Jonathan Chapman (Winchester, Hampshire, United Kingdom) – Rio de Janeiro
Qui in Brasile è il passato che è incerto ....
di Graziano Saibene
Eccomi di nuovo a Rio. La mia sensazione è che il Brasile sia ulteriormente arretrato, rispetto a come l'avevo lasciato 8 mesi fa. Sembrava assai difficile, per un governo che si era rivelato pessimo, riuscire a peggiorare, eppure questo di Bolsonaro ci è riuscito alla grande.
Cominciamo da Davos: il Forum ha i suoi estimatori e detrattori, ciascuno con molte ragioni. Ma continua ad essere una vetrina importante per valutare sia i nuovi che i vecchi governanti, i quali approfittano dell'occasione e dei fari puntati per diffondere idee, mete e obbiettivi. E, qualche volta, anche per difenderli dalle critiche dei cosiddetti osservatori internazionali.
Anche quest'anno il Brasile è stato una grande delusione per tutti.
La “cupola” finanziaria che lassù si è riunita in quella settimana ha dato un messaggio chiarissimo che la direzione è ora bruscamente cambiata, e che il danaro sarà preferibilmente elargito agli investimenti ed ai Paesi che dimostreranno impegno “vero” nel combattere le cause dei mutamenti climatici. Bolsonaro – viste le assurdità dette o combinate sul tema - non si è fatto saggiamente vedere, ma i suoi rappresentanti, tra cui il titolare del potentissimo ministero economico Paulo Guedes (che pure qualche buon risultato era riuscito a raggiungerlo, con la riforma del sistema pensionistico) vi hanno partecipato visibilmente impreparati. E, come se non bastasse, negli stessi giorni, qui in Brasile, il Presidente si è esibito in una dichiarazione sugli indios, che farebbe arrossire di vergogna persino il più becero dei razzisti e dei primatisti bianchi.
Chi conosce la storia di questo Paese, sa dei tanti errori commessi dai colonizzatori nei confronti dei popoli originali.
Durante l'ultima dittatura, il governo ha seguito l'orientamento che bisognava “integrare”, forzare il contatto, trasformarli in soldati, e in abitanti di aree prossime alle città. Queste ed altre assurdità hanno solo provocato morti e distruzioni culturali delle varie etnie ancora presenti.
Terminata la dittatura, il Paese finalmente riuscì a formulare una politica indigenista di rispetto alle profonde differenze fra i vari popoli, sia nelle fasi di contatto con i non indigeni, che nei rituali delle loro culture. Si stabilì di non forzare mai più l'incontro con quelli che preferivano isolarsi - se non per proteggerli - e si intensificò lo sforzo per demarcare le loro terre. Rimase scritto nella nuova Costituzione del 1988, che “la terra è dello Stato, ma in essa gli indios vivono”.
I popoli indigeni che sono in Amazzonia, sono parte importante della struttura di protezione delle foreste, come si può verificare attraverso le immagini satellitari, o visitandone i villaggi.
Ebbene il Presidente Bolsonaro è riuscito a condensare in una sola frase tutta la carica di preconcetto che ha in relazione agli indigeni: “ L'indio si sta evolvendo, e sempre più è un essere umano uguale a noi ”.
Frase che non ha ovviamente bisogno di commenti, anche se questa stessa idea di “sub-umanità” degli indios, è contenuta in altre dichiarazioni pubbliche del presidente. Ma non solo rivela preconcetti e ignoranza dell'argomento: tutta la sua orientazione politica tende a ripetere i vecchi e tragici errori del passato.
Meno male che intorno a lui ci sono anche personaggi importanti che hanno recepito i messaggi di Davos. Il presidente della Banca Centrale Brasiliana, Roberto Campos Neto ha dichiarato che “il tema ambientale condizionerà il flusso finanziario”. Proprio quello che ha voluto far capire Christine Lagarde, la nuova presidente della BCE, subito replicata e condivisa da pressoché tutti i grandi gestori di fondi, e da personaggi ed entità comunque influenti nella finanza internazionale, come George Soros o la Goldman Sachs.
Il Brasile possiede il 60% della maggiore foresta tropicale, la parte più significativa del più grande bacino idrografico, e 300 popoli indigeni.
Avrebbe potuto partecipare al Forum con tutta l'esperienza maturata sul tema negli ultimi anni.
Ma il governo attuale ne ha immiserito la partecipazione, anzi, col suo discorso ultrapassato, pone in rischio la sua inserzione nel mondo che conta.
Visto che anche questo mio report è oramai improntato a denigrare gli attuali governanti, procedo con un'altra cronaca di quanto sta succedendo nella compagine ministeriale dell'ineffabile presidente Bolsonaro.
