August Macke (Meschede, D, 1887 - 1914) - Promenade - 1913
Dato l’avvicinarsi di scadenze elettorali confermiamo che Nel Futuro pubblica nella sezione Politica le opinioni espresse dai diversi Autori senza ovviamente alcuna forma di censura, ribadendo peraltro, come in passato, che queste non necessariamente significano accordo da parte dell’intera Redazione di Nel Futuro.
Una gita fuori le mura
di Tito Giraudo
Li hanno fatti sfilare al di fuori del Centro storico di Macerata. Si dice fossero qualche migliaio, sarei curioso di sapere quanti erano i ragazzi dei Centri Sociali. Comunque non è successo nulla e me ne compiaccio.
Grasso, Boldrini e reduci del fu PCI non potevano mancare alla manifestazione contro il ritorno del Fascismo. Piatto ricco, mi ci ficco.
Uno squilibrato con svastica incorporata, spara a casaccio contro immigrati di colore per vendicare la ragazza uccisa a Macerata. Gli stessi che gli avrebbero dato dello squilibrato, se a sparare fosse stato un migrante, magari con mezza luna incorporata, non hanno dubbi: quello è un fascista, poi quando scoprono che è stato nella lista comunale della Lega (zero preferenze): non ci sono dubbi è il ritorno del fascismo. Di colpo sparisce la povera Crista fatta a pezzi, tutti si concentrano sul “legofascista” il quale dopo aver sparato si avvolge in un vessillo tricolore e si fa catturare.
E’ un sano di mente, uno che se gli va proprio bene si beccherà almeno 10 anni di carcere?
Il via alle danze era stato dato dagli esagitati di Forza Nuova, i quali guardano impassibili ad ogni tipo di reato purché non siano commessi da migranti, magari con l’aggravante di essere di colore.
Destra e sinistra saranno morte, ma cretini di destra e di sinistra, sono sopravvissuti tra la fauna giovanile dei Centri sociali che si ispirano alle due ideologie.
Fin qui, un copione visto tante volte, quelli di destra sognano un Fascismo, peggio un Nazismo che non hanno mai conosciuto. Quelli di sinistra un Comunismo immaginario. A ben guardare tra gli uni e gli altri, le differenze sono poche, almeno per me. Non altrettanto debbo dire per la politica e i giornalisti che a seconda degli schieramenti indulgono per gli uni, piuttosto che per gli altri.
Salvini, quando si autopropone quale prossimo presidente del Consiglio, mi fa correre un brivido lungo a schiena, non perché lo ritenga un Fascista ma perché è un pressapochista furbastro che cavalca la pancia sempre gorgogliante degli italioti.
Salvini, naturalmente è in buona compagnia perché se lui rappresenta il pressapochismo padano i Cinque Stelle ormai rappresentano quello meridionale.
Forse penso male. Forse i “Liberi e belli” (si fa per dire), sono in buona fede ma allora ho l’impressione che gli squilibrati siano loro.
La Resistenza, ha deposto le armi (quasi tutti) nel 45. Facciamo due calcoli, sono passati 72 anni.
In tutti questi anni, ciclicamente si è gridato al pericolo fascista. Lo si è fatto sulla legge Scelba, detta “truffa”, che proponeva un normalissimo premio di maggioranza. Lo si è gridato per Tambroni che udite, udite, aveva permesso un normale congresso del MSI a Genova, città nota soprattutto per i Camalli, i quali ora saranno andati in pensione e per questo hanno vinto le destre. Forse non tutti lo ricordano ma, nel colmo dell’indignazione antifascista, non a Genova, ma chissà perché a Reggio Emilia, successe un tale casino che ci uscirono dei morti. Le urla antifasciste raggiunsero un diapason inenarrabile e io e tanti compagnucci cantammo “Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa, venite con noi a cantare bandiera rossa”. Quella canzone l’aveva scritta il nostro amico, allora socialista: Fausto Amodei un simpatico architetto e non ci sfiorò mai il dubbio che, per quei morti, potevano anche essere un po’ responsabili tutti noi sinistrorsi antifascisti.
Di pericolo fascista, si scrisse molto anche quando ci fu quel golpe da operetta del Generale De Lorenzo con un manipolo di guardie forestali. Risultato: per evitare la galera “per calunnia”, Scalfari, noi socialisti torinesi lo eleggemmo nostro deputato. Bell’affare, dal momento che in seguito fu il boia di quei “ciula di socialisti”.
Inutile dire che quando Berlusconi sdoganò Fini, il fascismo fu alle porte, salvo quando Fini tradì il Berlusca diventare: un baluardo della democrazia, magari monegasca.
Potrei andare avanti ma vi risparmio.
Dopo 72 anni, a tutt’oggi, solo Fratelli d’Italia può in qualche modo considerarsi erede. Tuttavia, Giorgia Meloni, pur non dichiarandosi antifascista non ha mai detto di essere post fascista. comunque: peso elettorale della destra di ispirazione fascista: 5% bagnati.
I giovani di destra, elettoralmente contano uno 0,0 virgola come i Centri Sociali.
Che Liberi e Uguali parlino di pericolo fascista fa parte del tic post comunista. Non avendo alcun valore del passato cui attaccarsi, l’antifascismo rimane l’ancora di salvezza. Ma che lo facciano i giornalisti, cosiddetti progressisti, che in questi giorni si affannano dai talk politici con la domanda: C’è in Italia un pericolo fascista? A me sembra da dementi. Sempre che per pericolo fascista, non intendano la Lega di Salvini e i Cinque Stelle di Di Maio, ma per questi ultimi è improbabile, dal momento che sono il loro principale pubblico di riferimento.
La borghesia illuminata di questo Paese di matti, pensa al pericolo Fascista ma esorcizza quello sfascista che potrebbe benissimo venire da una tripletta: 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, ipotesi improbabile ma non impossibile alla lunga. Mi direte: perché non metti anche i “liberi e belli”?
Vi rispondo: quelli non li vuole proprio nessuno.
Cari amici, concentratevi, fate un po’ di full immersion, so che questa ipotesi a oggi è fantapolitica, comunque a mio parere sempre meno di quella del ritorno al fascismo.
Il pericolo fascista è sempre servito agli sfascisti per bloccare normali processi democratici: esempio la discussione sulla Repubblica Presidenziale, oppure la sfortunatissima riforma costituzionale di Renzi bocciata dagli sfascisti a cui si è unito quel genio di Berlusconi. Questa è la cosa che non perdonerò mai al cavaliere “scavalierato”.
Un po’ di amenità per sopravvivere alle “coglionate” da campagna elettorale.