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Vademecum del Perfetto Giornalista Televisivo
Ovvero comunicare secondo i canoni del luogocomunismo.
di Nazzareno Lasagno
Mi rivolgo a te, aspirante giornalista televisivo, per darti sommessamente qualche suggerimento utile a farti fare bella figura, evitandoti fastidiosi affaticamenti cerebrali. Non sforzarti, per avere successo ti basta imparare dai tuoi colleghi affermati.
Ogni giorno i telegiornali sono un triste elenco di decessi.
Perciò se sei chiamato a commentare un funerale e parli del defunto, devi dire con sicurezza che era una persona “solare”, poco importa che fosse un tipo lunatico o taciturno. Puoi aggiungere a piacere che era altruista, e sempre con il sorriso. E anche “Aveva tutta la vita davanti.”
I funerali richiedono attenzione e impegno. Ti suggerisco alcune frasi di sicuro effetto:
“Un silenzio irreale avvolge la chiesa” (anche se fuori sfrecciano motorini e imperversano autoradio a palla, intanto poi un applauso fragoroso coprirà tutto). “Ci lascia una lezione di vita che non dimenticheremo.”E la botta finale: “In un mondo che corre veloce, oggi ci fermiamo a riflettere.”
Inserisci la testimonianza della vicina di casa: “Era una brava persona, non dava mai fastidio”, e qualche intervista a passanti che non hanno niente da dire ma parlano lo stesso. Concludi con una bella metafora filosofica o climatica, del tipo: "un vento di speranza soffia su tutta la comunità”.
Se sei inviato in un luogo turistico, che si tratti della cima del Gran Paradiso o di una spiaggia dell’Adriatico, è d’obbligo “panorama mozzafiato”. Ma puoi anche scegliere tra “paesaggio da cartolina” (quei cartoncini colorati che si usavano prima di WhatsApp), “un angolo di paradiso”, “una perla nascosta” (anche se c'è una discarica a 50 metri).
Per commentare una tragedia (incidente, incendio, nubifragio), devi metterci anima e pathos. Di sicuro effetto “scena agghiacciante”, “inferno di fuoco”, “momenti di panico”. Poi non dimenticare che la tragedia è sempre “annunciata” (anche se nessuno sa da chi). E non scordarti mai la parola “killer” (funziona sempre): “la montagna killer”, “l’autostrada killer”, “le zanzare killer”. Usa questa parola quando vuoi, fa sempre una certa impressione!
Se racconti storie di umanità, colpisci al cuore.
Ricordati, ogni persona che ha fatto qualcosa di normale in circostanze particolari è “un vero eroe”, “un esempio per tutti noi”. Se in qualche servizio ti mancano le parole giuste, butta lì a caso uno di questi aggettivi, sono dei veri jolly:
incredibile – anche se era solo un bambino perso nel supermercato
straziante – basta che si veda una lacrima
commovente – buona per tutte le stagioni
surreale – per qualsiasi evento un tantino strano.
Infine ti consiglio alcuni vocaboli da usare come il prezzemolo, non importa se non sai una cippa del loro significato (anche la maggior parte di quelli che ti ascoltano lo ignora), propinali come l’elisir di Dulcamara:
sostenibilità – è una parola magica, attualmente un vero must
inclusivo – indispensabile, spesso usata da intellettuali che frequentano salotti esclusivi
resilienza – tirala in ballo quando hai a che fare con un caso umano
endorsement – non mettere un sinonimo italiano per farti capire, è troppo banale
narrazione – non riferita alle favole, piace tanto ai politologi
storytelling – abbinata alla precedente è una meraviglia
empowerment – se dici potenziamento o emancipazione sei troppo terra-terra
sinergia – è passata un po’ di moda, lascia stare
leadership – usala quando non hai il coraggio di nominare atteggiamenti autoritari.
Non preoccuparti se tutte queste ti sembrano parole ricorrenti, stereotipate o frasi fatte, non lambiccarti il cervello per trovare espressioni nuove e appropriate: la gente vuol sentire sempre la stessa musica.
E comunque ricorda: andrà tutto bene!