George Schill (Contemporaneo - Pittsburgh, PA - USA) – Crossroads
Socialisti e referendum
di Tito Giraudo
Seguo con simpatia il dibattito interno tra i miei ex compagni Socialisti, sempre più felice di essermi allontanato da loro nel lontano 1974 ante Craxi. Il fatto poi che nemmeno Bettino (il più innovatore di tutti) mi avesse fatto cambiare opinione (votavo Radicale), stava a significare che la mia scelta era irreversibile, se non come elettore, come attivista organico.
In quegli anni non ero uso a ricerche storiche e quindi il mio no al socialismo riguardava il contingente. Ero diventato un piccolissimo imprenditore e iniziavo a rendermi conto che le certezze socialiste sarebbero state “certezze” contro i miei interessi. Erano gli anni quelli, in cui è maturata in me la convinzione che la Democrazia significa dare il diritto a tutti di votare, più che secondo le convinzioni ideologiche, secondo gli interessi, il che non esclude di prendere posizioni che non coincidono sempre con questi ultimi. Ma sono posizioni ideali e non manichee.
C’è stato poi un momento in cui la politica di Craxi mi ha trovato concorde e quindi non ho avuto alcuna difficoltà a rivotare socialista. Mi sentivo e mi sento un uomo libero e come tale rivendico il diritto di cambiare idea.
Leggendo quello che scrivono molti socialisti sull’attuale referendum, mi sto accorgendo che l’unica cosa che è cambiata nel pensiero comune dei socialisti è il numero dei reduci che si assottiglia sempre più, ma non il manicheismo socialista.
Quando nel ‘45 la maggioranza di loro scelse l’unità con il comunismo, fu la dimostrazione che il Partito era rimasto quello, non solo del massimalismo, ma anche dell’amletismo di Turati, il quale voleva le riforme per arrivare per via pacifica allo stesso socialismo dei massimalisti. Mai stato veramente socialdemocratico quel PSI, né prima, né dopo la cura fascista, nata dal parto di un socialista massimalista e rivoluzionario.
Forse se il buon Pietro Nenni non si fosse fatto convincere dal suo amico Mussolini a fare il socialista e fosse rimasto quel Repubblicano storico degli inizi, il PRI non sarebbe stato, anche lui, preda degli azionisti, ottime persone, anche preparate, che però eccellevano nel tecnocratico di sinistra e nella marginalità elettorale.
Lo stesso azionismo, è stato la rovina del PSI autonomista che, invece di fare i conti con un vero socialismo non marxista, li ha fatti con lo statalismo di quella brava persona che si chiamava Riccardo Lombardi.
Il Centro Sinistra non ha fallito solo perché ha dovuto fare i conti con la DC e il PCI, ma perché è stato preda dell’anti liberalismo che (e questa è l’unica scusante) ha sempre permeato la società Italiana, compresi grandi settori industriali.
Tornando agli attuali cespugli socialisti, la maggioranza di loro è preda della sindrome di Stoccolma, amano i carnefici che li hanno vilipesi e poi distrutti. Quando si tratta di prendere posizione, invece di ragionare con la loro testa, tirano giù dagli scaffali il Capitale cercando, pro domo loro: “ciò che ha giustamente detto il compagno Marx”.
La prova non sta tanto nel fatto che pochissimi di loro abbiano aderito al PD delle origini, ma che non l’abbiano fatto dopo la svolta renziana (a parte il mio amico Giusi e pochi altri). Il paradosso poi, è che adesso si stanno schierando contro il referendum, sostenendo quello che rimane della sinistra, comunista, proletaria, verde, purché ferocemente antisocialista, quella che non ha mai fatto la differenza tra socialisti buoni e cattivi.
Certo lo fa in nome degli ideali socialisti ma questo è ancora più grave, perché ricorda il soldato giapponese che su un’isola deserta continuò, tutto solo, a sentirsi un combattente. “Sol Levante o Sol dell’avvenire per me pari sono”.
In un mondo dove la socialdemocrazia è in crisi perché era il partito degli operai ottocenteschi, razza in via di estinzione. I socialisti nostrani, invece di interrogarsi sul futuro, rivendicano l’appartenenza a un’idea fallita nella sostanza socio economica. Capisco, gli ex comunisti alla D’Alema che non potranno mai digerire il liberalismo democratico (e perché no, anche sociale), non capisco coloro che avendo fatto la svolta craxiana non hanno la capacità di andare fino in fondo.
Coerenza non significa abbarbicarsi alle tradizioni totalmente fuori contesto. Nessuno vi chiede, cari ex compagni, il sostegno acritico al renzismo, io stesso nutro diffidenze rispetto alla sua reale capacità di governare con una strategia almeno a medio termine, ma quella di schierarsi contro ad una riforma costituzionale che con tutti i difetti, qualche passo avanti in direzione dell’ammodernamento delle regole (tale è la Costituzione, e non il Vangelo, o peggio la Bibbia).
E poi mettiamola giù, più terra, terra: meglio con Salvini, piuttosto che con Verdini? Ma fatemi il piacere……