Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Steve Simon (from Sedona, AZ - United States) - Aung San Suu Kyi

 

L’ennesimo colpo di stato in Myanmar (1/2)

di Vincenzo Rampolla

 

Myanmar è il nome imposto alla Birmania dalla giunta militare dopo il primo colpo di stato del 1988; la capitale Rangoon, cambiata in Yangon, fu spostata a Pyinmana, e nel 2006 è stata ufficialmente rinominata Naypyidaw (Sede dei re). Concluse le elezioni di novembre 2020, Min Aung Hlaing (Hlaing) Comandante in Capo dell'esercito del Myanmar, la mattina del 1 febbraio 2021 ha convocato la prima riunione del nuovo Governo insediato con un colpo di stato, covato da tempo dopo la batosta subita dal partito filo-militare USPD (Partito della Solidarieta' e dello Sviluppo per l'Unione). Nel quotidiano della capitale, Hlaing ha annunciato: Una Commissione, nuova, indipendente e imparziale esaminerà i dati di voto per trovare i risultati corretti. L'esercito ha agito in nome di presunte frodi elettorali negate dalla Commissione Elettorale e si terrà un voto equo quando le condizioni saranno giuste. A quel momento passerà il testimone al vincitore.

Dopo l’arresto della leader Aung San Suu Kyi (Suu Kyi), Hlaing ha dichiarato lo stato di emergenza. Ha ripreso un termine birmano usato nel 2016 per designare le forze armate, aveva detto: Il Tatmadaw deve essere presente come ruolo di primo piano nella politica nazionale. E con un quarto dei seggi parlamentari riservati a ufficiali militari non eletti, Hlaing ha abrogato gli emendamenti alla costituzione che fissavano i poteri politici per i militari e ha avviato una forte azione di pulizia nell’apparato burocratico del Paese. Nella veste di Capo Supremo dell'esercito, si è anche riservato il diritto di assumere e esercitare il potere sovrano dello Stato in caso di emergenza. Il problema bengalese era di vecchia data e era rimasto per troppo tempo un lavoro incompiuto, ha detto, usando un termine dispregiativo a proposito dei Rohingya. Secondo la legge sulla cittadinanza della Birmania del 1982, i Rohingya non fanno parte delle 135 etnie riconosciute dallo Stato e non hanno perciò diritto alla cittadinanza birmana. Un anziano diplomatico, anonimo e di stanza a Yangon, ha dichiarato: Hlaing, nel ruolo di Capo dell’Esercito, è stato guidato da interessi personali. Non c'era modo per lui di assumere un ruolo di leadership in questo Governo attraverso i mezzi forniti dalla costituzione. Dieci nuovi ministri si sono insediati nei posti di comando. Tra le nomine di gabinetto spiccano alti funzionari allineati con i militari, mentre altri sono ex ministri nel Governo sostenuto dai militari dell'ex presidente Thein Shein, incluso Win Shein, in precedenza Ministro delle Finanze e della Pianificazione, riconfermato nell’incarico. Un portavoce del Governo ha negato le accuse di crimini di guerra e ha affermato che le azioni dei militari fanno parte del piano nazionale di lotta al terrorismo.

Schernito per la bassa statura, chiamato dai media cinesi il nano dal grande spirito, Hlaing sfoggia occhiali rotondi senza montatura che gli conferiscono più l'aspetto di un funzionario della nomenclatura britannica che di comandante di uno dei più forti eserciti permanenti della regione. Eccentrico, si dà arie di statista e in campagna elettorale ha elargito donazioni ai templi buddisti. Nella sua cerchia, designato papabile per la presidenza, Hlaing era allo scadere di una proroga di 5 anni del suo mandato, abilmente estorta nel 2016, e sarebbe entrato in un pensionamento anticipato. Con la disfatta elettorale di novembre, inchiodato dall'NLD con 24 seggi contro 346 e 322 richiesti per formare il Governo, Hlaing avrebbe dovuto affrontare l'emarginazione dal partito politico USPD dell'esercito e le proteste straniere a suo carico per le azioni contro più di 730.000 musulmani Rohingya messi in fuga in Bangladesh. Con omicidi, stupri, torture, riduzione in schiavitù, violenze contro i bambini e distruzione di interi villaggi Hlaing aveva creato un'emergenza umanitaria e il più grande campo profughi del mondo, salendo a simbolo pubblico dell'oppressione e del potere. Con lui la leadership militare del Myanmar avrebbe dovuto essere processata con l'accusa di crimini contro l'umanità e crimini di guerra presentata dalla Missione d'inchiesta Internazionale indipendente dell'Onu sul Myanmar. Nelle 20 pagine del rapporto dell’ONU dell’agosto 2018, con 875 vittime e testimoni intervistati in Bangladesh e in altri Paesi, si legge: L'azione militare è stata in gran parte sproporzionata rispetto alla realtà delle minacce. Ci sono informazioni sufficienti per perseguire alti funzionari della gerarchia militare affinché un tribunale competente possa determinare la loro responsabilità per il genocidio, chiedendo la sospensione del Comandante in capo dell’esercito Min Aung Hlaing e di altri 5 generali.

