2024: per il Brasile di Lula molti (troppi?) obbiettivi
di Graziano Saibene
Il Brasile, nella persona del suo attuale presidente Lula, avrà per un anno a partire dal prossimo 1 dicembre, la presidenza del G 20; succede all'India di Narendra Modi, che gliel'ha ripassata simbolicamente nel corso dell'ultima riunione del gruppo, a Nuova Delhi, nei giorni 9 e 10 di settembre: responsabilità che si aggiunge a quelle che derivano dal presiedere contemporaneamente anche il Mercosul e la Commissione dei diritti umani al Consiglio dell'ONU
Nel suo discorso di chiusura Lula ha annunciato le tre priorità che intende portare avanti fino alla fine del suo mandato internazionale:
- lotta a fame, povertà e disuguaglianze;
- sviluppo sostenibile, cercando di conciliare e armonizzare le esigenze di ambiente, economia e politiche sociali;
- global governance, che, nella sua visione, attualmente non tiene in alcun conto delle urgenti necessità delle nazioni meno sviluppate.
Su quest'ultimo punto, in particolare, il Brasile difende l'idea che le istituzioni multilaterali di credito, come FMI e Banca Mondiale considerino prioritarie le necessità di investimenti infrastrutturali, studiando nel contempo ogni forma possibile di rinegoziazione dei loro debiti pregressi.
Restano per Lula fondamentali sia interrompere l'attuale paralisi della Organizzazione Mondiale del Commercio così come una riforma radicale del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Quanto al delicato capitolo delle sanzioni alla Russia, - e, in generale, alla guerra in Ucraina - preso atto che il mondo si è incamminato decisamente verso una realtà bipolare, e che il Brasile, coerentemente con gli altri Paesi appartenenti al gruppo dei Brics, non ha votato a favore delle stesse, tutti gli analisti di politica internazionale prevedono che, proprio per essere contemporaneamente anche nel G20, subirà enormi pressioni dai due lati.
E la sua posizione si complica ulteriormente, visto che il Brasile è un Paese democratico e occidentale, anche se il suo governo si contrappone alla “lideranza” americana. Ma non può nemmeno permettersi di ignorare il grande interscambio commerciale che ha, sia con Stati Uniti che con la Cina, cioè proprio i due Paesi leaders dei due blocchi contrapposti.
Anche Rubens Ricupero (ex ambasciatore in Italia e Stati Uniti, e ministro dell'economia ai tempi della illuminata presidenza di Fernando Enrique Cardoso) sostiene che i temi relazionati alle grandi sfide globali – riscaldamento del pianeta, disuguaglianze e debiti dei Paesi più poveri, - insieme alla guerra in Ucraina e alle prossime elezioni americane, condizioneranno - e di fatto limiteranno - i margini di manovra a disposizione della presidenza di Lula negli organismi internazionali, perché già ora generano assai più domande che risposte.
Visto che il consenso diventa ogni giorno più problematico, c'è da aspettarsi che i comunicati finali delle varie riunioni previste nel periodo saranno generici e senza misure efficaci a risolvere i problemi globali.
E' quindi auspicabile che il Brasile accompagni attentamente l'evoluzione di tutti questi temi delicati, mentre lui, Lula, dovrà trovare difficili equilibri e toni adeguati per non far dimenticare nessuno dei grandi problemi che esigono urgenti soluzioni. Soprattutto deve cercare di evitare quel protagonismo personalista eccessivo o quelle attitudini che possano venire interpretate come favorevoli a uno dei blocchi, cosa che di recente è spesso accaduta.
Quanto all'area ambientale, il Brasile ha in questo momento, vantaggi importanti: la matrice energetica è pulita, e, passato il tragico periodo oscurantista della presidenza Bolsonaro, si è ricostruito un buon sistema di controllo sul disboscamento e l'occupazione illegale della foresta amazzonica.
E' quindi un buon momento per assumere questa posizione di lideranza.
Sarà infatti la prima volta che assumerà la presidenza del G20, da quando, in piena crisi finanziaria mondiale (2008), si passò dal nominare non più i ministri dell'Economia ma i mandatari dei Paesi membri.
Essendo noto a tutti il suo gusto per la politica estera, Lula si trova ad avere a disposizione un piatto pieno di opportunità: il G20 è oggi il più importante foro internazionale di discussione sui grandi temi di attualità.
Ma, secondo il parere unanime degli interlocutori del governo brasiliano, la presidenza del G20 comporta un costo piuttosto alto, perché esige efficienza in logistica, organizzazione, infrastruttura, tra gli altri compiti: entro novembre 2024 ci saranno più di cento riunioni tecniche di gruppo in eventi da organizzare in città e capitali di tutte le regioni del Paese. E più di 20 incontri ministeriali prima della fine del periodo di presidenza, oltre alla riunione finale dei leaders a Rio. Mai prima il Brasile aveva affrontato impegni e responsabilità così ampie.
Lula si è portato avanti, e circa due mesi fa ha firmato un decreto, delegando ai ministeri degli Esteri e dell'Economia la cura di preparare i documenti, le tracce delle discussioni sui vari temi, i contatti diplomatici e altre azioni. Saranno così creati più di 20 gruppi di lavoro, oltre agli 11 raggruppamenti impegnati da settori della società civile.
Il G20 non è una organizzazione, ossia non ha segreterie: ciò in qualche misura lascia qualche margine di flessibilizzazione nei dialoghi, così da lasciar spazio a visioni differenti; attualmente è formato dall'Unione Europea e altri 19 membri: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Crea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Italia, Messico, Russia, Sud Africa, Turchia, USA. A partire dalla prossima riunione sarà ammesso come ulteriore membro anche il presidente dell'Unione Africana.
Come si vede, il 2024, sarà per Lula un anno impegnativo, anche sul fronte internazionale. Se poi teniamo conto dei problemi che dovrà cercare di risolvere nel suo Paese, mi appare subito evidente la sua attuale inadeguatezza, soprattutto per i limiti che gli stanno imponendo l'età, la fragilità della sua salute, e la relativa debolezza politica interna e internazionale. E non lo sta aiutando molto nemmeno l'attuale crisi che sta attraversando il sub-continente sudamericano, con tutti i rigurgiti di nostalgie populiste che stanno minando soprattutto i giovani governi di centro sinistra attualmente al potere in Argentina, Cile, Colombia, oltre all'aggravamento della situazione economica in Venezuela, a Cuba e soprattutto in Argentina, la quale ultima potrebbe presto scivolare verso una crisi ben più grave di tutte quelle che ha recentemente attraversato.
Auguri, vecchio Lula, spero di cuore che il 2024 smentisca tutti i miei pessimismi!