Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Filippo Lo Iacono (Palermo, 1960 -    ) - Ballarò Colors

 

Il futuro è già iniziato: a Palermo

di Mario Moncada di Monforte

 

Nel generale degrado morale ed economico, Palermo si distingue per la gravità dei suoi problemi cittadini, anche igienici, che sono sempre più esasperati.

Eppure, in questa città, per coglierne la prospettiva, è interessante una preliminare attenzione su quel particolare patrimonio di monumenti cittadini frutto della collaborazione fra le numerose etnie che, lavorando pacificamente assieme, hanno realizzato nel Medio Evo opere eccezionali, uniche al mondo.

Per coglierne l’origine e il senso occorre andare indietro nel tempo.

Nella sua Storia della Sicilia medievale, lo storico inglese Denis Mack Smith ha scritto che chi visitava Palermo normanna, già capitale araba, era stupito dal trovarvi una popolazione con numerosi gruppi etnici diversi che vivevano in armonia, governati dall’efficienza amministrativa portata dagli uomini arrivati dal Nord dell’Europa.

“Chi visitava Palermo, capitale araba, era impressionato dal fatto di trovarvi una popolazione composta da greci, longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari e neri sudanesi...” ha scritto Mack Smith indicando questa città come uno dei centri più prosperi e culturalmente più avanzati del tempo.

Era stata l’eccezionalità della tolleranza sociale di quella realtà multietnica – araba, latina, greco-bizantina, ebrea, africana e proveniente dal Nord dell’Europa – ad aver creato quel raro clima umano che aveva consentito alle maestranze arabe, ai mosaicisti bizantini, ai maestri normanni e agli artigiani ebrei di lavorare pacificamente assieme realizzando quello straordinario unicum che costituisce il patrimonio monumentale palermitano e costruendo quella multiculturalità che, da allora, è naturalmente innata nei palermitani.

Era stato un momento magico della Sicilia e di Palermo, dovuto al sorprendente sincretismo culturale, sociale ed economico di tutte le etnie presenti, accompagnato dalla più ampia tolleranza religiosa: cattolici, ebrei e musulmani vivevano insieme in assoluta armonia, costruendo una base culturale umana che, per sempre, avrebbe tenuto la Sicilia, quasi unica regione al mondo, lontana da qualsiasi sentimento di razzismo e di antiebraismo persino nei secoli successivi.

È difficile trovare nella storia del mondo occidentale un esempio più significativo di quanto sia produttivo l’incontro disponibile delle culture e delle genti a confronto con quanto sia stato sempre dilaniante il razzismo fazioso.

E oggi, consapevoli dei gravi problemi che affliggono il mondo occidentale, è qui, in questa pur degradata città, che possiamo scoprire fra le sue vie un progressivo recupero di quell’atmosfera magica nella quale un tessuto umano serenamente multietnico sembra avviarsi verso quella prospettiva nuova che gli uomini sognano da sempre.

Mentre altrove c’è quasi ovunque il rigurgito di un diffuso razzismo, è possibile guardare con compiacimento le tante foto che raccontano momenti particolari di Palermo multietnica.

La più emblematica mostra la comunità islamica di Palermo riunita all’ombra del Monte Pellegrino per celebrare la Festa del sacrificio: uno spettacolo imponente.

 

Altre foto mostrano la serena naturalezza degli immigrati per le vie della città.

Sono fotografie che confermano come a Palermo sia facile incontrare ovunque indiani, filippini, birmani, etiopi, marocchini, nativi di Ceylon, del Congo, del Bangladesh, delle isole del Capo Verde, egiziani, libici, rumeni, albanesi, cinesi e altri che, rendendosi conto della pacifica ospitalità dei palermitani, pur fra le mille difficoltà contingenti, svolgono nel più pieno reciproco rispetto i piccoli lavori che riescono a trovare.

Le prime generazioni continuano ad accettare i lavori più umili o si arrangiano facendo i posteggiatori abusivi, ma qualcuno delle seconde generazioni inizia a tentare una risalita della scala sociale e non sono rari i loro ristoranti esotici e le attraenti botteghe etniche.

