Mauro Massaro (1966 La Maddalena) - Tristezza - 2003
Un esaltante dopo Referendum
di Tito Giraudo
Non occorre essere Cassandra per capire che la terza Repubblica è rimandata sine die.
Nella migliore delle ipotesi, sia che le elezioni si facciano nel 17, come nel 18, avremo governi di coalizione oppure, non governi, come in Spagna…ma potrebbe essere il minore dei mali.
“Non fa nulla”, dal momento che questo avviene in molti Paesi, compresa la super razionale Germania. Tuttavia, per l’Italia la situazione è più complicata, sia per la situazione economica, come per la presenza, non di Partiti populisti, ma di ben più perniciosi, demagogici e semplificatori Movimenti; i quali potrebbero servire come stimolo all’immobilismo della partitocrazia, ma a patto che non governino dal momento che il Governo è un arte, non uno spettacolo di improvvisazione teatrale.
Non so quando gli Italiani capiranno la fesseria di aver votato NO al referendum, probabilmente rimuoveranno o hanno rimosso.
Gli stessi commentatori politici (a maggioranza schierati per il SI), hanno spostato il tiro, più sul gossip politico che non sui temi reali che finalmente avrebbero potuto cambiare il quadro istituzionale. La cosa non deve sorprendere, dal momento che lo stesso errore l’hanno fatto con Berlusconi. Il quale con tutti i limiti: il conflitto d’interessi, egocentrismo, piacioneria, ha rappresentato pure lui un tentativo di cambiamento.
Grazie a Berlusconi, siamo arrivati a un passo dal bipolarismo che non sarà la panacea di tutti i mali, ma certo è semplificazione non da poco del gioco democratico. Renzi, è stato il suo emulo a sinistra; senza le palle al piede del Cavaliere ha avuto la possibilità di cambiare le regole del gioco. E’ lui che ha sbagliato o gli è stato impedito? Sono propenso a pensare che per il 30% la colpa sia la sua, ma per il 70 ci si sono messi un po’ tutti coloro che dicono di volere il cambiamento ma, in realtà, sguazzano nello stagno melmoso e puzzolente della vecchia politica.
Prima dell’arrivo dei Grillini potevamo nuovamente auspicare l’avvento di due formazioni alternative, sinistra e moderati, ora non solo ci ritroviamo un terzo polo ma un quarto a destra e un quinto a sinistra (e chissà domani).
Tutto questo, allo stato delle cose favorisce il Movimento 5 Stelle, anche perché Grillo evita accuratamente di prendere posizioni nette su ciò che potrebbe dividere il suo elettorato. A parte la sparata demagogica sul reddito di cittadinanza. Mi aspetto che raccolga anche lo slogan in voga in questi giorni nella sinistra francese: lavoriamo meno per lavorare tutti. Slogan d’altronde che aveva riciclato anni fa il buon Bertinotti. La realtà è che lavoriamo sempre meno e siamo sempre meno a lavorare.
La demagogia Grillina fa il paio con quella di Renzi e Berlusconi sulla riduzione delle tasse senza ridurre le spese. La differenza tra i due è che il primo, punta sulla cosiddetta lotta all’evasione risibile in un Paese dove il sommerso la fa da padrone senza che si faccia alcunché per farlo emergere. Il secondo, strizzando l’occhio all’enorme evasione di artigiani e professionisti di tutti i tipi, assicura che diminuendo le tasse, costoro cui, tutti o quasi, i cittadini italiani sono complici, decideranno di fatturare tutte le prestazioni.
Quasi tutti i commentatori concordano con il pensare che se si votasse a Giugno, nessun governo sarebbe possibile, a parte una impossibile giravolta grillina, qualora decidessero
dii uscire dallo splendido e fruttuoso isolamento, il che provocherebbe il terremoto tra l’anima di sinistra e il resto protestatario e semplificatore che secondo me è maggioranza nel movimento.
Ipotesi che con le elezioni a Giugno, è fantascienza. Non quella colta di Philip Dik o Asimov ma quella dei mostri verdi.
