Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale

Clicca qui per ascoltare

 

IA e lavoro (prima parte)

Tra innovazioni e implicazioni sociali ed economiche

di Massimo di Virgilio

 

L’11 dicembre 2001, la Cina fa il suo ingresso nella World Trade Organization (WTO), completando un percorso iniziato nel 1972, anno dello storico incontro tra il Capo di Stato americano, Richard Nixon, e il Capo di Stato cinese, Mao Tse Tung. È in questo giorno del terzo millennio, tre mesi dopo l’attentato alle torri gemelle, che si può collocare la nascita della “Globalizzazione” (termine coniato da The Economist nel 1962) moderna, anche se si deve ricordare che questo fenomeno, in nuce e senza alcuna logica programmatica condivisa, risale ad un tempo molto più remoto, nel quale vari popoli, con le loro avanguardie mercantili e militari, si avventurarono alla scoperta di nuovi territori, al di fuori della propria area di stanziamento originario. Una data, naturalmente convenzionale, che condensa in un unico momento un lavoro, frutto dei tantissimi negoziati che sono stati necessari per arrivare a mettere insieme una quantità pressoché infinita di tessere all’interno di un unico quadro che potesse, quasi magicamente, contenerle tutte. Da allora il mondo non è stato più lo stesso, sono cambiate le regole del gioco, così come le logiche di gestione delle relazioni: Paesi grandi e piccoli, più avanzati e meno sviluppati, hanno deciso di adottare i princìpi sanciti nella WTO per gestire i loro scambi a tutte le varie latitudini e longitudini.

Gli effetti, dopo poco più di vent’anni da allora, sono sotto gli occhi di tutti. In questi due iniziali decenni, l’asse di rotazione del pianeta, a livello economico, finanziario, industriale, militare, scientifico e tecnologico ha registrato uno spostamento progressivo, che ha costretto di fatto gli U.S.A. a condividere con la Cina la loro indiscussa, fino ad allora, centralità. Volenti o nolenti, tutti i Paesi hanno imbastito le loro relazioni entro questa cornice, che ha di fatto contribuito a modificare di fatto l’ordine mondiale. Nuove traiettorie non rigide, ma soggette ad ulteriori aggiustamenti dietro la spinta di nuovi protagonisti (e.g. BRICS) nonché all’esito delle “cinquantanove guerre in corso e dei trecentottantotto conflitti negli ultimi dieci anni1, che non potranno non modificare ulteriormente e progressivamente la geometria attuale di un mondo che, proprio a causa di tutte queste turbolenze, è stato definito da qualcuno “età del caos”.

Una trasformazione epocale, frutto di una lunghissima serie di innovazioni nei campi più disparati che, combinate e sintetizzate plasticamente nella triade internet, container e catena del valore di Porter2, hanno permesso di costruire intorno al pianeta un reticolo estremamente fitto, collegando individui, realtà pubbliche e private, comunità e Paesi, appartenenti a diversi continenti; da un lato, esso permette di far fluire un incessante numero di bit e, dall’altro, di muovere una smisurata quantità di atomi, in una supply chain planetaria. Tutto ciò, grazie anche alla disponibilità di strumenti intelligenti e agili, ha consentito di ridisegnare e plasmare strutture originariamente rigide, scomponendole e ricomponendole come pezzi di un lego. Gli assetti geo-politici, oltre a quelli economici, finanziari e industriali sono stati plasticamente rimodellati; ne sono derivati cambiamenti sociali talmente profondi da mutare la vita dei popoli e financo anche la loro dimensione culturale. Il tempo è stato accelerato e lo spazio contratto; il clock degli eventi ha aumentato la sua frequenza e la velocità dei cambiamenti è cresciuta e continua a farlo senza sosta; a tal punto che l’offshoring, il mantra di qualche anno fa, viene già ri-declinato nel senso di marcia contrario in reshoring, nearshoring, backshoring e friendshoring e chissà con quali ulteriori prossime ri-configurazioni.

