Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Evgeny Parfenov (Moscow, Contemporary, Digital art) - Zygmunt Bauman

 

Retrotopia o Utopia?

di Bruno Lamborghini

 

E’ uscito da Laterza un nuovo libro di Bauman intitolato “Retrotopia”.

Con questo termine Bauman intende la ricerca in parte nostalgica di uno status quo passato rispetto alla ricerca del nuovo che Tommaso Moro aveva definito come Utopia. Retrotopia è il guardare il passato per rassicurarci circa un futuro incerto e fonte di preoccupazione.

Non vi è dubbio che molto spesso oggi chiudiamo gli occhi di fronte a quanto avviene (il terrorismo o le minacce nucleari coreane) e ripensiamo ad anni passati che crediamo siano stati più rassicuranti.

In realtà, basterebbe ripensare al ‘900 caratterizzato da due guerre mondiali con lo sterminio di milioni di persone e certamente non si può certo dire che questo sia un passato rassicurante, ma dimentichiamo facilmente le cose negative.

Ora, perché abbiamo paura del futuro e ci rifugiamo nel passato? In realtà, il futuro non esiste, non è quello descritto da cronache giornalistiche catastrofiste né da mitizzato avvenirismo tecnologico. Il futuro non esiste ancora perché è tutto da costruire da parte nostra, giorno dopo giorno, persona per persona, con fiducia in ciò che facciamo, avendo vision, cioè utopia.

L’ignoto, il nuovo da costruire, il lavoro da inventare sono una sfida esaltante, non qualcosa da temere. Però, il nostro vecchio mondo occidentale è sempre più privo di giovani e abitato invece da persone anziane che tendono a non avere grande interesse per il futuro, soprattutto un futuro incerto e complesso che non dia garanzie nei tempi della loro vita.

Questo comprensibile atteggiamento è un grave rischio per le nostre società.

Qualche volta, ma troppo poco, la politica, non solo in Italia, ma soprattutto in Italia, riprende il discorso sulla necessità di pensare ai giovani ed al loro futuro con piccoli provvedimenti, pannicelli caldi non per costruire reali prospettive di lavoro, ma per non farli arrabbiare anche se i giovani italiani non si arrabbiano quasi mai. Auguriamoci che questo atteggiamento delle scelte politiche possa cambiare rapidamente, perché altrimenti è inutile parlare di futuro.

Credo che il discorso sulla Retrotopia, che oggi prevale, vada completamente ribaltato per cercare disperatamente di costruire una Utopia, un sogno di futuro da parte di tutti, giovani e anziani.

A cominciare da una scuola e da una università che guardi avanti, accetti la sfida del cambiamento, fornisca capacità di costruire il nuovo, misurandosi su quanto serve a costruire un futuro vero, misurandosi anche su quanto avviene nel mondo e non solo nella nostra piccola provincia sempre più ristretta.

Il discorso del cambiamento da passato a futuro vale anche per il nostro sistema industriale costituito da tantissime piccole e medie imprese che non riescono ad aggiornarsi, che non intendono rischiare per crescere e innovare, assumendo nuove intelligenze giovani, invece di lasciare che il Paese perda ogni anno più di centomila giovani intelligenze su cui il Paese ha investito e che invece creano futuro in altri paesi.

Noi lasciamo in parcheggio due milioni di giovani Neet, che sono molto più gravi per il futuro del debito pubblico. Per fortuna, gran parte di loro non stanno con le mani in mano, ma stanno faticosamente cercando nuovi spazi o nel volontariato (il Terzo Settore sta diventando un settore economico significativo) o nelle startup, nei coworking, nei Fablab, negli Innovation Hub, ma senza che il paese se ne accorga e dia invece loro sostegno e spazio per crescere e costruire un futuro non solo per loro ma per l’intero Paese.

Il futuro del lavoro non è quello dei lavori sempre più mal pagati, superflui, precari o privi di dignità e di senso, ma sono le attività partecipate, in cui si possa esprimere tutta l’intelligenza e la volontà creatrice delle persone, avendo il coraggio di affrontare una utopia, un sogno vero di futuro.

Un altro libro appena uscito “Utopia per realisti” di Rutger Bregman edito da Feltrinelli denuncia duramente questa situazione di mancanza di Utopia, dicendo che il male di oggi, la passione triste che ci accompagna in Occidente è la totale assenza di nuovi orizzonti. Ma, dice Bregman, forse nel “paese della cuccagna” (?) non c’è spazio per l’Utopia. Ma pensare e agire con l’Utopia è fondamentale perché spalanca le finestre della mente. Tutta la storia che ha visto crescere l’umanità è avvenuta attraverso Utopie. E questo è anche il pensiero di Edgar Morin nelle “7 lezioni sul pensiero globale” quando dice che la storia si sviluppa solo per devianze (politiche, geologiche, sociali, tecnologiche), mai per processi lineari, ma per devianze imprevedibili e casuali che riescono a far fare un salto alla società (come la rivoluzione francese o la stampa o oggi anche Internet). Adriano Olivetti ha cercato di percorrere la strada di una Utopia concreta ed ha costruito una parte di futuro.

Queste considerazioni quindi ci danno forse qualche speranza per ricercare la strada di nuove Utopie.

Inserito il:07/09/2017 16:47:30
Ultimo aggiornamento:07/09/2017 16:59:17
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