Onofrio Palumbo (1606 ca-1656 ca) – Ritratto presunto di Masaniello (attribuito)
Esiste un populismo di destra e di sinistra?
di Gianni Di Quattro
Ormai è da alcuni anni che si parla di populismo intendendo con questo termine la corrente di pensiero e l’atteggiamento pubblico di quei partiti o movimenti popolari nuovi nati o vecchi rivisitati strategicamente che hanno fatto della lotta ai poteri costituiti, alla classe politica il loro cavallo di battaglia. Perché attribuiscono, e non a torto, all’attuale classe dirigente il degrado, il declino, la crisi insomma in cui molti paesi si trovano. Una classe dirigente che non ha fatto gli interessi del popolo e che ha arraffato per sé e per i propri amici, si è fatta ripetutamente corrompere, ha chiuso gli occhi deliberatamente sulle malefatte dei poteri forti del paese a partire dal mondo finanziario e bancario.
Naturalmente questi movimenti in tutti i paesi in cui si sono sviluppati, si sono connotati con la violenza con la quale chiedevano l’allontanamento dei dirigenti politici attuali e presentavano un programma per ridare al popolo maggiore potere e per fare esercitare questo potere da comuni cittadini, il tutto al grido di onestà. In altri termini movimenti che mettevano prima dei programmi, i valori e che hanno riscontrato immediatamente grande successo. In Spagna, in Francia, in Italia. In Gran Bretagna Brexit è stato il risultato di una corrente populista che ha scavalcato i partiti tradizionali e che accusava la classe politica europea in questo caso. La stessa elezione sorprendente e inattesa di Donald Trump in USA è avvenuta sulla scia di un populismo che ha attraversato il paese e che lui ha cavalcato al di là della etichetta formale che ha usato per motivi burocratico istituzionali. E la stessa cosa si sta estendendo a macchia di olio ovunque nelle forme più diverse ma con la stessa sostanza.
Un movimento globale che si scambia idee e iniziative e si fa forza per il fatto di non essere solitario e tutto ciò anche in modo non organizzato, ma spontaneo. Il populismo insomma è la vera rivoluzione di questo inizio di secolo, che contribuirà in modo importante al cambiamento della geografia politica internazionale e che in ogni paese introdurrà nuova classe dirigente, cancellerà i vecchi equilibri tra i poteri e scavalcherà le definizioni del secolo scorso per intendere gli aggregati sociali. Infatti, il populismo non può essere definito di destra o di sinistra, il populismo è la rivoluzione della gente e non ha più riferimenti passati, né organizzativi e né ideologici.
Naturalmente si stanno configurando diverse forme di populismo ed è questa distinzione che scavalca quella ideologica di destra e sinistra.
In primo luogo esiste un populismo senza programmi e senza obiettivi se non quelli di eliminare la classe dirigente e poi vedere che fare, senza la capacità di richiamare nelle proprie file competenze e professionalità in grado di mandare avanti la gestione della cosa pubblica a causa della struttura di questi movimenti antidemocratici, senza dibattito e senza cultura politica, un populismo straccione per connotarlo. E poi esiste anche un populismo più consapevole e colto, costituito da professionalità indiscusse che guidano il movimento in modo democratico e che, in definitiva, rappresentano il futuro.
In tutti i paesi è nato prima un solo movimento populista che ora e nei prossimi mesi tenderà a spaccarsi in questi due tipi di populismo. Di conseguenza quello straccione raccoglierà partitini e gruppi senza alcun obiettivo e senza volere rappresentare un processo democratico, mentre quello che possiamo chiamare professionale o illuminato potrà crescere e richiamando anche appartenenze da altri partiti tradizionali di destra o di sinistra e che però capiscono di partecipare ad un grande processo riformista e di liberalizzazione del brutto secolo passato.
In definitiva, il populismo, quello che si può definire illuminato, rappresenta la rivoluzione pacifica o quasi del ceto medio, il rifiuto della globalizzazione nel modo come sinora è stata applicata, la spinta al rinnovamento della classe politica, il tentativo di riequilibrio non solo economico e morale della costruzione sociale che da Ronald Reagan in poi ha dominato il mondo e lo ha profondamente degradato.