Nato nel 1956 nel Myanmar meridionale, Hlaing si è tenuto sempre alla larga dall'attivismo politico in voga all'epoca negli anni '70 in cui era studente di legge all'Università di Yangon. Era un uomo di poche parole e manteneva normalmente un basso profilo, ha ruffianato un compagno di classe a Reuters nel 2016. Phil Robertson di Human Rights Watch, con sede a Bangkok, ha detto: Il colpo è stato forse innescato dall’umiliazione nelle elezioni dei militari vergognosamente spazzati via. Mentre i compagni di corso si univano alle dimostrazioni, lui ogni anno faceva domanda per entrare nella Defense Services Academy, la prima università militare, riuscendo al suo terzo tentativo nel 1974. Un suo compagno di classe lo ha bollato cadetto di medio profilo, sempre teso ad arrancare per la promozione. La sua carriera è decollata dopo l’incarico per le operazioni al confine orientale del Myanmar dove, nel 2008, ha sostenuto una sanguinosa repressione della “rivoluzione dello zafferano”, una protesta guidata dai monaci contro l'aumento dei prezzi del carburante. L’anno dopo, ha guidato una campagna per cacciare ribelli armati da un'enclave del Myanmar orientale violando un cessate il fuoco di 20 anni e portando in Cina circa 37.000 persone. Quel successo, secondo gli osservatori militari, è stato il trampolino per la sua promozione a Capo dell'esercito nel 2011.

Il Myanmar è stato sotto il governo militare dal 1962 al 2011 e Yangon negli anni '80 e 2000 è stata teatro delle proteste che alla fine hanno portato i militari ad accettare una transizione verso la democrazia. Aperta la strada alle elezioni libere, nel 2015 sono state vinte da Suu Kyi, eletta Consigliera di Stato nel 2016, de facto Capo del Governo, mentre i militari sono riusciti a mantenere il controllo. L’attuale Costituzione, approvata nel 2008 con il favore dei generali  al potere, ha comunque consentito alle forze armate di controllare i tre Ministeri chiave di Difesa, Affari Interni e Affari di Frontiera e di nominare un quarto dei deputati del Parlamento e ha conferito al Presidente il potere di dichiarare lo Stato d’emergenza dopo aver consultato il Consiglio di Sicurezza e della Difesa Nazionale (Ndsc), controllato dai vertici militari. Nel 2019 gli Usa avevano imposto sanzioni al Generale e ad altri tre leader militari con diversi casi giudiziari tuttora pendenti in vari tribunali internazionali, compresa la Corte Internazionale di Giustizia.

Lunedì scorso i militari del Paese hanno dichiarato lo stato di emergenza per un anno, accusando irregolarità nelle elezioni dell’8 novembre che hanno conferito la quota dominante dei seggi parlamentari all’NLD, il partito del Nobel Suu Kyi. Lei ha trasferito il potere a Hlaing mentre il Consiglio di Sicurezza Onu si è riunito martedì 2 febbraio, per chiedere il ripristino della democrazia nel Paese, il rispetto dei diritti umani e il rilascio di tutti i prigionieri politici, a cominciare da Suu Kyi, presa in custodia dall’esercito lunedì all’alba. Ignoto il suo luogo ufficiale di detenzione, forse la residenza e in arresto fino al 15 febbraio con l’accusa di violazione di una legge sull’import-export di walkie-talkies, trovati nella sua abitazione di Naypyidaw, reato punibile con 3 anni di carcere. Anche l’ex presidente Win Myint è agli arresti per aver violato la legge sulla gestione delle catastrofi naturali, per aver tenuto un comizio in barba ai divieti in vigore sul Covid-19. Rischia 3 anni di prigione.

Corale la reazione diplomatica all’evento.

