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Giovedì 21 novembre ha avuto luogo sulla piattaforma Zoom l'Incontro a tema di Nel Futuro "Cosa succede nel mondo dopo le elezioni americane?" che ha riscosso un notevole successo. Ne pubblichiamo la relazione introduttiva tenuta dal prof. Bruno Lamborghini. Vi indichiamo anche di seguito il link alla registrazione video dell’evento. (Clicca qui). Codice di accesso: %gfboJ9D
Cosa succede nel mondo dopo le elezioni americane?
di Bruno Lamborghini
Il 5 novembre 2024 Trump viene eletto presidente ed il partito repubblicano conquista la maggioranza in entrambe le camere. Trump avvia la lista dei candidati ai vari ministeri, ma soprattutto nomina Elon Musk a responsabile del DOGE (Dep. Of Government Efficiency), un nuovo organo governativo per razionalizzare spese e personale dell’Amministrazione (Dogenet è intitolata anche la rete di bitcoin di Musk). Musk sembra avere una influenza particolare sulle decisioni di Trump, molto più del Vicepresidente Vance.
Ci sono ora due mesi per arrivare al 20 gennaio 2025 e quindi si possono solo porre alcuni interrogativi e qualche congettura su cosa può succedere nel mondo dopo le elezioni americane.
Trump durante la campagna elettorale si è presentato come isolazionista e protezionista, interessato solo al rilancio dell’economia e della società americana, servendosi dello slogan MAGA (Make America Great Again) per un rilancio industriale e attraverso un reshoring delle attività industriali americane all’estero, attuando un rigido controllo delle importazioni via dazi e vincoli e dichiarando la volontà di spendere meno per la Nato, essendo “ora che gli USA smettano di spendere per conto degli europei nella loro difesa”.
Ma siamo sicuri che sia proprio così? Non è pensabile che Trump non voglia fare l’America great again anche nel mondo, come è avvenuto in passato?
Indubbiamente, l’Amministrazione Biden ha fortemente indebolito il ruolo internazionale americano dall’Afghanistan all’Ucraina e soprattutto nell’ultimo anno in Israele, accentuando il declino già avviato da tempo della leadership globale degli USA, una leadership che ha impattato e influito sul mondo nel bene o nel male, a seconda dei giudizi, negli ultimi 80 anni in particolare dopo la fine dell’Unione Sovietica, negli anni 90.
Trump ha confermato il suo obiettivo di attuare forme di protezionismo e isolazionismo economico attraverso pesanti dazi verso la Cina e l’Europa, entrambe fonti di squilibrio della bilancia dei pagamenti USA, ma una efficace politica protezionistica difficilmente potrà attuarsi data l’enorme e diffusa presenza di imprese americane in tutto il mondo e con attività produttive delocalizzate in tanti paesi, in particolare in Cina ed in Asia.
Come potranno proseguire le attività produttive Usa all’estero in presenza di pesanti dazi? O le produzioni dovranno forzatamente rientrare in USA con impatto sui bilanci? Le supply chaines divenute globali lo sono anche per l’industria americana e tanti processi di globalizzazione potranno arrestarsi per volontà di Trump?
Al centro degli scambi internazionali sono gli scambi delle tecnologie elettroniche, delle reti digitali e degli sviluppi A.I., il controllo dei semiconduttori che si suddivide tra USA, Cina e Taiwan, così come il controllo delle materie prime rare principalmente in mano cinese. Crescerà certamente la guerra commerciale tra USA e Cina, ma è pensabile che Trump voglia interrompere un commercio vitale per entrambi USA e Cina?
La Cina assolutamente si basa su libertà di scambi a livello globale e controlla tecnologie strategiche come le risorse chiave delle energie sostenibili dal fotovoltaico alle batterie ed alle auto elettriche/digitali. Anche se appare tendere ad una minore dipendenza dall’export, la Cina rappresenta il maggiore motore del commercio internazionale.
Non solo Trump, ma tutti i cittadini americani considerano la Cina un nemico non solo dal punto di vista commerciale, ma anche per una relativa distanza culturale e civile e quindi Trump sente che deve applicare pesanti dazi verso i prodotti cinesi; come del resto già Biden aveva fatto bloccando l’import di auto elettriche cinesi.
Nel conflitto USA Cina al centro vi sono anche i semiconduttori che rappresentano la principale base della questione su Taiwan. Ma vi è anche il problema delle importazioni di apparati di telecomunicazione cinesi con il blocco di Huawei, ed ora anche il freno a Tik Tok per il controllo dei dati social. Sono questioni aperte che non si risolveranno solo attraverso l’imposizione di dazi.
