2016. Eccede un po’ in entusiasmo, magari, ma è utile per squarciare veli.

Le app sono migliaia e ogni giorno ne appaiono di nuove. Trasporto e turismo sono due tra i settori più ricchi di scelte. Basta uno smartphone e servizi finora resi attraverso intermediari diventano self service: il cliente fa da sé e il servizio è più completo, più personalizzabile, meno costoso. Nelle intenzioni, almeno (per me un umano preparato è ancora preferibile, ma per gli erogatori no. E dei posti di lavoro che scompaiono meglio discutere in altra sede).

Purtroppo temo che tra chi siederà attorno ai famigerati tavoli di discussione per trovare soluzioni alle istanze dei tassisti pochi abbiano analizzato il fenomeno e le sue implicazioni attuali e prossime.

 

App economy alla pugliese

FlixBus è una specie di UBER che opera nel trasporto extraurbano su strada. È in sostanza una app: i pullman e gli autisti sono quelli delle società che fanno magari da molti anni il lavoro di trasportare persone; per quelle società FlixBus fa marketing, trova clienti, fa i prezzi (Milano – Parigi a partire da 9 euro!). Ha la app! È già operativa in Italia e i clienti al 97% si dichiarano soddisfatti.

Però è successo che quattro deputati pugliesi abbiano infilato nel decreto milleproroghe (pratica orrenda) un emendamento sostanzialmente anti FlixBus inteso, palesemente, a favorire un’impresa appartenente ad una famiglia della loro regione assai attiva, diciamo così. L’emendamento è passato, forse beneficiando di qualche distrazione, tanto che il governo ha dovuto poi prendere l’impegno a rimediare alla vaccata.

Per gli interessati i quattro si chiamano Bruni, D’Ambrosio-Lettieri, Perrone e Tarquinio, appartengono al gruppo Conservatori e Riformisti (scissione da Forza Italia, nel loro piccolo) che fa capo al pugliese Raffaele Fitto.

No comment. Aspettiamoci la costituzione del gruppo Alti e Bassi, o Sobri e Ubriachi.

 

Tornano i terroni

Qui al Nord tira un’aria grama, tra la gente: si cercano colpevoli. E fra le categorie più citate, naturalmente dopo i politici e gli immigrati, tornano in auge i meridionali.

Circola molto la considerazione che il laborioso Nord deve farsi carico di una specie di Grecia interna da mantenere, devastata da cattiva amministrazione, criminalità, sfruttamento dello Stato, anche diffusa pigrizia della popolazione (quando si vuole colpevolizzare non si va tanto per il sottile).

Vengono citati gli ormai mitici 22mila, o 25mila o 28mila forestali stipendiati dalla regione Sicilia, nella quale mancherebbero tra l’altro all’appello una cinquantina di miliardi di imposte, secondo la recente valutazione del responsabile dell’esazione.

Poi si continua citando dati, alcuni buttati là senza senso e senza fondamento ma altri precisi, adatti a dipingere una realtà che appare peggiore al Sud che al Nord: i dipendenti pubblici, in particolare regionali, molto più numerosi di quelli di corrispondenti regioni del Nord; i pensionati per invalidità; i non invalidi ma comunque esonerati con certificato medico dal fornire le prestazioni per le quali sono stati assunti, tipo stare all’aperto per un vigile urbano, guidare per un autista, chinarsi per un giardiniere; i beneficiari della legge 104, molto più numerosi di quelli del Nord, con punte statisticamente grottesche.

Per quelli che citano questi dati, i tanti disoccupati del Sud (“dove non funziona niente”) si dividono in tre categorie: quelli attivi nella malavita, quelli non professionalmente malavitosi ma pagati in nero e i lazzaroni.

Va così proprio ora che la Lega Nord sembra avere accantonato la prospettiva della secessione e che il PIL è cresciuto più al Sud che nel Centro-Nord.

 

Tutto gratis

Dopo le accese polemiche non ci sono aggiornamenti sull’ipotesi di far pagare ai turisti l’ingresso al Pantheon di Roma.

Il pagamento è già richiesto per l’accesso a numerosi monumenti e chiese, all’estero e in Italia: uscieri, pulitori, guide, manutentori si pagano anche così, un po' a carico della fiscalità generale e un po' di chi quei siti li visita.

Da noi però, per il Pantheon come per Venezia, sempre polemiche. Il tentativo del “pubblico” di procurarsi mezzi per fornire servizi generali o specifici è sempre pregiudizialmente osteggiato. Siamo prontissimi a pretendere dalle istituzioni, ma quando si tratta di contribuire subentrano i soliti cori: mascalzoni, lo Stato costa troppo, lo sperpero, l’incapacità, la corruzione, “loro” però di sacrifici non ne fanno, i soldi li prendano dai ricchi, eccetera.

