La noche buena.
Natale che arriva, la stella di Natale che riempie case e uffici, locali pubblici e scuole. Il colore rosso che domina dalla stella a babbo Natale, dalle tovaglie che si preparano per le tavole dove si svolgeranno fantastici pranzi e cene, a festoni di vario tipo, cuori di plastica e altri oggetti, dalle palle dell’albero ai tappeti che si mettono fuori dei negozi per invitare la gente a fare shopping, a comprare. Le case si riempiono di cose, di scatole, di profumi e di aromi, si mandano biglietti, email soprattutto, magari colorate con figure e disegni, si telefona, si fanno e si accettano inviti, molti partono. Anche gli uffici si riempiono di colore e si preparano regali per il collega, il capo, la segretaria, il portiere, si organizzano pranzi e cene per reparto, per azienda, per gruppo di lavoro.
Tutti pensano ai propri Natali degli anni passati, alle persone che non ci sono più, a quelle atmosfere, a quelle giornate, a quelle speranze. E si fanno confronti, si tirano le somme, si fanno progetti perché poi negli ultimi giorni dell’anno si pensa solo a divertirsi, a fare cose, alla compagnia, all’amore che dura o che sta finendo o che si vuole finisca.
È, insomma, un periodo frenetico quello della noche buena, come dicono in Messico, un periodo dove si spende, si pensa, si immagina, si programma, si mangiano cose diverse, magari che non piacciono molto, ma bisogna farlo. Il salmone, il patè, il capitone, i carciofi alla romana, i ravioli in brodo, il bollito, il panettone, e poi la bottiglia di quello buono, il moscato e lo champagne, lo spumante e la grappa. Tutte le nostre tradizioni, i sapori insieme al piacere di averli e di gustarli mentre si pranza con familiari che non si vedono da mesi e con amici antichi che si riuniscono in queste occasioni o ai matrimoni e ai funerali, vecchi compagni di scuola, di paese, commilitoni o del primo lavoro.
Tanti giorni frenetici prima con l’ansia di far le cose bene e di un periodo che finisce, ne comincia un altro e chissà come sarà, ripensare a quello che si è fatto nel bene e nel male, le persone che si sono conosciute e quelle che si sono perse, le opportunità non capite, le occasioni ingannatrici, le battaglie, la salute, la pazienza, il matrimonio e i figli.
Qualcuno si ferma a pensare quanti non possono più trovarsi in questo grande baillamme di tradizioni e di attività perché hanno difficoltà economiche conseguenza della crisi o di cose che sono andate male o di separazioni familiari che hanno stravolto gestioni economiche modeste ma sufficienti, si pensa anche a chi dovrà fare il pasto del giorno di Natale magari presso una organizzazione di carità e sono tanti in queste condizioni, più di quanti si possa immaginare e basta aver visto le code di persone di tutti i tipi dietro questi locali dove si allestiscono pasti per chi è in miseria.
La noche buena è come l’indice di un romanzo che dura un anno, basta vedere l’atmosfera per capire come sono andate le cose e come potrebbero andare il prossimo anno. È importante per vedere i sentimenti principali che serpeggiano, per vedere tra questi che ruolo ha la paura del futuro, l’angoscia di non sentirsi più inserito, la vergogna di aver perso. Ed anche per vedere come si scatena la violenza, come la gente si sente più fragile e insicura, come tutti cercano appigli, giustificazioni, opportunità di qualsiasi tipo.
La noche buena era prima solo un momento di romantica allegria, di nostalgia, di voglia di amore e di bilancio. Ora per molti e sempre più spesso, è un momento in cui ci si sente sospesi e impreparati, impauriti e impotenti.
Per tutti o quasi la speranza non è più come prima, ma affievolita e in molti casi scomparsa. Il dramma di questa epoca!