Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Tsukioka Yoshitoshi (Giappone, 1839 – 1892) - The Moon and the abandoned old Woman

 

Sacrificio degli anziani nelle culture antiche e tribali

di Vincenzo Rampolla

 

 

In molte culture antiche e tribali, l’età avanzata di un individuo costituiva un bene da tutelare. L’anzianità era indice di saggezza e di conoscenza e l’anziano dedicava tempo ai giovani per aprirli al mondo. In alcuni popoli la vecchiaia costituiva un valore, in altri era un ostacolo alla sopravvivenza dell’intera comunità. Per quanto sia oggi impensabile e disumano, l’atto di sacrificare un anziano per il bene comune non era visto come gesto crudele, ma una necessità per far fronte alla scarsità di risorse.

In alcuni Paesi e in particolare in certe culture tribali, il sacrificio di un anziano, l’atto di uccidere o abbandonare a loro stessi gli anziani, non era affatto raro. Eliminare una persona anziana o debole, poco importa se togliendole direttamente la vita, lasciandola morire di stenti o costringendola di fatto al suicidio, era un atto spesso necessario per garantire la sopravvivenza del proprio gruppo sociale.

Secondo Anthony Glascock, docente di antropologia della Drexel University, Philadelphia, il sacrificio di un anziano è stato praticato da circa un quinto delle culture tribali della sua ricerca; 84% di queste culture mostra inoltre diverse forme di abbandono degli anziani; ciò non significa che, tra i popoli in cui era previsto il sacrificio, ogni anziano venisse abbandonato a se stesso o ucciso una volta raggiunta un’età considerata avanzata. Molte culture distinguono tra anziani in forma e inattivi; per i secondi non è rara la pratica del sacrificio o dell’abbandono.

Generalmente il sacrificio di un anziano si manifestava in società nomadi di cacciatori che vivevano in territori particolarmente ostili, regioni in cui la sopravvivenza della comunità poteva essere messa a dura prova dalla presenza di un solo elemento inabile o inutile per le attività quotidiane.

Nella Grecia antica, i casi di sacrificio di un anziano sembrano essere stati ridotti, come in quasi tutte le società patrilocali o matrilocali in cui era comune che i figli adulti vivessero nella stessa casa di genitori e avi, anche dopo il matrimonio.

È noto il caso degli abitanti dell’isola di Kea: durante l’assedio degli ateniesi, per preservare le scarse riserve di cibo votarono perché i cittadini oltre 60 anni avrebbero dovuto suicidarsi bevendo cicuta.

Anche a Roma il sacrificio di un anziano non era istituzionalizzato se non in casi particolari.

In Sardegna, uno dei pochi luoghi sotto il dominio romano in cui era praticato il sacrificio, i figli sacrificavano i padri al dio Crono dopo il superamento di 70 anni. In Sardegna i ricordi e le tradizioni della uccisione dei vecchi sono numerosi e certi e fanno chiaramente intendere che quell’usanza è perdurata nella Sardegna interna anche molto dopo l'arrivo del Cristianesimo nell'isola; è rilevante il fatto che in Sardegna sia ancora venerato un Santu Sadurru, San Saturno (Crono).

Il sacrificio dei vecchi, nella sua tipica forma di rito sacro doveva esistere in modo preminente al tempio degli antichi Sardi e del nuraghe, sito obbligatorio per quella vissuta come cerimonia religiosa, al pari di tante altre.

Nelle culture in cui in genere la figura paterna o materna gode di totale rispetto, come quelle di tradizione confuciana, l’uccisione o l’abbandono degli anziani era una pratica considerata oscena, disonorevole e deprecabile.

Nelle culture tribali la situazione era differente.

Anche se molti popoli tenevano in grande considerazione la saggezza degli anziani, facevano comunque distinzione tra le condizioni fisiche degli anziani. Sebbene alcune culture vedessero nell’uccisione o nell’abbandono di un anziano un evento normale, un fatto della vita inevitabile, relativamente neutro, per altri popoli l’evento era un momento da celebrare, sia per la vittima che per i suoi carnefici.

Culturalmente, pur se dolorosa, l’uccisione di un parente o di un amico era la scelta più giusta per il bene della comunità e dell’anziano.

