8 marzo 2015.
Festa della donna.
Alcune considerazioni si affollano dolorosamente pressanti.
La prima è l’effettiva discriminazione che l’altra metà del cielo, come la definiscono i cinesi, ancora subisce e, non solo nei paesi del terzo mondo, ma anche nei moderni ed “emancipati” stati occidentali.
Basti pensare che a parità di lavoro e di esperienza, gli stipendi delle donne sono ancora inferiori a quelli degli uomini e questo anche negli USA.
Negli anni settanta l’aria che tirava era profumata di ribellione e di libertà e le donne cominciavano a parlare e a gridare il dolore dell’interminabile ingiustizia dei secoli precedenti.
Tuttavia io ricordo di aver lasciato la tavola (resistendo a stento dal rovesciarla) alla quale sedevo con amici.
Si discuteva animatamente sulla questione femminile, sui diritti e i valori della donna.
Un componente del gruppo, studente laureando!, disse che la donna poteva anche essere colta, intelligente, efficiente e geniale, ma in quanto donna, sarebbe sempre stata inferiore all’uomo poiché ciò era nella natura delle cose che aveva una sua scala precisa: minerali, piante, animali, donne e uomini……..
Mi chiedo se oggi sono davvero cambiate le cose e quanti siano effettivamente gli uomini che sono profondamente convinti dell’uguale valore delle donne e di conseguenza dei loro diritti.
Che siano diverse non lo contesta nessuno, e “Vive la différence!”, ma il loro valore, quello che induce automaticamente ad una considerazione paritaria, è davvero uguale a quello dell’uomo, nella mente delle maggioranza degli uomini?
Ritengo che in questa giornata di “festa” a loro dedicata, sia giusto riflettere sul perché le cose stiano così poiché è solo comprendendone i motivi che si possono superare le posizioni errate.
Mi chiedo se alla base di questa enorme discriminazione non ci sia in fondo la paura di essere dominati da un sesso che non si conosce e spesso non lo si vuole conoscere poiché ha del misterioso, del magico, dell’imprevedibile e, chissà, forse delle interessanti capacità superiori?
In fondo sono tre aggettivi che spesso sono accostati al mondo femminile da sempre.
Ciò che non si conosce fa paura e invece di studiarlo per arrivarne alla comprensione, si combatte, si limita, si denigra per dominarlo e neutralizzarlo.
Penso alla numerosa schiera di uomini eccellenti che non ha potuto fare a meno di ingiuriare e offendere, reprimere, disprezzare la donna con un astio e una rabbia che sono piuttosto sospetti.
L’elenco sarebbe davvero lunghissimo e mortificante.
Una scrittrice statunitense, Tamara Starr, ha raccolto in un libro più di 5000 massime che uomini di spicco e di genio hanno espresso sulla donna.
Come donna non sono offesa, ma dolorosamente stupefatta.
In questa folta schiera sono presenti miti dell’umanità quali Confucio, Nietzsche, San Paolo, Schopenhauer, Aristotele, Tolstoi ………
Perfino Freud ha buttato la spugna ammettendo di non aver capito dopo anni di studi e ricerche che cosa vuole la donna.
Che sia un chiaro segno della naturale inferiorità dell’uomo?
Chiedo scusa per la battutaccia, tuttavia, riesaminando e riflettendo, le risposte mi vengono così semplici.
Che cosa vuole la donna? Non vuole il pene, del quale non è affatto invidiosa, ma se mai quello che coloro che lo possiedono possono avere: potere, rispetto, libertà decisionale, pari diritti.
Voglio concludere con un forte invito alle mie colleghe donne: continuare tenacemente a procedere verso la reale emancipazione, combattendo all’interno di se stesse quelle antiche ombre, stratificatesi in millenni di sopraffazione maschile, che sono il vero ostacolo alla libertà.
Mi riferisco alla scarsa fiducia nel proprio valore che a volte mina dall’interno la capacità di affermarsi.