Frederick Goodall (Londra, 1822 - 1904) – A Young Girl holding a Lily
Sotto una laida coperta, la pedofilia striscia
di Davide Torrielli
Un paese che affonda le proprie origini in contesti rurali, che discende nel bene ma anche nel male, dalla Magna Grecia dove l’eros tra uomo e bimbo era vissuto in scioltezza, innegabilmente si porta nel Dna alcuni aspetti che fatichiamo a far emergere con forza, complice la presenza di un solido perbenismo e pacatezza cristiani che dal cupolone tende la mano alle campagne del mezzogiorno, laddove ancora oggi l’alfabetizzazione stenta a decollare e alcune pratiche sui minori proseguono nel silenzio assordante di usi e costumi barbari, alla stregua dell’infibulazione, di riti di iniziazione e porcherie annesse.
Il back-ground della nostra cultura purtroppo vede il dover constatare ancora la dicotomia tra un paese che produce cervelli da esportare all’avanguardia nel mondo, e cervelli da asportare in quanto depositari di sinapsi malate, incurabili, deviate e psicotiche coadiuvate da usi tribali ancora oggi in tanti villaggi diventati quartieri degradati, nei quali si prosegue nello svolgere pratiche sui bambini e deboli in generale laddove l’affermazione di una presunta potenza sessuale si esplica e manifesta atraverso la sopraffazione fisica sul debole; la malattia che si sdogana attraverso silenziosi e striscianti fenomeni di omertà, ancora tanto caratterizzante il nostro mezzogiorno ma non solo.
Vero è che il Santo Padre ha dato recentemente impulso nella direzione di una più severa trattazione di questa materia avendo finalmente iniziato il cammino del dover constatare che laddove le pulsioni sessuali, in gran parte maschili, vengono compresse, le stesse poi deflagrano in tutta la sua devastazione sul treno della fiducia che certi prelati detengono da parte dei deboli sui quali poi scatenano una violenza intima, una aggressione amorevole così come una fraterna sodomia.
L’intento del papa venuto da lontano è certamente encomiabile ma dai risultati la da venire, esplicandosi poi nel semplice millenario trasferimento da sud a nord e da nord a sud se non da est a ovest del pedofilo che semplicemente si trova a dover esercitare il proprio schifo in altri posti e con altre culture, per certi versi, magari, pure meglio per lui considerato che mediamente finiscono in paesi in via di sviluppo.
L’esercizio della pedofilia familiare, a ben vedere dai dati, emerge in una statistica impressionante che ci vede tra i primi al mondo, grazie a quella struttura familiare arcaica tipica che ci contraddistingue e che vede nel clan, un assembramento che di certo facilita certe pratiche che sono considerate poi “accettabili” e delle quali è meglio non parlare perché tanto poi, il tempo aggiusta tutto.
Lo zio o l’amico indicato non può aver fatto questo, ti sei certamente sbagliato … hai travisato…
La seduzione che scambia posizione e si sposta dal pedofilo, alla vittima ingenerando un senso di colpa al contrario che lo vede quindi rinchiudersi e serrare le labbra sentendosi colpevole perché forse se lo zio mi ha toccato, sono stata io a sbagliare.
Un impianto legislativo carente, con aspetti penali insufficienti, limitano all’allontanamento coatto il pedofilo, in attesa di capire non so cosa e cose che l’ultimo degli psicologi infantili è in grado di capire in una mezz’ora di analisi. Metri di distanza indicati da un giudice che si limita a pensare che il carnefice starà a 200 o 300 metri dalla casa della vittima, provvedimenti che si rivelano una baggianata e che lasciano invece addosso l’odore della violenza portata dal vento, che la vittima odora prima, durante e dopo. Il sentirselo addosso, fisicamente lascia l’organica sensazione di un peso, davanti o dietro prima, vicino o dietro la porta dopo, mentre qualcuno sta analizzando cosa non si sa.
Mentre tutto questo avviene migliaia di volte, nessuno ne parla, lo segnala perché il nostro encefalo conserva aree di pudore inconsapevole relegando in un puzzolente cassetto, notizie scomode delle quali è meglio che ci pensino altri.
È invece necessario che tutti, dico tutti, si lavori affinchè se ne parli e tanto, con la stessa energia di Ronaldo, del reddito di cittadinanza e quota 100, dei migranti, di starlette, Apple e notizie tecnologiche.
Occorre far emergere la necessità di conoscere, sapere, e discuterne, di impiantare misure moderne verso chi compie atti del genere ai quali va applicata immediatamente la castrazione chimica come misura definitiva, risolutoria, facile immediata e economica, mentre lavoriamo alacremente sul necessario aspetto culturale che però, consentitemelo, richiede troppo tempo durante il quale altri bambini finiranno nelle mani di malati e delinquenti deviati.
Chi è Carone?
Davide Carone è un bravo cantante emergente, dalle qualità canore assolutamente discutibili, ma certamente intelligente, uscito dalla fornace di Maria dalla quale chi esce così, fa strada soldi e carriera.
Questo ragazzotto, nel mese di luglio 2018 ha fatto una canzone, chiamata Caramelle, di una bellezza testuale senza paragoni, dal contenuto forte come un colpo d’ascia nella schiena, che ha proposto alla commissione del Festival di San Remo, ancora quest’anno fortunatamente assegnato a Claudio Baglioni.
Sentendola pesante come un macigno, il Carone ha pensato correttamente di portarla avanti con i Dear Jack, altro tecnicamente mediocre gruppo musicale cotto anch’esso da Maria e servito agli italiani nel contesto dei Talent Show. Questi ragazzi, che certamente non sanno cos’è una biscroma e confondono la chiave di basso con il chiavistello della casa di campagna, hanno però accettato una sfida che non conoscevano e che per ora li vedono perdenti in quanto casualmente “Caramelle”, è stata scartata dalla commissione, composta dai soliti noti, con le solite mani sporche di masturbazione, con gli occhi che segnano bragia, e con una coscienza sviluppata in ville senza specchi. Respinta, e non per motivi di gradimento, di metrica, di strofe e ritornelli mal gestiti, ma perché parla duro di tanti bastardi sporcaccioni dietro a casa, piegati su se stessi a darsi piacere rubando il futuro e l’innocenza dei nostri figli.
Concludo la mia rabbia, con un invito a disertare il Festival di San Remo, stendendo quelle sere, un lenzuolo bianco fuori dalla finestra, colore dell’innocenza rubata agli innocenti che se non siamo in grado di tutelare, hanno il diritto poi di annientarci quando saremo anziani e l’erezione sarà un ricordo.
Un invito a Baglioni, compagno di tanti sogni da ragazzo per merito delle sue strabilianti poesie: fai qualcosa perché la tua più famosa canzone, “avrai”, possa denotare un futuro per chi lo vede scippato da disgraziati che non puniamo.
Per conto mio, proporrò al gruppo nel quale suono, i “tre quarti”, la composizione di un pezzo ancora più forte e violento, più penetrante, aggressivo e senza fiato, che possa accompagnare all’inferno i pedofili e soprattutto, chi non li punisce.