Joe Biden ha richiesto ai militari del Myanmar di cedere immediatamente il potere e ha minacciato di rivedere le sanzioni che erano state revocate quando la nazione aveva avviato un processo democratico. Ha affermato: Lavoreremo con i nostri partner in tutta la regione e nel mondo per sostenere il ripristino della democrazia e dello Stato di diritto, nonché per ritenere responsabili gli attori del ribaltamento della transizione democratica birmana. L’armata dei fedelissimi e il codazzo dei neo democratici alla ribalta gli ha fatto eco. Antony Blinken Segretario di Stato americano ha invitato i militari a rilasciare tutti i funzionari governativi e i leader della società civile e a rispettare la volontà del popolo birmano espressa nelle elezioni democratiche. A questi si sono aggiunti Robert Menendez, il democratico del New Jersey Presidente entrante del Comitato per le Relazioni Estere del Senato insieme a Adam Schiff, democratico californiano Presidente del Comitato permanente per l'Intelligence della Camera che ha chiesto sanzioni contro gli alti dirigenti militari responsabili di questo colpo di stato. Mitch McConnell leader repubblicano del Senato ha definito gli arresti orribili e un passo indietro per il Myanmar. Walter Lohmann, direttore dell'Asian Studies Center della Heritage Foundation, think tank conservatore di Washington, ha detto: E taluni diranno che non possiamo essere troppo duri con la Birmania perché darà spazio ai cinesi per consolidare le sue relazioni con loro. La verità è che Pechino con il Myanmar ha già un rapporto che supera di gran lunga quello di Washington. Molti membri del team politico di Biden per l'Asia, incluso il suo capo, Kurt Campbell, hanno lavorato nell'amministrazione di Barack Obama e esaltano il lavoro fatto per chiudere decenni di governo militare in Myanmar come importante risultato della politica estera.  Squallida menzogna per avere comunque lasciato libere le mani di Hlaing per continuare a manovrare la composizione del Governo e i legami con l’esercito senza una condanna.

Da parte sua, la Ministra degli Esteri australiana, Marise Payne, ha dichiarato: Chiediamo ai militari di rispettare lo stato di diritto, di risolvere le controversie attraverso meccanismi legali e di rilasciare immediatamente tutti i leader civili e altri detenuti illegalmente.

Dura condanna anche dell'UE che ha lanciato l'appello all'esercito birmano di rilasciare tutti coloro che sono stati illegalmente detenuti nel Paese, ha scritto in un tweet il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Alle proteste dell'UE si sono associati il Regno Unito e l'India. Dura anche la nota della Farnesina, che ha chiesto l'immediato rilascio di Suu Kyi e di tutti i leader politici arrestati. Anche Antonio Guterres Segretario Generale dell'Onu e l'ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico) ha condannato fermamente il colpo di stato dell'esercito. Più cauta la Cina che ha invitato a salvaguardare la stabilità politica e sociale in Myanmar, senza condannare l’evento, ma bloccando la bozza di risoluzione Onu contro il golpe.

L’abilità di Hlaing è stata di mettere Suu Kyi con le spalle al muro, obbligandola a fare i conti con il reale potere politico. Suu Kyi non ha speso una sola parola di solidarietà per i musulmani Rohingya braccati dall’esercito, massacrati e costretti a fuggire all’estero. Nel miraggio della stabilità politica si è prestata a difendere la pulizia etnica davanti alla Corte Internazionale dell’Aia. Messa in difficoltà di fronte al suo popolo, ha forse prevalso in lei il sentimento nazionalista inducendola a sposare il discorso dell'odio. Ha distrutto documenti e non ha saputo impedire la campagna di atrocità. Il tutto velato da una falsa maschera di eroina combattente pacifista. Nel mondo si sono levate voci che hanno invocato la revoca del Nobel e del Premio Sakarov, premiata per aver esercitato il potere di chi non ha potere. Con la randellata alle elezioni di novembre, i generali hanno deciso di fare piazza pulita del presente, rimpiazzandolo con il loro glorioso passato militare. Anche se osannato dalla maggioranza buddista del Paese, a che serve un Premio Nobel per rendere credibile agli occhi del mondo il loro potere?

(consultazione:     r.delaney - wpost; scmp - global impact newsletter; global new light of myanmar; t.dal passo - news agc communications; Asia Times; start magazine - g.gagliano; agenzia nova; esquire agi - agenzia italia;

corriere della sera – g.santevecchi redazione esteri, luca zanini, silvia morosi; la repubblica; avvenire)

(Continua)

Inserito il:08/02/2021 11:20:38
Ultimo aggiornamento:10/02/2021 19:40:38
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