Aggiornato al 21/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Alex Lilly (Contemporaneo - Portland, Oregon) – Aleppo, Syria

 

Medio Oriente, un nuovo sviluppo al posto delle guerre?

di Bruno Lamborghini

 

La Nota Diplomatica di James Hansen a dicembre, sulla situazione di crisi dei paesi del Medio Oriente, evidenzia il quadro preoccupante che vede i due paesi leader, Arabia Saudita e Iran, rispettivamente alla guida dell’area sunnita e dell’area sciita, in progressiva crisi economica, determinata per l’Arabia Saudita dal crollo del prezzo del petrolio, ma anche per il costo del sostegno a guerriglie locali, come in Yemen, e per l’Iran, una crisi determinata dall’embargo, interrotto solo ora per quanto riguarda l’Europa, ma tuttora in atto da parte USA, con possibile peggioramento dei rapporti da parte della Amministrazione Trump, ma anche crisi dovuta al costo del sostegno militare nei conflitti in Iraq e Siria.

Se le intese, ormai esplicite, tra Trump e Putin stanno spingendo verso un aumento del prezzo del greggio, appare poco probabile un ritorno a 80 $ al barile, livello in grado di consentire all’Arabia Saudita, secondo stime, di coprire i suoi costi di produzione e quindi con rischio di ulteriore crisi.

Tutte le valute del Medio Oriente hanno subito nel 2016 pesanti svalutazioni, con gravi conseguenze economico-sociali, a cominciare dall’Egitto e dalla Turchia, per non parlare poi dei paesi in perenne conflitto, Iraq, Siria, Yemen, Libia.

L’intera area risente pesantemente dei costi e delle gravissime perdite determinate dalle guerre e guerriglie in atto ormai da decenni ed aggravatesi negli ultimi anni con distruzione di intere città, vedi Aleppo, di risorse produttive e centinaia di migliaia di morti.

Se non si riesce ad interrompere questa spirale distruttiva, nell’intera area medio-orientale non possono che peggiorare gravi crisi economiche e instabilità politica, con effetti anche  sull’Europa, in specie per i paesi europei affacciati sul Mediterraneo, come Italia e Francia, in termini di nuovi flussi migratori da parte di chi è costretto a fuggire dalle guerre e di possibile ripresa dell’esportazione di terrorismo, in specie se l’ISIS sarà ridimensionato nei suoi territori. 

Il rischio per l’Europa riguarda anche il blocco definitivo delle esportazioni verso l’intera area mediorientale e la limitazione di attività per imprese europee operanti in quei territori, eventi che già sono in atto.

Le difficoltà determinate dall’allargarsi della crisi economica, in specie nei due paesi leader, Iran e Arabia Saudita ed anche in Turchia, potranno forse determinare tagli al finanziamento militare e invio di armi alle fazioni in guerriglia, anche se la potente industria delle armi USA e quella di altri paesi cercheranno di continuare ad esportare armi via Sauditi e altri canali, favorendo il  proseguimento dei conflitti.

Il Medio Oriente è oggi crescente baricentro di instabilità mondiale, che va oltre lo storico ed irrisolto dilemma israelo-palestinese. Ci sono dunque poche speranze di porre termine a questa drammatica fase di conflittualità distruttiva (il caso di Aleppo è di evidenza emblematica)?

Su Macrotrends del numero di dicembre di Harvard Business Review Italia, un grande esperto di Medio Oriente, l’ambasciatore Armando Sanguini ha espresso considerazioni importanti circa un futuro possibile. Egli ritiene che, “pur in costanza di un confronto destinato a proseguire, le dirigenze dei due paesi, Arabia Saudita e Iran, anche quelle più radicali, non siano inclini ad ulteriori escalation e siano piuttosto attente a non  portarle oltre una soglia suscettibile di pregiudicare i loro vitali interessi di crescita e sviluppo… Interessi che per l’Iran sono imperniati in un massiccio investimento dalle ricadute positive -  politiche, ma anche economico-sociali - della riconquista della piena cittadinanza internazionale che questo paese di 80 milioni di persone, attende da tempo; per l’Arabia Saudita, imperniato nell’ambizioso scenario riconducibile alla “Saudi Vision 2030”, lo strategico programma di diversificazione economica finalizzato all’affrancamento dal petrolio e di apertura dei suoi forzieri finanziari che tanto interesse stanno già suscitando sulla scena internazionale”.

Possiamo sperare che da un lato la necessità di interrompere l’aggravarsi delle crisi economiche, ma soprattutto la volontà, possibilmente autonoma da parte di Arabia Saudita e Iran ed auspicabilmente senza posizioni dominanti da parte delle due potenze coinvolte, Russia e USA, di porre in atto nuovi obiettivi di sviluppo dell’area, possano portare a porre fine (o almeno ridurne le conseguenze) a questa drammatica e autodistruttiva conflittualità?      

Inserito il:20/12/2016 08:54:59
Ultimo aggiornamento:20/12/2016 09:08:22
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