Musk, il più ascoltato consigliere di Trump (almeno per ora dati i caratteri forti di entrambi) non appare interessato a guerre tariffarie e a blocchi commerciali, in particolare perché danneggiano il suo business. E quindi Musk vuole certamente facilitare l’accessibilità ai mercati internazionali per Tesla e soprattutto per la rete satellitare di Starlink in competizione con le telecomunicazioni di tutto il mondo, ed ha avviato contatti in Italia per accordi bilaterali con il governo Meloni. Anche Trump forse intende minacciare dazi pesanti per l’Europa per poi trattare bilateralmente con i singoli paesi europei.
È in atto da parte del Dipartimento della Giustizia un’azione Antitrust nei confronti di Google per cui si chiede la separazione di alcune sue attività. Come si muoverà Trump, che è interessato al rafforzamento delle aziende USA e Musk, che fa parte del mondo hightech, dirà la sua?
Sull’Europa Trump si è già espresso negativamente nei confronti dell’Unione Europea considerata un organo burocratico e probabilmente punterà ad accordi bilaterali con i singoli paesi con la conseguenza di ulteriormente indebolire l’Unione Europea.
L’annunciato minore contributo militare alla Nato o possibili riduzioni nelle iniziative militari USA nel mondo avranno difficile attuazione data la diffusa presenza militare in Europa e in tutte le parti del mondo (oltre 700 sedi militari USA). Gli Usa sono la maggiore potenza militare mondiale ed hanno anche la maggiore industria bellica mondiale.
Trump ha dichiarato che intende far cessare le due guerre in corso, ma è in grado di bloccare l’invio di armi americane in Ucraina ed a Israele? L’annunciato disimpegno economico e militare USA nella Nato e altrove è compatibile con un maggiore impegno militare europeo? Potranno gli USA ridurre la loro presenza militare nell’Indo Pacifico, non solo relativamente a Taiwan, considerando che il Pacifico è area strategica per gli USA, molto più dell’Atlantico?
La risposta potrà venire da come si muoverà Trump in rapporto con un Pentagono che opera in relativa autonomia e non intende molto probabilmente cambiare quanto sta operando nel Pacifico e non solo in quell’area. La notizia più interessante è che Trump intende nominare un giornalista a capo del Pentagono e se questo avviene si apre uno scenario complesso e poco rassicurante.
Peraltro, al di là degli annunci elettorali, Trump non può non prendere atto che il mondo è profondamente cambiato rispetto alla sua precedente presidenza e sono cresciuti protagonisti che stanno cercando con fatica di acquisire una leadership globale e con questi Trump deve confrontarsi, in primis Putin e Xi Jinping.
Putin ha superato i 1000 giorni di una guerra sanguinosa, cercando di proporsi come il leader di un nuovo ordine mondiale moralmente opposto al decadente Occidente e creando una rete di alleati a cominciare dalla Cina e dall’Iran e l’eventuale successo in Ucraina potrebbe rafforzare la sua ricerca di leadership. In realtà il suo disegno sembra trovare scarsa accoglienza e la Cina, formalmente grande alleata, intende rafforzare una propria leadership non condivisibile con altri e nei confronti della Russia appare molto intenzionata a controllare le sue fonti energetiche e minerali.
Xi Jinping punta ad acquisire una leadership mondiale non basata sulle armi, ma su una globalizzazione e diffusione commerciale guidata, tentando di costruire con i Brics anche nuovi strumenti di finanza e moneta mondiale per sostituire FMI e dollaro USA. Peraltro Xi appare preoccupato, non solo per l’evoluzione della crisi economica interna, ma perché sa che la popolazione cinese sta rapidamente decrescendo e nel corso del secolo la Cina vedrà ridursi il suo ruolo rispetto all’India o ad altri e quindi Xi ha fretta ora di accrescere il suo ruolo economico e tecnologico a livello mondiale puntando anche su un eventuale indebolimento dell’America di Trump.
Per quanto riguarda il rapporto USA con le istituzioni internazionali, Trump si è già espresso negativamente sull’ONU che del resto appare già in una profonda crisi, ma non appare convinto anche di un obsoleto G7, mentre il G20 forse gli appare come un insieme di interessi poco chiari. E quindi Trump forse uscirà da queste istituzioni, ma poi proporrà qualcosa di nuovo?
Che cosa farà anche con l’OCSE, un regolatore internazionale per i 30 paesi industrializzati, un organo creato ai tempi del Piano Marshall e Trump vorrà ridimensionarne o modificarne il ruolo?
In campo finanziario cosa intende fare per il Fondo Monetario internazionale e la Banca Mondiale a guida e sostegno americano? Sono enti che finanziano i paesi indebitati del resto del mondo, oltre i due terzi della popolazione mondiale, tra cui la grande Africa che va verso i tre miliardi, quale sarà la politica di Trump verso queste aree e manterrà o ridurrà i contributi all’FMI?