Qui, a Palermo, è evidente, si sta pacificamente tessendo quell’infinito intreccio di infinite diversità culturali, religiose ed etniche che inevitabilmente sarà la società umana che si intravede lontano.

Sarà necessario molto tempo e non mancheranno le più imprevedibili difficoltà, ma la globalizzazione delle culture umane ha avviato qui il suo cammino verso la terra promessa.

A Palermo, la presenza ufficiale straniera in città supera i 30 mila residenti.

Ovviamente, a questo numero accreditato, devono essere aggiunti gli immigrati non rilevati, specialmente giovani africani e provenienti dal Medio Oriente che numerosi circolano serenamente per le strade della città: non è facile accertare quale sia il totale effettivo ma, quasi sicuramente, nell’insieme è ampiamente superata la percentuale del 5% dell’incidenza complessiva.

Di tanta presenza straniera sono testimoni i vicoli del Centro storico e le strade cittadine. Si respira la vera Palermo d’oggi che costruisce pacificamente un modello di multietnicità al quale dovrà guardare tutto il mondo occidentale per vivere serenamente: non sarà possibile opporre alcuna barriera ai milioni e milioni di disperati che, per le guerre o per la fame, affidano la loro speranza alla fuga verso l’Occidente.

Molti tenteranno di fermarli ma, in un modo o in un altro, riusciranno ad arrivare.

E così, a Palermo, il dialogo multietnico è attivo non solo per le strade ma anche nei teatri, negli ambienti politici, nelle chiese e nelle scuole: ovunque.

Lo spirito che anima la città emerge con determinazione dalla Carta di Palermo voluta dal sindaco Leoluca Orlando e sottoscritta nel marzo 2015 da giuristi, attivisti dei diritti umani, amministratori pubblici e organizzazioni non governative per sollecitare la comunità mondiale a una revisione della legislazione sul permesso di soggiorno e delle politiche legate ai fenomeni migratori, sostenendo la mobilità umana internazionale come diritto inalienabile della persona.

La Carta di Palermo è un documento pubblico che conferma come da questa città coralmente parta un messaggio e un impegno a che l’accoglienza di chi fugge dalla fame e dalle guerre possa diventare la via per un diffuso incontro multiculturale e multietnico delle genti.

Quest’incontro delle etnie, che in Occidente alimenta paure inconsce, pian piano potrà e dovrà essere preso in considerazione come uno dei fatti più positivi mai accaduti nella storia dell'umanità. 

Un unico ceppo di homo sapiens 100.000 anni fa è partito dal centro dell'Africa e, mentre andava per il mondo, fattori ambientali, climatici e culturali l'hanno frammentato in mille etnie diverse: oggi, il processo di globalizzazione economico-finanziario, culturale, demografico e genetico tende a recuperare l'unicità fisica delle specie umana.

Non può essere descritto con sicurezza come il processo andrà avanti né quanti secoli saranno necessari, ma la strada intrapresa è funzionale alla costruzione di un mondo più equilibrato: prima, nel modo d’essere fisico degli uomini e poi, si spera, nel loro convivere.

Questa prospettiva, che i più affermati demografi danno per certa, trova conferma nell’impegno quotidiano della città di Palermo.

È in questa pur degradata città, infatti, che la serena disponibilità ad accogliere i migranti fa comprendere come la prospettiva demografica possa essere gestita senza quel dramma che molti paventano: è qui che si intravede, fra le sue vie, un progressivo recupero di quell’atmosfera magica, normale nella Palermo del Duecento, nella quale un tessuto umano serenamente multietnico si sta avviando verso quella prospettiva nuova che è nei sogni degli uomini illuminati.

Altrove, un diffuso egoismo consumistico sostiene una conflittualità etnica che dà forza ad un estremismo politico di destra e ad un irriflessivo populismo possibili forieri di inutili violenze.