Tra le antiche popolazioni scandinave, gli Eruli ad esempio, non era raro uccidere un anziano malato pugnalandolo fino alla morte per poi bruciarne il corpo.

In alcune tribù indiane Aché l’omicidio di un anziano inattivo, con o senza il suo consenso, è considerato del tutto naturale, specialmente per le donne. Il professore Kim Hill e la moglie Ana Magdalena Hurtado della università dell’Arizona, riportano l’intervista di un indio Aché che dichiarava di aver ucciso le sue zie spezzando loro schiena e collo e seppellendole ancora vive o colpendole più volte con frecce.

In India, nello stato Tamil, esiste ancora oggi la Thalaikoothal, omicidio degli anziani praticato dai familiari; formalmente è illegale, ma in alcune regioni è socialmente accettabile e talvolta alcuni anziani richiedono esplicitamente di essere uccisi, anche se l’usanza è stata più volte sfruttata per compiere abusi su familiari in età avanzata. Il thalaikoothal prevede un bagno con olio di prima mattina e l’assunzione di bevande fredde a base di latte di cocco per provocare febbre, insufficienza renale e il decesso in uno o due giorni. In altri casi, l’anziano viene forzato a bere latte di vacca e soffocato stringendogli il naso.

In Siberia tra i Ciukci esisteva la consuetudine di essere volontariamente uccisi da un parente quando si diventava anziani inattivi, troppo deboli per essere utili alla comunità. Questa morte veniva accolta con onore dal resto del gruppo: la vittima poggiava la testa sulle ginocchia della moglie, mentre due uomini la strangolavano con una corda.

Nelle Banks Island di Vanuatu e tra i kaulong della Papua Nuova Guinea gli anziani e gli infermi imploravano gli amici di porre fine alle loro vite seppellendoli ancora vivi. In un episodio raccontato da Jane Carter Goodale, antropologa e etnologa docente a Boston e studiosa delle civiltà d’Oceania, un uomo seppellì il fratello malato di una grave influenza sotto un leggero strato di terra; tornò a intervalli regolari, chiedendogli in lacrime se fosse ancora vivo, finché non ebbe il silenzio.

Gli anziani Crow, tribù del Montana (Usa) di ceppo Sioux, si cimentano (come alcuni Yakut siberiani) in imprese impossibili: partire per un viaggio solitario senza alcuna speranza di ritorno. Esemplare la testimonianza di David Lewis, marinaio neozelandese che vide il navigatore Tevake delle Isole Reef (arcipelago australiano di Santa Cruz) dare l’addio a famiglia e amici prima di partire per un viaggio in solitario con destinazione ignota.

Gli Inuit, tribù dell’Artico, pur non essendo dediti per tradizione al sacrificio di un anziano, in caso di scarsità di cibo abbandonavano gli anziani indeboliti, consapevoli che non sarebbero sopravvissuti a lungo (ultimo caso documentato nel 1939).

In alcune tribù degli Aché del Paraguay, l’anziano viene condotto sulla strada dell’uomo bianco e abbandonato; alle donne, viene semplicemente spezzato il collo. In America Latina l’abbandono è un metodo comune nelle società cacciatrici nomadi o seminomadi che praticano il sacrificio. Di seguito un caso testimoniato dall’antropologo Allan Holmberg durante una visita ai Sirionò della Bolivia:

Il gruppo decise di spostarsi in direzione dei Rio Blanco. Mentre tutti facevano i preparativi per il viaggio notai una donna di mezza età che giaceva inerte sulla sua amaca, troppo malata per muoversi o parlare. Il capo mi mandò dal marito della donna, il quale mi disse che l’avrebbero lasciata lì a morire perché era troppo inferma per camminare e sarebbe morta in ogni caso. La partenza fu fissata per il mattino seguente e io restai nei paraggi ad osservare l’evento. Il gruppo al completo si allontanò dal campo senza rivolgere il minimo cenno d’addio alla moribonda. Neppure il marito la degnò di un saluto. Le lasciarono il fuoco acceso, una zucca piena d’acqua, gli oggetti di sua personale proprietà e nient’altro.

 

(consultazione: il mondo fino a ieri - j.diamond; vitantica, 2019 - zonwu; unissresearch, univ.sassari - geronticidio))

 

Inserito il:21/10/2020 18:01:07
Ultimo aggiornamento:21/10/2020 18:08:24
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