Nessuno, ma proprio nessuno, in circolazione nel mercato della politica, per ora, è disposto a fare chiarezza, sia sui contenuti che sulle alleanze. I sondaggisti danno un testa a testa a due: Grillo e PD, nel caso Berlusconi, come pare, corresse da solo o a tre se si verificasse l’improbabile unità del Centro Destra. Il che significa un nulla di fatto, indipendentemente dai sondaggi ma non dal buon senso.
Andando a votare subito quindi, Gentiloni si troverebbe nella situazione spagnola perché dovrebbe reggere un governo provvisorio in preparazione di ulteriori elezioni. Dopo di che difficile fare previsioni.
Anche se tutti o quasi, si dicono per il voto, questo potrebbe avvenire solo nel caso Renzi si trascini dietro tutta la sua attuale maggioranza, cosa che incomincia ad apparire ardua, non tanto nelle dichiarazioni, quanto nei reali interessi individuali e di gruppo.
Se fossi Renzi, accenderei un cero alla Madonna o inizierei a preparare il congresso del PD (per una volta concordo con Bersani). Sarebbe l’unico caso di un Partito che cercherebbe di fare chiarezza per uscire con una maggioranza coesa e compatta. Sulla linea, Renzi non ha molte alternative: guardare a Destra o tornare al Centro Sinistra vecchia maniera.
La prima ipotesi Renzi la vuole realizzare come ha già iniziato a fare, per rapina, poiché la maturazione moderata del PD non è arrivata all’abiura dell’antiberlusconismo e con loro gran parte dei commentatori politici. D’altra parte il Cavaliere fa ben poco per favorire una convergenza. Il referendum fa testo. Sarebbe stata l’ultima occasione per passare alla storia di questo Paese se, anche contro i suoi interessi immediati, si fosse pronunciato per le riforme.
L’uomo spera in Strasburgo e in un metaforico Viagra che lo metta in condizione, prima, di affrontare una, o magari, due campagne elettorali, poi, di governare.
Appare evidente che Berlusconi non contempla minimamente un’uscita di scena reale e non fittizia scegliendo la solita vittima sacrificale usa e getta.
Mi sto accorgendo, cari lettori che pure io mi accodo allo sport nazionale di demolire la politica mediante il cannoneggiamento della sua classe, poiché piaccia o meno ai fustigatori professionali, alla fine sono la stessa cosa.
Voglio fare uno sforzo propositivo.
In questi giorni, sta emergendo la tentazione, da parte un po’ di tutti i commentatori, di occuparsi delle beghe del PD piuttosto di quelle del Centro Destra. Non so se avete notato, ma si tende a sottovalutare il ruolo dei Grillini. Li si critica per la scarsa democrazia dello staff o per le carenze di quella creatura che pare uscita dalla penna di Lewiss Carrol (che per chi non lo sapesse è l’autore in odore di pedofilia di “Alice nel paese delle meraviglie)”:
Alice Virginia Raggi.
È il cacio sui maccheroni del banchetto grillino per spostare l’attenzione dl programma sulle pseudo persecuzioni romane. Se Renzi pensa di mettere in difficoltà Grillo sulla Raggi sbaglia, perché non ha certo da opporre buoni esempi di amministrazione della Capitale. I Grillini vanno stanati su quello che farebbero nel caso vincessero le elezioni, invece silenzio, o peggio, li si insegue sul reddito di cittadinanza. Dove occorre dire, non solo che non ci sono i soldi ma che è una sciagurata scelta socialdemocratica. Confondere il reddito di cittadinanza con l’indennità di disoccupazione (sacrosanta se a tempo e regolata) vuol dire, non finanziare i giovani volenterosi ma la marea di nullafacenti che si creerebbe in Italia. Prenda pure Grillo i voti di costoro.
Altro tema è l’Europa. Un Paese come il nostro, da sempre a cavallo tra l’occidente e il terzo mondo ha bisogno dell’Europa, soprattutto quella che ci bacchetta. Uscire dall’Europa per noi vuole dire continuare a nuotare nei nostro debito, nella nostra burocrazia, nella nostra politica inconcludente pasticciona ancor più che corrotta.