A Palermo, invece, non si oppone nulla ai flussi degli immigrati. Le difficoltà, create dai problemi di sistemazione di masse sempre crescenti, non mancano. Ma la disponibilità umana, di cui si constata il progressivo prevalere, troverà le soluzioni possibili.

Girando per la città, si ha conferma che sono diffuse e quotidiane le iniziative che sostengono una fiduciosa visione della prospettiva possibile e indicano quale possa essere un futuro ammissibile per il mondo: qui la varietà multietnica è accettata e dimostra come l’ospitalità palermitana superi l’immaginabile.

Accolti con amore dalla Caritas palermitana, dalle parrocchie cattoliche cittadine e dalle iniziative laiche, gli immigrati trovano una rara ospitalità diffusa.

In questa città, infatti, accade che Agnese Ciulla, assessore alle Attività sociali del Comune, si occupi di centinaia di minorenni migranti e li accudisca con amore accanto ai suoi figli. La “grande madre” è chiamata, ed è un’emozione ascoltarla quando parla dei “suoi figli” e dell’assistenza che dà alle giovanissime madri incinte perché stuprate nei campi dei paesi africani.

Fra le tante iniziative, l’Associazione “Santa Chiara”, che affianca l’azione dell’Oratorio Salesiano Santa Chiara, è impegnata nel quartiere Ballarò per fronteggiare i problemi connessi alla povertà, all’uso della droga fra i giovani immigrati e alla disoccupazione.

Consapevoli degli innumerevoli bisogni primari che i migranti non riescono autonomamente a soddisfare, i salesiani e gli operatori laici che li affiancano utilizzano questa Associazione per offrire una vasta gamma di servizi.

Ogni giorno condividono questo spazio immigrati provenienti da varie parti del mondo: Bangladesh, Senegal, Mauritius, Romania, Costa d’Avorio, Ghana, ecc.

Sempre a Piazza S. Chiara, opera il Centro Agàpe che gestisce un Ufficio Immigrati e Richiedenti asilo che promuove servizi specifici: alfabetizzazione e orientamento lavorativo, promozione igienico-sanitaria, con attenzione particolare ai minori, ai richiedenti asilo politico, alle donne in difficoltà e vittime della tratta. A tutti è offerta anche l’assistenza di uno Sportello legale. 

Un’altra iniziativa è la Casa di tutte le Genti pensata per l’infanzia e realizzata fin dal 2006 da Zenaida Boaventura, una donna del Capo Verde giunta a Palermo oltre trent’anni fa.

L’iniziativa mette a disposizione servizi di asilo nido e doposcuola ed ospita circa 40 bambini al mattino più altrettanti nel doposcuola pomeridiano.              

Zenaida ha avuto in Italia 3 figli cresciuti senza avere accesso ai servizi per l’infanzia: mentre i suoi bambini erano ancora piccoli e lei era costretta a restare tutto il giorno con loro, aveva fatto la conoscenza di alcune donne ghanesi che abitavano nel suo stesso palazzo e che ogni giorno vedeva andare al lavoro con i bambini stretti contro la schiena avvolti nei teli colorati dell’Africa. “Lasciateli a me!” aveva detto loro, “ve li tengo io”.

Il percorso della Casa di tutte le Genti è stato avviato, da questa donna che è andata incontro al bisogno di altre donne, un bisogno che lei conosceva e a cui nessuno aveva dato risposte.

Così, a partire da quell’inizio, a Palermo sempre più donne dei paesi più diversi del mondo hanno iniziato a mettere insieme le loro forze, le loro differenze e il loro condiviso essere madri, e ad accudire ciascuna i bambini delle altre, a turno, permettendo a tutte di lavorare e di lasciare nel frattempo i propri figli in un posto sicuro.

Il primo asilo nido autogestito e autofinanziato con gli sforzi dei genitori è stato aperto in un piccolo appartamento al IV piano. In seguito, essendo cresciuto il numero dei bambini, dopo alcune peripezie, la Casa di tutte le genti è stata accolta dall’Istituto Valdese dove permane e dove il direttore della scuola ha messo a disposizione l’aula magna e la mensa.  