L’Unione Europea (UE), ancora il più grande mercato al mondo, ha purtroppo perso la sua antica centralità, sia tecnologica sia industriale; un PIL in decrescita mostra con una freddissima evidenza come immobilismo e miopia, tendenti all’autolesionismo, possano imbalsamare una comunità di ventisette Stati molto incerti e fortemente in difficoltà nel progettare il futuro di una massa di circa mezzo miliardo di persone. Uno stallo che le frizioni di una campagna elettorale già partita presumibilmente congeleranno fino alla fine di giugno prossimo. In questo immobilismo corre tuttavia l’obbligo di evidenziare, a beneficio delle nostre riflessioni che, tra le varie, il 9 dicembre u.s. è stato raggiunto un importante accordo sull’AI Act (di cui parleremo nella seconda parte) che entrerà in vigore entro i prossimi due anni, a meno di eventuali sorprese.

La situazione italiana è purtroppo addirittura peggiore: un Paese, come lo definisce il Censis nel suo 57° rapporto, di «sonnambuli», un fenomeno non imputabile solo alle classi dirigenti, ma alla «maggioranza silenziosa» degli italiani, ciechi dinanzi ai presagi; un Paese dalle mille scie divergenti, ma nessuno sciame”: i giovani in fuga, 36.000 gli expat tra 18 e 34 anni, solo in questo 2023. “Italiani resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati, se l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino3.

Anche all’altro capo del pianeta, il 2024 si preannuncia come un anno estremamente delicato, visto che il 5 novembre 2024 si voterà per l’elezione del nuovo Presidente statunitense; si tratterà di una elezione estremamente importante il cui esito, ancora molto incerto, contrapponendo due candidature profondamente diverse, avrà, in un caso e nell’altro, dei risvolti a livello mondiale di grandissima portata, ma di segno radicalmente opposto.

Sul fronte delle Big Tech, non ci sono invece incertezze; esse trainano sviluppo e innovazione, imponendo un modello di crescita basato sull’uso intensivo e strutturale del digitale, modificando totalmente i modelli di conseguimento dei risultati, innalzando il livello dei ricavi verso vette (centinaia di miliardi di dollari) solo pochi anni fa assolutamente impensabili, contenendo parallelamente e strutturalmente la crescita dei costi correlati e riducendo il numero degli addetti. Non solo, ma con le logiche della subscription economy, esse hanno creato modelli di reiterazione pluriennali dei fatturati, che le rafforzano vieppiù. Un vero e proprio miracolo che sovverte le antiche leggi, proprie di un mondo industriale fordista e taylorista che, non ostante la realizzazione di grandi processi di automazione, era costretto a governare costi del lavoro rilevanti, stante la grandissima quantità di manodopera richiesta obbligatoriamente dalla gestione di grandi processi produttivi.

Le masse lavoratrici, per parte loro, aggregandosi in vario modo, a livello politico e sindacale, stanno cercando in tutti i modi di portare avanti le loro rivendicazioni, ottenendo risultati certamente non classificabili in termini positivi. Le lotte, di quella che un tempo si chiamava la classe operaia, hanno avuto il loro epicentro nel ventesimo secolo; in questo nuovo secolo, pur esistendo ancora, anche se con forme e modalità diverse, e pur abbracciando tutte le diverse categorie sia del mondo pubblico sia di quello privato, incontrano progressivamente serissime difficoltà. Rileggendo l’epitaffio sulla tomba di Karl Marx “lavoratori di tutto il mondo unitevi”, con gli occhi di chi vive in questo secolo, più che una esortazione alla conquista di un miglioramento delle condizioni lavorative, sembra invece un grido che chiama le forze a serrare i ranghi nel disperato tentativo di non soccombere.

Dicembre 2023

 

1 S. CASSESE, “L’ordine mondiale è fallito”, Sussidiario.net, 26novembre 2023

 2 M. PORTER, “Il vantaggio competitivo”, Einaudi, Torino, 2004

3 CENSIS, “57° Rapporto”, Franco Angeli, Milano, 2023

(Continua)

 

Inserito il:23/12/2023 17:40:31
Ultimo aggiornamento:17/01/2024 12:11:08
Condividi su
ARCHIVIO ARTICOLI
nel futuro, archivio
Torna alla home
nel futuro, web magazine di informazione e cultura
Ho letto e accetto le condizioni sulla privacy *
(*obbligatorio)


Questo sito non ti chiede di esprimere il consenso dei cookie perché usiamo solo cookie tecnici e servizi di Google a scopo statistico

Cookie policy | Privacy policy

Associazione Culturale Nel Futuro – Corso Brianza 10/B – 22066 Mariano Comense CO – C.F. 90037120137

yost.technology | 04451716445