Bisogna stanare Grillo sull’Euro.
Uscire dall’Euro per un Paese come l’Italia e con i chiari di luna di Francia e Spagna (ormai Brexit è metabolizzata), nei fatti vorrà dire la fine, non solo dell’Europa monetaria ma dell’Unione politica. Se rimanessero in piedi Commissione e Parlamento, vorrebbe dire solo la sopravvivenza burocratica dell’Europa, una macchina infernale che non servirebbe a nessuno.
Il discorso dell’Europa vale anche per Salvini-Meloni. Il primo deve spiegare agli elettori del nord cosa hanno da guadagnare veramente, non solo dall’uscita dall’Euro ma dalla fine del processo di unificazione.
Il nostro Sud politico ha dimostrato che con il federalismo le cose sono peggiorate invece di migliorare, questo per colpa soprattutto delle classi dirigenti del Sud. Per fare chiarezza con Salvini, non ci vuole Renzi ma Berlusconi, il quale sta assistendo dormiente alla fuga del suo elettorato di riferimento. Quando arriverà la sentenza di Strasburgo, il Cavaliere rischia di essere solo, magari in Parlamento, ma solo.
Sento in questi giorni, la solita tiritera del recupero all’evasione che fa il paio con la razionalizzazione della spesa pubblica. Sono questi i due slogan che ci propinano da decenni.
I vari Presidenti del Consiglio, sono tutti più o meno delle meteore e dato che per arrivare a questo obbiettivo ci vuole una riforma strutturale parliamo del mondo dei sogni. Basterebbe la proposta di Salvini di ridurre l’aliquota al 15% (così pagherebbero tutti) per significare il livello di demenza e di contraddizioni dal momento che il segretario della lega è strenuo paladino del Welfare e organizzatore di manifestazioni anti Fornero. Forse gli elettori non sono a conoscenza che la sanità, giustamente sbandierata da Salvini come fiore all’occhiello dei governatori del nord, si pappa una fetta rilevante delle risorse pubbliche a danno, per esempio, della scuola, ma anche della tanto sbandierata riqualificazione territoriale, delle energie alternative, dell’ambiente. I vecchi hanno sempre sostenuto che quando una coperta è stretta puoi tirartela dove vuoi ma avrai sempre “il culo scoperto”.
Cosa penso sull’andare a votare subito o meno?.
La cosa poco mi appassiona. Tutto sommato l’Italicum era il sistema giusto per poter governare, quindi non bisogna omogenizzare Camera e Senato su questa lunghissima pensata gerontocratica dei giudici costituzionali (metto apposta la minuscola), accettata da un Parlamento che per il referendum invocava la difesa della supremazia ma tace sul fatto che questa, di fatto, verrebbe calpestata.
Non credo si arriverà a una riforma condivisa: i Grillini non parlano con nessuno, Il PD è vicino all’ennesima sinistra scissione, del Centro Destra non parliamo……
A tutto questo si aggiunge lo stato confusionale dei commentatori. Quelli della Rai latitano in attesa di capire chi comanderà, Repubblica è in paranoia assoluta, Stampa e Corriere pur vantando in passato una fasulla indipendenza, erano posizionati a sinistra, oggi annaspano. Sarà perché sono cambiati i direttori, sarà perché Berlusconi non può più essere il bersaglio principale, o forse iniziano ad essere preoccupati del declino dei loro fogli sia come prestigio ma soprattutto come lettori. Insomma, non sarà dai giornalisti che usciranno le novità che abbisognerebbero alla politica.
Sommessamente darei un consiglio, usiamo questo anno affinché ci sia all’interno di tutti gli schieramenti un chiarimento di linea e di obbiettivi: e chi se ne frega dei vitalizi (per altro ampiamente sforbiciati). In quanto al PD: Congresso o primarie, per me pari sono, l’importante è che il tutto stia all’interno del Partito, se no ci ritroveremo come leader Pisapia e Rodotà.
Su Forza Italia e Berlusconi, non auspico nulla, sono troppo sfiduciato……….