Un’altra iniziativa è il Centro Astalli: un’associazione di volontariato che opera per la difesa dei diritti, dell’integrazione e dell’inclusione di immigrati extracomunitari, rifugiati e richiedenti asilo. Nel 2006 ha inaugurato il Centro di accoglienza di Piazza SS 40 Martiri, nel quartiere di Ballarò dove, con l’aiuto di persone che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze a titolo di assoluta gratuità, si offrono servizi di prima e seconda accoglienza al fine di meglio rispondere alle esigenze degli assistiti.

In un articolo intitolato Il salotto di Palermo accoglie i ragazzi in fuga dalla schiavitù, su la Repubblica del 24/08/2016 si legge che, nel centro elegante della città, fra via Libertà e Villa Sperlinga, sono state realizzate due comunità Caleidoscopio che ospitano migranti minorenni scappati dalla guerra e dalla miseria. 

Nella casa dedicata alle ragazze, assieme alle minori africane sfuggite alla prostituzione, ci sono anche alcune giovani palermitane.                                                                       

Dall'inizio dell'estate, inoltre, abitano al quinto piano di un signorile palazzo nel cuore del centro, tra via Ariosto e via Leopardi, Edward (nome di fantasia) e i suoi fratelli: una dozzina di adolescenti sub-sahariani arrivati con gli sbarchi. Ora i ragazzi chiamano “mamma” la portinaia dello stabile, perché così si rivolgono per rispetto alle donne più grandi.

Nell’ottobre 2011 è stato inaugurato l’Ippocrate dell’associazione di volontariato Agisci Palermo che ha chiesto ed ottenuto dalla Caritas Diocesana di Palermo la concessione dell’uso di alcuni locali per realizzare un poliambulatorio a disposizione degli irregolari che transitano a Palermo o che diventano stanziali e per più motivi non possono rivolgersi ai centri ospedalieri istituzionali.

Le iniziative che dedicano il loro impegno all’ospitalità verso i migranti sono numerose, ma a Palermo pullulano anche le accoglienze non ufficiali: centinaia e centinaia di giovani filippine, rumene, ucraine, ghanesi e di altre nazionalità svolgono funzioni di badanti presso privati anziani o quanti sono obbligati ad usare la sedia a rotelle; altre svolgono le funzioni di bambinaie mentre centinaia di giovani del Bangladesh o etiopi o ghanesi lavorano come portatori della spesa al domicilio dei clienti per la maggior parte dei grandi esercizi commerciali cittadini. Centinaia di giovani africani, inoltre, chiedono indisturbati l’elemosina davanti ai negozi più frequentati: la ricevono, e anche questa è accoglienza.

Non si può ignorare che, probabilmente, alcuni giovani immigrati possono essere irretiti dalla malavita che li sfrutta per compiti illegali: ma questa è una realtà in tutto il mondo e non è specifica di Palermo.

Della città di Palermo è invece unico, perché spontaneamente vissuto, il diffuso e pacifico spirito di accoglienza dei migranti che, con il loro sguardo limpido anche se spesso dolente, dimostrano di essere uomini e donne uguali agli uomini e alle donne di tutto il resto del mondo.

La spontanea e pacifica ospitalità della città racconta a tutto l’Occidente che alzare muri è l’errore più grave che si possa fare perché alimenta odi immediati e scontri prossimi: il messaggio di Palermo al mondo occidentale è che il suo futuro potrà essere sereno solo operando per il realizzarsi di un pacifico e ben gestito incontro delle più varie etnie portatrici di qualsivoglia cultura e di tutte le fedi.

Lo sguardo su quanto accade a Palermo non documenta soltanto la multiculturalità e la pacifica multietnicità della città: qui, è evidente, è stato avviato quel pacifico dialogo di tutte le etnie e di tutte le culture che è la prospettiva più auspicata per il mondo intero.

Qui, a Palermo, lo sperabile futuro degli uomini è già iniziato.    

    

Inserito il:25/03/2021 16:40:26
Ultimo aggiornamento:25/03/2021 17:06:53
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