Sfascio.
A leggere Repubblica pare di essere giunti ai limiti dello sfascio del sistema politico. Anzi del sistema democratico nei suoi principi.
Ormai la battaglia sui fronti caldi, Legge Elettorale, elezione del Presidente della Repubblica, riforma del Senato assume toni da tragedia.
Ma a guardar bene si scopre che dietro ci sono i soliti interessi personali.
Vediamo. Per la legge elettorale, superato lo scoglio delle preferenze (concesse) del premio di lista (concesso), dei collegi (previsti), del premio di maggioranza, chi vince va al ballottaggio o governa (concesso) si è aperto quello sui capilista. Che vuol dire? Che in ogni collegio occorre indicare una lista di nominativi per le preferenze e che questa lista ha come primo nome un esponente del partito.
Sembra logico che a nominare il capolista sia il partito, cioè la struttura che corre alle elezioni. Pare che alla minoranza non vada bene neppure questo. Ad esempio il partito non può nominare capolista Fassino o Chiamparino a Torino o in Piemonte, perché alla minoranza non va bene. Deve cioè rinunciare a schierare i suoi punti di forza locali, cosa che non è mai successa e che appare almeno strana, per non dire di peggio. Così come Forza Italia non può indicare come capolista Berlusconi o Romani o Toti, coordinatore politico.
E quale è il metodo alternativo? Me ne vengono in mente alcuni. Il primo, l’estrazione a sorte tra tutti coloro che intendono candidarsi (attenzione, c’è un limite al numero!), metodo davvero democratico. Il secondo è il ricorso alle primarie. Ma perbacco, no, dopo il caso Cofferati non si può, non sono libere e democratiche. Il terzo è l’elenco alfabetico, che tende a premiare coloro che hanno cognomi che iniziano con le prime lettere dell’alfabeto, metodo semi democratico ma viziato. Il quarto è la rissa, cioè ogni struttura periferica del partito apre un confronto e una rissa interna per decidere chi debba fare il capolista. Metodo sportivo, vinca il più forte.
Perché tanta tensione su questo tema? Perché gli attuali deputati e senatori, eletti con liste bloccate e cioè nominati da un partito con una maggioranza diversa da quella attuale temono di essere esclusi da questa corsa, cioè di perdere il posto. Non è casuale che sia la minoranza del partito a sostenere queste tesi, indipendentemente dalle decisioni prese a maggioranza.
E allora, se le motivazioni sono queste perché parlare di sfascio della democrazia, di fine di un sistema tanto trasparente, di limitazione alla libertà di scelta, e via di seguito?
Forse qualcuno dimentica che non esistono sistemi elettorali perfetti a prova di corruzione, che con le preferenze si sono spesso eletti i candidati della mafia e della ‘ndrangheta, sui quali si sono coagulati i voti comprati dalle organizzazioni, che si sono eletti i capipopolo che davano mezzo biglietto di banca, l’altra metà dopo le elezioni.
Non viene il sospetto che siano le persone e le organizzazioni sul territorio a manovrare la democrazia e non i sistemi elettorali?
Questi hanno il compito di fare regole serie e trasparenti, chi vince governa, si eleggono alcuni esponenti del partito e si usano le preferenze per gli altri, si evitano inciuci del dopo, cosa troppo frequente nella democrazia italiana.
Non hanno invece il compito di riformare la società italiana e i suoi interessi, ci dovrà pensare la magistratura, come al solito.
Andremo alla resa dei conti, e vedremo cosa succederà. Se deve esserci spaccatura, avrà ragione Repubblica, avrà finalmente trionfato un sano e coerente concetto di democrazia e di libertà di pensiero.