Siamo tutti reduci.
Reduce vuol dire ritornare da un’ avventura difficile e pericolosa, da una guerra, ma anche da una vittoria, da una gara sportiva, da qualche cosa che è terminata, che si è vissuta ed allora si riprende a vivere dall’inizio di quello che ora è alla fine. Reduce può voler dire anche ritornare da un sentimento, da una storia umana, da una scelta di vita che non si vuole o non si può più condividere, da un lavoro, da un’ amicizia, da un impegno culturale, politico o artistico.
Nella nostra vita in ogni momento sta finendo qualcosa per dare spazio a qualcos’altro, solamente nella parte finale della stessa le cose, tutte le cose, sentimenti compresi, finiscono senza dar luogo ad altro e allora lasciano il posto alla nostalgia. Per questo la nostalgia è sentita di più dalle persone anziane e per questo è un dolce sentimento che aiuta a rivedere l’album della vita e consente di utilizzare i surrogati delle cose ricordati e sognati come strumenti per amare ancora la vita per quello che ha dato e pazienza se nel piccolo futuro che si ha davanti può dare meno, molto meno: il sistema delle compensazioni che misteriosamente spinge verso l’equilibrio e quasi sempre verso la fiducia globale di quello che si è e si è stato.
La nostra vita quindi si gioca in continuo da una situazione di reduce all’altra e cioè dal ritorno da qualche cosa magari dando vita ad un altro capitolo, ad un altro episodio. E da una nostalgia all’altra se la vita è ed è stata ricca, perché altrimenti prevalgono i rimpianti che sono sempre dolorosi perché costringono a prendere atto della nostra limitazione o incapacità. Questa limitazione che durante gli anni centrali della vita si attribuisce magari alla sfortuna o alle circostanze avverse e crudeli, alla fine si capisce che è tutta nostra e che siamo noi solamente i muratori della nostra vita nel bene o nel male.
Passare da un ritorno all’altro magari in parte sovrapposti anche perché riferiti a cose diverse, è faticoso e rappresenta il cammino difficile e al tempo stesso avventuroso e affascinante della vita. D’altra parte l’alternativa è o la rinuncia o la contemplazione come filosofia e modus vivendi, in entrambi i casi la vita si vede per quello che avrebbe potuto essere e non è stata, per quello che è stata perché così doveva essere come se non ci fosse il libero arbitrio, come se l’essere umano dovesse farsi guidare e in assenza di indicazioni dovesse solo aspettare.
Un mondo di reduci dunque siamo, un mondo che si agita, che prova a fare, a osare, a tentare attività, sentimenti, invenzioni. Reduci che soffrono ma si riprendono, ripartono, riprovano. È la storia del mondo, è la storia dell’evoluzione, la storia dell’essere umano che vuole sempre stare in prima fila come dice una pubblicità forse di successo.
Una considerazione che riveste grande importanza è la coscienza di quello che succede nel nostro cammino e la volontà di condizionarlo sempre e in ogni circostanza e che si contrappone a coloro che camminano in modo incosciente passando da una storia, da un tentativo all’altro perché così è la vita, perché il destino vede e dispone, sceglie e favorisce, non accetta ostacoli ed ha il castigo facile.
Questa seconda categoria di persone, che possiamo chiamare dei reduci incoscienti, rappresenta la maggioranza della popolazione ed è quella che influenza e condiziona la vita anche dei reduci coscienti per quello che fanno nella società e nella politica. Forse per questo il sistema democratico pur essendo teoricamente perfetto e comunque il migliore, nella pratica spesso non funziona, perché richiede un livello culturale, di conoscenza, di evoluzione intellettuale e di amore per il vivere insieme che non tutte le società possono vantare.
Parafrasando un grande protagonista italiano del secolo passato si può dire: siamo tutti reduci e fra di noi ci sono anche purtroppo dei caporali!