Nel caso dell’arte si aggiungono gli estremisti de “la cultura (o l’arte) è gratis”. Ma chi lo dice?

Meglio far pagare i turisti che ridurre la manutenzione dei siti artistici e storici. E meglio prendere qualche soldo dai turisti che ridurre il welfare. O no?

 

Quote rosa

Al CONI e nelle Federazioni sportive la presenza femminile è minima. Però le quote di genere vanno rispettate, gradualmente. Perciò ecco una donna che corre da sola come consigliere. La Federazione per la quale è candidata però non è atletica, nuoto, basket, ginnastica, scherma, pallavolo, sci, insomma una delle discipline che hanno larga e qualificata presenza femminile. Nemmeno tennis, purtroppo, anche se le tenniste italiane ottengono da un bel pezzo risultati che i colleghi maschi si sognano. No: la federazione della quale la signora Maria Moroni diventerà consigliere è la FPI, Federazione Pugilistica. Della quale lei è l’unica donna tesserata, leggo.

Niente di male, certo. Piuttosto che niente meglio piuttosto, si dice, però sono perplesso, anche perché il pugilato non mi piace, ma quello femminile proprio mi disturba.   

 

Rosa anch’io

Quello delle primarie è un istituto democraticamente apprezzabile, però richiede regole che lo qualifichino. Già le precedenti primarie del PD sono state utili ad outsider per mettersi in mostra e poi proseguire sullo slancio mediatico la carriera politica, più o meno di successo. Nel 2007 Mario Adinolfi, blogger voluminoso, raggiunse lo 0,7% dei voti, probabilmente il minimo storico, roba da espulsione. Nel 2009 e nel 2013 si misero in luce, mediatica, rispettivamente Ignazio Marino, in seguito non fortunato sindaco di Roma, e Beppe Civati, lombardo di gentile aspetto ma di modesti trascorsi politici. E anche il futuro, per i due, appare incerto.

Ora, 2017, si candida la signora Salerno, la cui motivazione principale sembra quella di essere donna (Carlotta il nome). Quote rosa anche qui. Può darsi che non venga ammessa in quanto non iscritta al partito, che non parrebbe un dettaglio irrilevante, come nel caso di illustri precedenti, da Marco Pannella a Beppe Grillo (che però in occasione della candidatura si iscrisse).

Rimane a mio avviso la considerazione che l’istituto delle primarie meriti una maggior attenzione almeno ai requisiti, tanto dei votanti che dei candidati. 

 

Una piadina con cachi e nutella

“Mi piacciono gli ananas ma non sulla pizza. Se potessi li vieterei”, ha affermato il presidente islandese Guðni Jóhannesson, guadagnandosi una popolarità internazionale che finora non lo aveva mai sfiorato. E guadagnandosi, anche se non lo saprà mai, il mio convinto applauso.

Non so come siano le pizze che mangia il signor Jóhannesson, non sono mai stato in Islanda (e comunque non credo che avrei mangiato pizza), ma personalmente sono sempre meno attratto dalle sperimentazioni in cucina.

La gastronomia, diciamo così, esagerando, spopola nei media e crea personaggi alquanto improbabili, come il popolare chef che ci fa sapere con sussiego che a casa sua lo chiamano “solo” per nome. Modestia a parte.

Tramontata con un certo sollievo la nouvelle cuisine, che ci ha lasciato soprattutto piatti variopinti e semivuoti, ma meticolosamente dettagliati nei menu, si continua comunque ad inseguire l’innovazione, che consiste spesso nel mettere insieme ingredienti molto più godibili separatamente che mischiati.

Lo scopo pare sia stupire, differenziarsi. Si fa sperimentazione, a caro prezzo. Anche i piatti della tradizione sono “rivisitati”, solitamente peggiorandoli.

Oltre quella del signor Jóhannesson mi piace ricordare un’affermazione di James Joyce: “Dio ci ha dato buon cibo. Poi purtroppo il diavolo ci ha mandato i cuochi”.

Inserito il:26/02/2017 09:33:27
Ultimo aggiornamento:26/02/2017 09:40:08
Condividi su
ARCHIVIO ARTICOLI
nel futuro, archivio
Torna alla home
nel futuro, web magazine di informazione e cultura
Ho letto e accetto le condizioni sulla privacy *
(*obbligatorio)


Questo sito non ti chiede di esprimere il consenso dei cookie perché usiamo solo cookie tecnici e servizi di Google a scopo statistico

Cookie policy | Privacy policy

Associazione Culturale Nel Futuro – Corso Brianza 10/B – 22066 Mariano Comense CO – C.F. 90037120137

yost.technology | 04451716445