Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Edith Sandhofer (Purbach am Neusiedler See, Austria, 1957 - ) - Normalità

 

Cosa è normale?

di Gianni Di Quattro

 

Normale è tutto ciò che è come sempre, usuale, conforme alle abitudini e che non presenta aspetti di diversità, fratture insomma rispetto a quello che si fa e che succede di solito. La normalità è in genere amata dai più, perché protettrice, rassicuratrice e priva di sorprese. In fondo la normalità è la caratteristica più vicina alla conservazione, fenomeno umano e politico per il quale si tende a non cambiare, a continuare sul percorso che si è fatto e che si fa nella tranquillità che niente può succedere.

Naturalmente la normalità e la conservazione di conseguenza, tendono a privilegiare coloro che si trovano in posizione migliore rispetto ad altri per qualche motivo, famiglia, successo, professione, patrimonio, cultura. Perché chi ha di più degli altri desidera che nulla cambi per mantenere, conservare la sua posizione e per non dovere competere con chi per qualche motivo, forse anche per merito, potrebbe tentare di sottrargli qualche parte dei suoi privilegi.

La normalità e la conservazione in politica non sono di destra o di sinistra perché sono nello stesso tempo di destra e di sinistra. La conservazione e la normalità in politica sono l’istinto principale di chi ha il potere o vive vicino al potere o esercita anche solo un po’ di potere, ciò che significa una sua vita, una sua gratificazione morale, economica e sociale cui si aggrappa umanamente con tutte le sue forze.

Ma la normalità è nemica del talento e del genio? E il talento è un fattore indispensabile per qualsiasi forma di sviluppo, di evoluzione, di crescita? La risposta positiva a queste domande significa che la normalità è purtroppo uno strumento che, pur assicurando per un certo periodo una tranquillità sociale benvoluta da tutti, è una palla al piede per qualsiasi società e crea in questa una perversa tendenza a richiudersi in se stessa e ad impedire qualsiasi possibilità di promozione sociale, nonché qualsiasi manifestazione del merito in ogni campo.

Allora ne consegue che quando la normalità permane a lungo e diventa, come può, uno strumento di potere, essa può diventare un handicap potente per qualsiasi forma di progresso. Ma cosa vuol dire che la normalità può diventare uno strumento di potere?

Chi ha il potere tende a cloroformizzare il popolo perché in una società calma, senza strappi e non violenta e magari non brillante culturalmente, è più facile gestire e per questo la normalità venduta e propagandata come la forma civile più alta di convivenza è allo stesso tempo l’alleato più valente di chi il potere si trova ad esercitare. Naturalmente questa formula è direttamente proporzionale alla forza che ha chi ha il potere, nel senso che più forte è il potere di chi comanda più è forte l’azione per la diffusione della normalizzazione della società con le buone o con le cattive.

L’avversione alla genialità e al talento non è solo una prerogativa del potere politico, ma è tipica di qualsiasi entità economica od organizzativa, per esempio le aziende o le strutture sociali intermedie come quelle sindacali o di altro genere. Poche sono infatti le aziende che nel secolo scorso hanno dato importanza al merito e al talento, forse nel nostro paese pochissime oltre alla Olivetti.

Sul piano politico, inoltre, soprattutto dal famoso 68 in poi, il merito è andato progressivamente sparendo dalla società tutta, nella scuola e nella pubblica amministrazione e nelle aziende private come conseguenza anche dalla azione violenta dei sindacati. Ed oggi la deriva che viviamo è anche conseguenza di una società che combatte il talento in nome di una uguaglianza che non consente progettualità e coraggio e si ribella alla diversità e a tutto ciò che fuori dalla normalità. In altri termini viviamo una società che ha sostituito l’ignoranza al merito.

Bisogna tornare per rivitalizzare una comunità al talento, aveva ragione Adriano Olivetti che amava contemporaneamente la cultura e la organizzazione e pensava che una azienda senza uno dei due bracci è destinata a fallire prima o dopo. È quello che succede alla nostra società infatti e siamo arrivati a questa omologazione per il degrado del livello scolastico, per la paura del futuro, per la mediocrità che è contagiosa peggio di qualsiasi altra epidemia e che si può combattere solo con la conoscenza. E con una certa dose di follia potrebbe aggiungere qualche scienziato.

 

Inserito il:06/03/2018 23:47:44
Ultimo aggiornamento:06/03/2018 23:53:58
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