Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Santiago Lopez Velasquez (Medellin, Colombia, 1996 - ) - Rio de Janeiro

 

Brasile (e Italia): in una tempesta perfetta

di Graziano Saibene

 

Ogni tanto mi sorprendo a immaginare cosa si può provare quando ci si accorge di trovarsi nell'occhio di un ciclone: uno di quelli che capitano spesso a certe latitudini tropicali, capaci di spazzare via tutto, non importa quanto pesanti e saldamente radicate sul terreno siano le cose - alberi, case, automobili - che vengono spostate come fossero prive di peso e spesso distrutte dalla furia degli elementi.

Purtroppo l'occhio del ciclone non resta fisso in un luogo, e quindi non si può contare a lungo sulla relativa tranquillità che si gode trovandocisi, più o meno per caso. Penso che si possa solo sperare che il ciclone perda man mano forza, prima di invadere nei suoi spostamenti anche lo spazio privilegiato al suo centro.

Osservando quello che sta succedendo nel mondo, soprattutto nei due versanti che mi interessano di più, per inglobare quelle che sono diventate con gli anni le mie due patrie, mi pare di poter concludere di trovarmi in presenza di una tempesta perfetta.

In Brasile stanno verificandosi tutte le più nere previsioni dei pessimisti, fra i quali mio malgrado sono stato trascinato, un po' per ragioni di età, ma molto anche per le circostanze assai poco favorevoli create dai “responsabili” che si sono succeduti nelle ultime fasi della sua storia politica più recente:

  • cioè a partire dal secondo mandato di Lula (che è in carcere);
  • che ha imposto la disastrosa Dilma Roussef;
  • che si è fatta cacciare via impeachment, e sostituire dal suo vice Temer, accusato ora di essere a capo di una organizzazione criminale: anche lui incarcerato e liberato, con molti processi a suo carico già in corso;
  • per arrivare infine al nuovo presidente eletto, che si sta dimostrando, ogni giorno di più, assolutamente inadeguato al ruolo.

Tutte le critiche negative, che avevo accennato su Jair Bolsonaro nelle mie cronache più recenti, si stanno rivelando persino troppo bonarie.

E se finora la maggioranza del Paese gli aveva concesso il beneficio d'inventario, pazientando in attesa di qualche miglioramento, lui, il Presidente, sta facendo di tutto per peggiorare persino la sua precocemente logorata immagine, con atteggiamenti e dichiarazioni inspiegabilmente autolesive, quasi a voler dimostrare, come ho già detto, la sua più completa inadeguatezza al ruolo fortemente voluto e conquistato coi voti nell'ultima tornata elettorale.

Anche di fronte alle prime vere manifestazioni di piazza, come quelle degli studenti e dei professori che hanno invaso pochi giorni fa i centri di tutte le maggiori città brasiliane, per protestare sul taglio dei finanziamenti destinati al Ministero dell'Educazione e della Cultura, ha saputo solo dire che si trattava di “idioti manipolati da gente di sinistra”. Contribuendo ad aumentare la polarizzazione tra i cittadini, e a incrementare il numero delle persone che dichiarano pubblicamente di vergognarsi di essere rappresentate da un simile presidente, considerando pure la pessima immagine che il Brasile sta inevitabilmente proiettando sul resto del mondo.

C'è da dire che Bolsonaro, ad ogni scivolata sulle bucce di banana - che quasi sempre pare lanci lui stesso davanti ai suoi piedi - cerca di rialzarsi, con dichiarazioni del tutto opposte, mostrando pentimenti poco credibili, o qualche “excusatio non petita”, ottenendo effetti contrari a quelli voluti.

(O forse no: l'obbiettivo di certi populisti è proprio quello di continuamente stimolare i mezzi di comunicazione, perché non smettano di raccontarli, non importa se nel bene o nel male!)

Cito solo gli ultimi esempi, che probabilmente non sono nemmeno arrivati al di là dell'oceano.

Il Brasile era stato scelto come sede del prossimo grande evento sul clima, organizzato dall'ONU, (Cop25, in programma per il 2019).

Appena eletto Presidente, e soprattutto in occasione della scelta di Ernesto Araujo come ministro degli esteri, e di Ricardo Salles ai beni ambientali, Bolsonaro e il suo entourage hanno cominciato a bombardare di fake news tutto ciò che si riferiva agli accordi di Parigi sul clima, contestando gli impegni presi dal Brasile in tale occasione.

Coerentemente con tali dichiarazioni, e soprattutto per dimostrare ancora di più il proprio atteggiamento supino verso il nuovo – a suo dire - “grande amico” Trump, il governo appena insediato ha comunicato all'ONU di rinunciare a organizzare l'evento, che è stato perciò trasferito in Cile, annullando anche la conferenza preparatoria prevista a Salvador il mese prossimo, con la scusa che sarebbe servita solo per far assaggiare ai numerosi delegati ONU e di tutti i Paesi partecipanti l'acarajé, (piatto tipico della culinaria afro-brasiliana).

Salvo poi a tornare precipitosamente su questa decisione, soprattutto a seguito della veemente protesta dei cittadini di Salvador, capitanati dal loro sindaco ACM Neto, dotato di significativo peso politico.

Il suo atteggiamento troppo spesso ondivago si sta pericolosamente evidenziando quasi ogni giorno anche nel modo di approcciare gli altri poteri costituzionalmente ben definiti, soprattutto quello legislativo.

