Catello Esposito (Grottammare di Stabia, 1976) – Mala tempora currunt - 2007
Forse non basta l’ottimismo della volontà
di Gianni Di Quattro
Non basta per pensare ad un futuro che veda l’uomo e la sua dignità al centro della politica, ad un futuro dove democrazia, libertà, uguaglianza, serenità e concordia non siano solo parole simboli di vecchie utopie.
Non basta per pensare che il futuro non sarà dominato da furore nazionalistico, dalla limitazione delle libertà individuali e dai pericoli che si corrono in un mondo dove occorre essere grandi non solo per sopravvivere, ma anche per vivere e dove la competizione esasperata mista a forme di razzismo e di odio sociale possono aprire le porte a conseguenze inimmaginabili.
Il secolo passato ha rappresentato una grande illusione perché dopo la fine della seconda guerra mondiale e la fine progressiva dei totalitarismi che tanti morti e distruzioni hanno lasciato come retaggio, l’ultimo quello sovietico certamente molto brutale, si poteva pensare che la democrazia liberale con i suoi valori e i suoi principi potesse trionfare arrecando a tanti uomini, almeno nel continente europeo e in tutto il mondo occidentale, non solo benessere, ma anche libertà e un po’ di uguaglianza.
Su questo ultimo aspetto non ci si poteva illudere molto da parte di coloro che conoscono l’uomo, perché l’uguaglianza non è possibile. Non lo è per motivi umani perché gli uomini non sono uguali e perché una massa cercherà sempre di prevalere su un’altra con o senza scrupoli, con poca o tanta ferocia.
Ma la democrazia liberale ha fallito anche essa e il capitalismo che propugnava è fallito, perché, grazie ai fenomeni della globalizzazione e alla tecnologia, ha creato enormi diseguaglianze, ha aumentato la povertà e soprattutto ha sviluppato grande corruzione e caste di privilegiati con prebende e posizioni economiche assurde se confrontate al loro valore e al loro lavoro, alle possibilità della comunità, a qualunque principio di etica sociale e alle condizioni sempre più misere di tanta gente. Il fallimento della democrazia liberale si accompagna al fallimento del mondo socialista riformista che forse era l’unico che poteva salvarla.
Ha vinto il conservatorismo in tutta Europa che ha cancellato le regole della democrazia liberale, perché le regole ci sono, scritte nelle Costituzioni di tanti paesi. Persino del diritto alla felicità sta scritto in quella americana.
Adesso in Europa liberali e socialisti si aggrappano alle possibili vittorie elettorali prossime di Emmanuel Macron in Francia e di Martin Schulz in Germania, molto difficili comunque, per avere ancora qualche speranza che il continente europeo non sia popolato da regimi autoritari, con economie dirigiste e sviluppo di nazionalismi e autarchie esasperate. La paura sono i conflitti possibili, comunque la miseria, il riportare indietro le lancette del mondo per quanto concerne lo sviluppo dei diritti umani, la tutela dell’ambiente, il rispetto dei diritti personali come la libertà.
Il nostro paese, l’irrilevante Italia come giustamente ha detto qualcuno, ha proprio recentemente confermato le tendenze che si riscontrano a livello globale e continentale. Ha confermato di rifiutare le riforme per la semplificazione delle istituzioni e della burocrazia, per la concentrazione delle attività decisionali e delle conseguenti responsabilità, per avviare una politica del merito, proprio di quel merito cancellato nel 68, l’anno in cui è stato bloccato lo sviluppo del paese, lacerato il sistema formativo e create le premesse per la situazione attuale. Il rifiuto degli italiani al cambiamento, espresso in un recente referendum, il riemergere di forze conservatrici sia a destra che a sinistra, il rafforzamento di forze nazionaliste e populiste che, tra l’altro, propugnano l’autarchia, sono in linea, come dicevamo, con le tendenze non solo continentali.
Infatti, il mondo è un po’ con il fiato sospeso e attende di capire sino a dove Donald Trump intende spingere la sua politica di cancellazione del passato, di revisione di tutti gli accordi internazionali e dello sviluppo di politiche nazionalistiche esasperate che possono pregiudicare tanta parte del mondo e cambiare molte regole del gioco.
Ci vuole coraggio. Per ammettere gli errori commessi che hanno generato mostri, per dire con sincerità qual è la situazione oggi senza menzogne e fantasie a scopo di lucro, per affrontare il futuro. Un futuro che ricalca il passato e che i giovani e quelli che hanno la memoria debole (per scelta o per difetto intellettuale) non possono giustamente conoscere, ma quelli che, purtroppo per loro, hanno l’età avanzata e la memoria funzionante perché allenata, lo capiscono e stanno con il cuore stretto per la paura. La paura della storia è inevitabile in particolare per i giovani ed i vecchi (ormai considerati a tutti gli effetti disabili), così come l’impressione nel vedere tribuni mediocri che fanno propaganda senza capire e senza sapere il male sociale che fanno, ma lo fanno con odio e spregiudicatezza. Mala tempora!