Peinture du XVIIe siècle - Le Colporteur – Musée du Louvre
L’anno che verrà
di Anna Maria Pacilli
Nei tempi più antichi ci si affidava alla saggezza popolare, agli anziani di casa, alle generazioni precedenti, per ricevere consigli su come affrontare l'inizio di un nuovo anno. Poi, anzi quasi in contemporanea, si iniziò ad affidarsi ai veggenti ed agli oroscopi che si trovavano sulle riviste patinate e che attiravano l'attenzione con i loro colori ad effetto psichedelico e che sembrava potessero prevedere esattamente il nostro futuro. Così, poco prima della fine di ogni anno si acquistavano libri molto particolareggiati sulle previsioni per il nuovo anno. Alcuni sembrava non riuscissero a fare a meno di leggere cosa poteva riservare l'anno in arrivo ed anche i più scettici, una sbirciata comunque la davano. Oggi, in un'era sempre meno cartacea e sempre più digitale, ci pensano i media, i social, a fornirci i "loro" consigli per "cominciare al meglio il nuovo anno" e addirittura come proseguirlo.
Ciò che poteva essere appannaggio della generazione precedente, o di saggezze antiche o di familiari a cui premeva davvero la nostra cura e la nostra salute, è diventata materia da social network.
Da un lato, secondo le scienze umane e le neuroscienze, non può esserci posto per il "consiglio" inteso come un avvertimento, un suggerimento, frutto dell'esperienza e delle capacità individuali che venivano poste al servizio degli altri. Non può esserci posto perché della propria gioia, così come della propria sofferenza, dei bisogni e delle potenzialità di ogni individuo, l'unico vero "esperto" può essere l'individuo stesso. Se è vero che le ragioni delle sofferenze umane, così come delle gioie, si assomigliano abbastanza, esistono profonde differenze tra chi le sperimenta ed è l'individuo in sé, quindi, quello che rende unici la gioia così come il dolore.
Ed allora come è possibile un così grande contrasto con ciò che noi affidiamo ai social o con i consigli che sembriamo trarre dagli stessi, per trovare spunti di gioia e strategie per eliminare la sofferenza? Nel virtuale l'individualità è sfumata e confina, anzi si sovrappone a quella di tanti altri individui simili. Si cerca la condivisione, l'uniformità piuttosto che la differenziazione, un po’ come le mode adolescenziali: fa status essere tutti simili, piuttosto che affermare se stessi. Forse è un modo ancora una volta scaramantico per affidare ad altri la propria fortuna.
Altro che "Homo faber fortunae suae": troppo difficile costruirsi il destino, meglio affidarlo a consigli di massa. Pazienza poi se questi consigli variano repentinamente. Ciò che poteva valere per ieri, non varrà più per domani. Ed allora bisogna essere lì, pronti a cambiare. In tutto questo abbiamo perso la nostra individualità ed in modo speculare al "fato" antico, un social qualsiasi può fare per noi ciò che si ha paura di fare ognuno per sé. Perché, come sempre, è più facile colpevolizzare un elemento astratto, o comunque esterno a noi, dei nostri insuccessi, piuttosto che assumerci ognuno le proprie responsabilità.
E se provassimo, invece, a:
1. Trasformare qualche NO legato alla fatica, alle difficoltà quotidiane, che ci fa chiudere nel nostro guscio, in dei SI segno di apertura verso il mondo?
Questo può voler dire essere propositivi verso l'esterno e non vivere tutto come una lotta.
La lotta è sempre stata un elemento importante, da un punto di vista sociale ed evolutivo, per l'essere umano, ma il conflitto non può essere l'unica soluzione al vivere umano, perché, se così fosse, l'organismo ne risentirebbe fisicamente e psicologicamente. Ogni emozione e sentimento ha, infatti, i propri correlati neurofisiologici sull'apparato cardiocircolatorio, muscolare e scheletrico.
2. Qualche volta a "bastarci", "amarci" e "sentirci adeguati".
Essere in armonia con noi stessi significa anche diffondere armonia attorno a noi. Il primo passo per prenderci cura del nostro ambiente, della nostra famiglia, della nostra comunità è prenderci cura di sé.
3. Provare a considerare la sofferenza non fine a se stessa, ma a renderla funzionale, di volta in volta, a emozioni positive.
Il nostro cuore non è solo un muscolo cagionevole che sembra destinato ad essere infranto, prima o poi, è solo questione di tempo, ma è altrettanto capace di trasformare il dolore in qualcosa di buono, in una strada per raggiungere la serenità.
4. Trovare il tempo giusto per "sentire" il proprio corpo. Corpo e mente non sono entità separate, anche se troppe volte ci sembrano inconciliabili, ma quando si ritrova il contatto tra il corpo e la mente, tutto l'organismo ne trae beneficio.
5. Non tralasciare un pizzico di follia....
Buon 2017 a tutti!!