Recentemente il ministero più tormentato e soggetto a crisi è stato quello della Educazione, con la segreteria dedicata alla Cultura.
Dato il risultato delle elezioni più recenti (quelle della fine del 2018, che hanno determinato la fine dei governi progressisti e di sinistra) c'era da aspettarsi il cambiamento radicale delle ideologie che avrebbero ispirato i nuovi responsabili di questi delicati dicasteri. Logico e assolutamente lecito in ogni democrazia. La realtà ha di gran lunga superato le aspettative.
Il grande ispiratore di Bolsonaro, considerato vero e proprio “guru” da lui e dai suoi ingombrantissimi figli, quel Olavo de Carvalho, colombiano, che fa il professore di filosofia negli Stati Uniti, e che mette il naso, e non solo, in tutte le scelte dell'entourage del presidente, ha fatto in modo che fossero sempre preferiti, soprattutto per dirigere Educazione e Cultura, ma anche Ambiente, Diritti della famiglia e Diritti umani, personaggi coerenti con le sue discutibilissime convinzioni; i quali si sono dimostrati talmente inadatti da bruciarsi in poco tempo quasi da soli. È il caso del più recente sottosegretario alla Cultura, tale Roberto Alvim, capace di non solo citare Goebbels, ma persino di includere nel suo discorso programmatico sulle opere da definirsi “artistiche” una frase completa del gerarca nazista, costringendo così il capo a invitarlo a dare, sia pure con inspiegabile ritardo, le sue dimissioni dal delicato incarico.
Il ministro della Educazione, Abraham Weintraub, a dispetto del nome del dicastero che gli è stato affidato, si mostra ogni giorno che passa meno educato e più ignorante, dando pessimo esempio coi suoi errori di portoghese e le sue vergognose bugie prontamente smascherate e smentite.
Oggi in una intervista alla TV il giovane presidente della camera dei deputati Rodrigo Maia non si è più trattenuto, e, dando libero sfogo alle sue frustrazioni in modo del tutto inusuale, ha implorato i ministri dell'Educazione e dell'Ambiente (Ricardo Sales) di andarsene, incolpandoli di proiettare una pessima immagine del Brasile, con conseguenze assai dannose per il Paese.
Chiudo queste malinconie citando alla lettera ciò che scrive oggi sul quotidiano “O Globo” Nelson Motta, corsivista dal brillante passato come autore di musiche, libri e documentari di successo.
“Questo sì che è professionalismo!”
Nessuno ne conosce l'autore, ma qualche maschilista senza scrupoli ha coniato la celebre massima sulla mancanza di professionalismo dei Brasiliani: Il Brasile è il Paese dove la puttana prova godimento, e il protettore gelosie.
(Detto fra noi, - e perdonatemi la battutaccia - ma che problema c'è se esse riescono a unire l'utero al dilettevole: chi ci guadagna è il cliente, in piacere e autostima per la propria virilità. E perché mai un protettore non potrebbe innamorarsi anche lui di una sua protetta, mentre invece lei può, come insegnano vecchi cliché sui bassi fondi?)
Con l'esplosione della cocaina e del traffico di stupefacenti a Rio negli anni 80, la lista sulla mancanza di professionalismo si allunga con una nuova voce:dove il trafficante è tossico-dipendente.
E il cantautore Tim Maia aggiunge e il povero è di destra .
Attualizzando la lista: dove il presidente può sostenere che il nazismo era di sinistra;e un sottosegretario alla cultura inventare un nazicristianesimo tropicale, e 11 milioni di cittadini credere e proclamare che la Terra è piana, e altri milioni che la dittatura è stato un bene per il Brasile.
Ad ogni nuovo governo si cambia la storia del Paese, riguardando e correggendo il passato. Cioè qui è il passato che è incerto.
Ora siamo già in pieno Carnevale: che da sempre ha rappresentato, nelle grandi sfilate delle scuole di samba, l'occasione di fantasiose rivisitazioni della storia. Ci si imbatte spesso nelle strade e nelle piazze con gruppi di musicisti che offrono spettacoli di canti a tema, con l'accompagnamento ritmico delle percussioni che trascinano la gente nelle tipiche e sensuali danze brasiliane.
La scuola più attesa, che ha vinto l'ultima edizione, cioè la Mangueira, coi suoi colori verde e rosa, presenterà una sua interpretazione della figura di Gesù Cristo. Chissà come sarà presa dalla gente (che anche da queste parti è molto divisa su tutto), ma anche dalle autorità. È opinione diffusa che ci sarà un po' di confusione.
Speriamo che non esagerino, dopotutto è solo Carnevale!