Sulla crisi ambientale e sulla sostenibilità Trump si è già espresso nella precedente presidenza uscendo dagli accordi di Parigi ed ora ha dichiarato di voler accrescere la produzione USA di petrolio e di gas di fracking aumentando le trivellazioni. Musk da parte sua investe nelle tecnologie green ed è interessato a investire in nuove opportunità tecnologiche legate alla sostenibilità e nuovi rapporti tra terra e spazio e quindi che cosa consiglierà a Trump? In campo internazionale si è registrata in novembre l’assenza USA e di tanti altri paesi alla Cop29 di Baku confermando, non solo da parte USA, un probabile rinvio delle politiche ambientali.
Per l’Ucraina, Trump sembra aver già parlato con Putin chiedendo la cessazione del conflitto e Putin, che ha negato la telefonata, non sembra aver fretta aspettando il 20 gennaio ed anzi ha rafforzato gli attacchi sia sulle città ucraine che nel Kursk con le truppe coreane, estendendosi nel Donbass per presentarsi da possibile vincitore ad un negoziato con Trump. Secondo alcuni Putin sarebbe convinto di poter utilizzare un Trump pacifista a suo vantaggio, ma più probabilmente Putin teme un Trump imprevedibile e forse l’unico che lo può trattare alla pari.
Trump assieme a Musk ha parlato con Zelenski per rassicurarlo sull’ulteriore invio di armi, ma forse ha in mente un armistizio alla coreana da trattare con Putin. Il vero problema riguarda il dopo nel rapporto tra Putin, la Nato e l’Europa.
Per Israele Trump ha espresso un chiaro supporto a Netanyahu per il proseguimento dell’aiuto militare USA ed anche per il completamento dell’azione militare a Gaza ed in Libano. Peraltro, per il Libano si parla ora di una trattativa che potrebbe definirsi prima di gennaio e questo potrebbe convenire a Trump che inizierebbe la sua presidenza avendo definito parte del conflitto, ma forse vuole aspettare di esserne l’autore.
È significativa la nomina ad ambasciatore americano in Israele del pastore evangelico Huckabee, un personaggio fondamentalista fortemente pro Israele, come del resto anche la maggioranza dei nuovi ministri. Ci si può chiedere se tale nomina è in linea con l’obiettivo di arrivare alla soluzione del controllo dello Stato di Israele sull’intero territorio? Ma come potrà avvenire questo e con quali reazioni anche internazionali? e questa strada si inquadra nella conferma degli accordi di Abramo tra Arabi e Israele, concordata da Trump nel suo primo mandato ? E quali saranno i rapporti con l’Iran?
In Europa la riduzione del sostegno USA alla Nato impone ai paesi europei di aumentare i budget per la difesa anche oltre il 2% del PIL. È una strada difficile, ma che potrebbe costringere i paesi europei a unirsi per far fronte comune nella difesa e ad investire nell’industria bellica. Tenendo conto che il ruolo della Nato, anche con la cessazione della guerra in Ucraina, diviene ancora più significativo nei confronti di un Putin che si sentirebbe più forte.
In campo economico, come si è già detto, se Trump applicherà alti dazi sui prodotti europei saranno guai per le imprese europee che sono basate sull’export per il 30% del PIL e di cui è maggiore la parte di export verso USA.
Se invece saranno dazi soft anche per la eventuale spinta di Musk, interessato al business e si svilupperanno accordi bilaterali per singoli paesi a soffrirne di più sarà la dis-Unione europea.
Ma il probabile rafforzamento del dollaro sull’Euro faciliterà l’export europeo ed anche possibili acquisizioni americane di imprese europee e le continue visite in Europa dei grandi gruppi finanziari USA da Blackrock a KKR ne sono in qualche modo conferma.
All’interno degli USA vi sono interrogativi e preoccupazioni sulla crescita dell’inflazione per effetto dei dazi, sui tagli delle tasse con aumento del debito pubblico già oltre il 100% del PIL, sulle crisi sociali per i tagli all’Obama care ed ai bonus sociali, sulla carenza di manodopera già critica conseguente all’annunciata ma complessa “deportazione” di 11 milioni di immigrati irregolari. Vi è poi l’impegno ad una deregolamentazione generale che deve favorire i mercati e contemporaneamente la riduzione della spesa pubblica per l’IRA - Inflation Reduction Act di Biden. Se ne è già parlato e se ne parlerà quando vi saranno chiare decisioni della nuova Amministrazione.
In positivo, occorre concludere che la grande vittoria di Trump, pur aprendo a incertezze e preoccupazioni, ha evitato possibili conflitti e sollevazioni eversive in caso di risultati elettorali incerti, come avvenuto il 6 gennaio 2020 e pure la transizione tra Biden e Trump appare avvenire senza traumi e questo ci fa ben sperare in una America che è sempre riuscita a gestire tutti i cambiamenti.