Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Dave Mahan (Boston, Contemporaneo) - Dementia

 

Demenza senile da preferenze

di Tito Giraudo

 

Che la nostra politica soffra di paranoia mi pare assodato. Per quanto riguarda il tema delle preferenze nel sistema elettorale, si sta superando ogni limite. Non mi riferisco ai Grillini che vivono nell’assoluta ignoranza di ciò che è avvenuto in politica prima della loro fondazione, ma a tutti coloro che nell’abolizione delle preferenze vedono un attentato alla democrazia.

Per motivare quanto sto per esprimere, vorrei fare un passo indietro aprendo il cassetto dei ricordi.

Militavo nel PSI di Ivrea dove ero pure nella commissione interna della Olivetti. Nel 1964 dopo la scissione dello PSIUP, mi chiesero di lasciare la fabbrica per fare il funzionario sindacale alla FIOM CGIL di Torino. Naturalmente ero più interessato alla politica che non al sindacalismo e quindi feci una vita di Partito intensa. Ero un baldo ventenne perciò decisero di farmi dirigere la federazione giovanile del Partito, con questo ruolo divenni un dirigente provinciale, ruolo che ho esercitato per un decennio.

Nel PSI torinese, quasi tutti i dirigenti venivano dalle fila della Resistenza. La sinistra socialista (i carristi) aveva dominato per anni la Federazione, dopo la scissione restarono nel partito gli autonomisti nenniani di cui anche il sottoscritto faceva parte. Indubbiamente era un Partito fatto di brave persone anche se schiacciato dal PCI egemone nella classe operaia e dalla DC che governava Torino, il Piemonte e tutto il Paese.

Il sistema elettorale in vigore a quei tempi contemplava le preferenze, per la verità poco usate dagli elettori, capolista era sempre un grande dirigente nazionale poi, c’era una testa di lista e infine tutti gli altri in ordine alfabetico. Essere parlamentare era un grande onore e quindi si cercava di far eleggere le personalità di spicco che unissero, alla specchiata onestà doti intellettuali di primordine, almeno questo valeva per noi torinesi. Quell’anno candidammo e facemmo eleggere Carletto Mussa Ivaldi, un grande chimico (fu a un passo dal Nobel). Un onest’uomo un po’ spaesato anche in quel panorama politico ancora naif. Fu la prima e ultima campagna elettorale cui assistetti, dove le preferenze non ebbero alcun peso rispetto alle legittime e sagge decisioni prese negli organismi dirigenti.

Il partito cambiò radicalmente dopo il suo ingresso al Governo di Centro Sinistra. Sull’onda dell’ingresso nella “stanza dei bottoni”, soprattutto dopo la riunificazione socialista. I Socialdemocratici torinesi erano un partitino poco radicato nella società ma di tipo clientelare, per di più clientelare con riferimento etnico. Erano gli anni quelli della grande immigrazione vissuta male dai torinesi e, ancora peggio dagli immigrati, naturalmente. Due mondi che stentavano a capirsi. Gli immigrati furono ghettizzati, prima nell’allora fatiscente centro storico e poi nei casermoni in periferia progettati da quei geni di architetti progressisti. Tutto ciò fu di sprone ad organizzarsi politicamente con forme di padrinato. Calabresi, pugliesi e lucani, avvezzi per lunga tradizione al clientelismo, furono ingaggiati principalmente dalla DC ma anche dal PSD che appunto li portò in dote a quel piemontesissimo PSI torinese.

Da quel momento, le preferenze furono determinanti, così come i voti congressuali poiché era il congresso provinciale che eleggeva i dirigenti e questi decidevano le liste. L’unità autonomista durò poco. Il Partito si divise tra nenniani e lombardiani, poi vennero i giolittiani e i manciniani. Le truppe cammellate arrivavano ai congressi per votare una mozione senza nemmeno sapere quale era il leader nazionale di riferimento, oppure le linee politiche che dividevano anche aspramente il Partito. La vera deideologizzazione era iniziata, sempre più importanti divennero i capibastone, Mussa Ivaldi non poteva competere con i signori delle tessere e delle preferenze. Questa macchina infernale richiedeva mezzi, inutile dire come venivano procurati.

Dopo mani pulite, tutti sappiamo come la politica ai massimi livelli si finanziasse. Il PSI non poteva competere con anni di sottogoverno democristiano e finanziamenti sovietici comunisti. Cercò di mettersi in pari nel periodo craxiano, come onestamente riconobbe Craxi. Quello però che screditò maggiormente il PSI, fu la mangiatoia generalizzata che a differenza di quello che può pensare la gente non era tanto finalizzata alla bella vita ma per mantenere quell’infernale macchina clientelare.

C’entravano le preferenze? Certo, furono determinanti.

I comunisti, i cui smorti eredi di questi giorni, urlano per il presunto attentato alla sovranità popolare, a quei tempi denunciavano le degenerazioni elettoralistiche socialiste. Loro, erano immuni. Delle preferenze potevano fregarsene, le loro liste erano preparate a livello di vertice con molta cura: il dirigente locale, il professore, il sindacalista, l’operaio e via proseguendo in ordine di importanza. Gli attivisti nelle sezioni organizzavano le preferenze come fosse il gioco del lotto, la base era coesa e disciplinata alla faccia della volontà popolare.

La corruzione presunta, colpì i Socialisti più per le ruberie locali che per quelle nazionali dove non erano certamente soli. I comunisti, proprio perché immuni da clientele, causa centralismo democratico (si fa per dire), poterono vantare con Berlinguer una presunta diversità proprio per questa differenza sostanziale che doveva crollare quando anche il PCI e i suoi eredi “dopo muro” cambiarono pelle.

In questi giorni che si discute il “Rosatellum”, Grillini e sinistri vari invece di preoccuparsi che anche questo sistema non riuscirà a dare governabilità al paese, urlano alla luna per consentire (dicono loro) ai cittadini di scegliersi i parlamentari. Ma anche con le preferenze le liste come vengono congegnate, e da chi? Forse i Grillini consentono l’ingresso nelle liste ai non allineati? E nei cespugli di sinistra dove la scissione bersaniana ha avuto come principale scopo di difendere legittime posizioni elettorali dal rottamatore, non blinderanno gli sparuti seggi a disposizione?

La grande ipocrisia sta andando in onda, sempre appoggiata dalle schiere pennivendole e televisive moraleggianti.

Un’epidemia di demenza senile.

 

Inserito il:25/10/2017 22:45:40
Ultimo aggiornamento:25/10/2017 22:51:05
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