Eric Schaap (Holland,1939 - Canada) - Follow the Leader
Chi ha paura dei talenti?
di Gianni Di Quattro
Ci sono persone che pensano che la democrazia va tutelata eliminando i leader e quelli che vogliono o possono esserlo, perché sono l’anticamera della dittatura.
In particolare questo tipo di cultura, questo modo di interpretare il modo di vivere e di gestire una comunità è prevalentemente di sinistra. A questa appartenenza politica impregnata di ideologia, fa paura l’uomo solo al comando (per usare una metafora ciclistica famosa) e ritiene che in un paese (e nel nostro in particolare dati i suoi trascorsi) quando un leader prende decisioni, concentra su di sé responsabilità e interviene in tutte le vicende sociali è un uomo solo al comando e di conseguenza, se per caso se ne ha sentore, c’è una situazione da cancellare prima possibile e un uomo da eliminare in tutti i modi purché definitivamente.
Così si può spiegare l’opposizione pregiudiziale che la sinistra italiana ha fatto a Silvio Berlusconi al di là della sua appartenenza ad uno schieramento di destra liberale e al di là di suoi comportamenti personali, e per la verità un po’ folcloristici talora, e così si spiega l’opposizione altrettanto pregiudiziale che la sinistra italiana sta facendo a Matteo Renzi che è un uomo di sinistra anche se di una sinistra riformista e non rivoluzionaria e cioè di classe (per questi ultimi adepti solo questa è la sinistra).
Il problema, in altri termini, non è politico e non è sui programmi, ma è profondamente culturale ed ideologico e proviene da una storia che affonda le radici in una impostazione sociale conseguente al mondo come era alla fine della seconda guerra mondiale e si nutre di scritti e riflessioni relativi a contesti sociali e prospettive del tutto lontane dal momento attuale.
Questa cultura che è contraria e che ha paura del leader significa in sostanza che ha paura del talento, perché solo una persona dotata di talento può diventare leader.
E questo significa inoltre che questa cultura ha trovato linfa vitale e rilancio nelle vicende del 68 italiano, nel movimento elitario della alta borghesia italiana che per difendere il suo potere ha combattuto per la eliminazione del merito nelle scuole e nella vita del nostro paese.
La controprova è che spesso, molto spesso si riscontra la stessa situazione nelle aziende dove prima del 68 si andava alla ricerca del talento e dopo il 68 si cacciava via il talento perché (così spiegavano e spiegano ancora oggi molti capi del personale) rappresenta una turbativa organizzativa tale da non consentire azioni aziendali efficaci e coordinate, in questo supportate (naturalmente) dalle organizzazioni sindacali (per le quali la qualità organizzativa si misura sull’ultimo e mai sui primi).
Tutto questo rappresenta una causa, certamente non l’unica ma una tra le più significative perché culturale, della perdita di competitività del paese e di molte aziende e la perdita di competitività aiuta lo sviluppo della corruzione (la necessità di arrangiarsi e di sopravvivere al di là degli esempi della malavita retaggi del passato e delle strutture criminali create da politiche superficiali e allegre nel dopoguerra), sino ad arrivare al declino che inevitabilmente introduce il degrado morale e la conseguente perdita di valori sociali ed etici.
Se si ha talento dunque è meglio nasconderlo?