Fin dalla sua vincente campagna elettorale, ha sempre voluto sottolineare che non avrebbe mai più “negoziato” con il Congresso (Camera e Senato), usando la politica del “do ut des”, ( “toma lá, dá cá” in idioma locale, prendi là, dammi qua) cioè distribuendo incarichi e/o favori in cambio dell'approvazione dei suoi decreti, o delle riforme da attuare.

Salvo poi accorgersi, che così facendo, si è visto sistematicamente bloccare un gran numero di progetti, riuscendo a far passare (ma solo in via provvisoria, cioè fino alla decadenza dei vari decreti, che devono comunque poi essere approvati dalle due Camere), solo quelli che potevano contare sull'appoggio trasversale delle varie corporazioni presenti fra deputati e senatori: cioè gli eletti dalle chiese evangeliche, i rappresentanti degli agro-pecuaristi, o quelli finanziati dagli industriali delle armi, solo per citarne alcuni.

Quando però è stata la volta della riforma più importante ed urgente per la salute finanziaria futura del Brasile, cioè quella che deve ridisegnare completamente il sistema previdenziario, il suo governo si è subito scontrato con la rivolta del Congresso, attuata boicottando i vari passaggi del Disegno di Legge del poderoso ministro economico Paulo Guedes nelle Commissioni, fino a decidere a grande maggioranza di preparare un sostitutivo vero e proprio di tale progetto di riforma.

E così il Presidente comincia a rendersi conto che il suo potere è molto limitato, anzi “troppo”, almeno nella sua ottica populista.

La sua frustrazione lo ha convinto a indire in tutto il Paese una manifestazione che dimostri che il popolo sta chiaramente dalla sua parte.

Penso che sia decisamente presto – sono passati solo cinque mesi dall'insediamento di questo governo – e c'è anche il rischio che la cosa diventi un vero e proprio boomerang, come era già capitato al Presidente Collor, tanto osannato al momento dell'elezione, che di fronte alle prime contestazioni aveva convocato i cittadini ad una discesa in strada collettiva, con i colori della bandiera brasiliana. E invece sono scesi tutti vestiti di nero! E ben presto è stato cacciato a furor di popolo per manifesta corruzione.

Ed è andata assai male anche a Janio Quadros, all'inizio degli anni '60: c'era un'altra Costituzione, aveva anche lui cercato di imporsi al Congresso, ma quando si è reso conto della sua relativa impotenza, ha preferito rinunciare, aprendo la porte alla successiva convulsione istituzionale, che portò presto il Brasile nelle braccia della disastrosa e cruenta dittatura militare.

Ma Bolsonaro non è il tipo di persona che studia la Storia.

Forse sarebbe bastato meditare sulla Costituzione del 1988, che pure ha giurato di rispettare. Lui preferisce farsi consigliare dai suoi “guru”, che hanno avuto l'innegabile merito di guidare la strategia vincente alle elezioni, ma che poi lo hanno portato spesso verso scelte assai criticabili se non addirittura azzardate. Guarda caso, l'ultima trovata è stata quella di voler istituzionalizzare la commemorazione della data in cui è cominciata proprio la dittatura militare di cui sopra, nelle caserme e nei ministeri!

E così il Paese, che sta affrontando una situazione a dir poco drammatica in quasi tutti gli aspetti che contano (disoccupazione, sistema sanitario, infrastrutture e trasporti, educazione e cultura, preservazione ambientale, disequilibrio fiscale, ecc), continua ad affondare sempre più velocemente, verso quel precipizio cui avevo già accennato in una delle mie cronache dell'anno scorso, quando però speravo ancora che non ne oltrepassasse tanto presto il fatidico orlo.

E, come se non bastasse, non è che il resto del mondo stia passando per una fase positiva, almeno per ciò che riguarda i riflessi sulla situazione economica del Brasile. Anzi: la Cina, grande acquirente delle commodities brasiliane, sta cominciando a risentire della guerra che le sta facendo l'America di Trump; che sa solo contrapporre muri e disinteresse verso Centro e Sud-America (ma non era suo amico?). Anche l'Europa ha i suoi problemi. La Russia di Putin si è già fin troppo inguaiata con il Venezuela e con Cuba. E per finire, l'Argentina, che è sempre stato un ottimo partner commerciale, non ha più soldi, e prima che riesca ad uscire da questa nuova terribile crisi passerà un'eternità.

Sull'altro versante che mi interessa da vicino, si stanno addensando cumuli di nuvole nere: l'Italia si presenta del tutto impreparata ad affrontare le sfide scatenate dalle recenti evoluzioni del mondo.

Le elezioni per il rinnovo dei nostri rappresentanti al Consiglio della UE peggioreranno, assai probabilmente, le condizioni di isolamento del Paese, già in atto in conseguenza delle scelte e degli atteggiamenti scellerati del suo attuale governo.

Le oramai facilmente pronosticabili conseguenze sul piano della qualità di vita a tutti i livelli, sono appunto l'altro estremo della tempesta perfetta che mi riguarda da vicino.

Purtroppo, in questo momento, non sono così sicuro di trovarmi nell'occhio del ciclone, o per lo meno di poter approfittare ancora per qualche tempo della sua relativa tranquillità.

 

Inserito il:24/05/2019 19:23:31
Ultimo aggiornamento:24/05/2019 19:31:15
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