Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Perché il Green Deal UE
di Vincenzo Rampolla
Il Green Deal UE (GDE), Patto Verde Europeo è la summa delle iniziative politiche proposte dalla CE (Commissione Europea) con l'obiettivo di raggiungere in Europa la neutralità climatica entro il 2050. Ad esso sarà accoppiato un piano di valutazione d'impatto per alzare entro il 2030 almeno a 50% l'obiettivo di riduzione delle emissioni UE di gas a effetto serra, mirando a 55% (rispetto ai livelli 1990). In parole povere, tradotto e espresso astutamente, si tratta di un ritocco all’immagine per riabilitarsi dai proclami e dai virus burocratici UE e rivedere tutte le leggi vigenti in materia di clima per introdurre nuove leggi su: economia circolare, ristrutturazione edifici, biodiversità, agricoltura e innovazione.
Le ragioni profonde della creazione del GDE si basano su questioni ambientali: cambiamento climatico, perdita della biodiversità, riduzione dell'ozonosfera, inquinamento idrico, stress urbano, produzione di rifiuti e … molto altro. Alcuni dati evidenziano, ad esempio, i problemi legati al clima dell'UE: entro il 2030 si prevede che i livelli di CO₂ raddoppieranno e che in estate la temperatura del Mediterraneo crescerà di 2-3 °C. È un dato di fatto: l'Europa è responsabile di circa 1/3 delle emissioni mondiali di gas che riducono l'ozono e oltre 50% di tutta la superficie in cui si trovano gli ecosistemi europei è minacciata da problemi di conduzione e da altri fattori. In media, ogni anno nell’UE bruciano 700.000 ettari di boschi causati da incendi che affondano le foreste, spesso provocati da fattori socioeconomici (sic), [leggi dolosi].
Perché l'energia pulita
Oltre 75% delle emissioni di gas a effetto serra è legato alla produzione e all’energia usata dall'UE. Nel 2017 le risorse rinnovabili hanno raggiunto il 17,5% del consumo lordo di energia dell'UE.
Perché un'industria sostenibile
Gli studi dimostrano che dal 1970 al 2017, l'estrazione annuale di risorse a livello mondiale è triplicata. Le ripercussioni di questo processo hanno portato a una perdita del 90% della biodiversità. L’attuale settore industriale UE causa 20% delle emissioni di gas a effetto serra nell'UE e 12% delle risorse provenienti dal riciclaggio dei rifiuti è parte del settore industriale UE.
Perché costruzione edilizia e ristrutturazione
I metodi di costruzione e ristrutturazione edilizia dell’UE utilizzano 40% dell'energia totale usata.
Perché la strategia “Dal produttore al consumatore”
All'interno dell'UE viene sprecato 20% della produzione alimentare mentre ogni 2 giorni, 36 M di persone non sono in grado di consumare un pasto di qualità.
Perché eliminare l'inquinamento
I 50.000 poli industriali dell'UE spendono fino a €189 Mld per problemi di salute legati all'inquinamento provocato da quegli stessi impianti.
Perché la mobilità sostenibile
25% delle emissioni di gas serra deriva dai mezzi di trasporto. Il trasporto su strada prende 71,7% del totale, quello aereo 13,9%, quello per vie d'acqua 13,4%, e il resto viene dai trasporti ferroviari e dalle altre tipologie. Si stima che il progetto Cielo Unico Europeo contribuirà a ridurre di 10% le emissioni del trasporto aereo.
Perché la biodiversità
Metà del PIL globale, pari a €40.000 Mld, dipende dalla natura e dalle sue risorse. Nelle ultime 2 generazioni le popolazioni di specie selvatiche si sono mediamente dimezzate.
Regolamento sul ripristino della natura
Dopo 3 anni di intensi lavori, scontri politici, dibattiti e minacce tra Parlamento Europeo e Consiglio Europeo, il 17 giugno 2024, primo nel suo genere, il Consiglio ha adottato formalmente il Regolamento sul ripristino della natura. Mira a mettere in atto misure per ripristinare entro il 2030 almeno il 20% delle zone terrestri, marine, di acqua dolce e urbane dell'UE e entro il 2050 di tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino (sic). In particolare negli ultimi decenni l'abbondanza e la diversità degli insetti impollinatori selvatici in Europa si sono drasticamente ridotte. Per far fronte alla situazione, il regolamento introduce obblighi specifici che impongono misure atte a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori al più tardi entro il 2030, oltre a definire quadri di riferimento per fissare livelli soddisfacenti di spazi verdi urbani, di copertura della volta arborea urbana negli ecosistemi urbani, di impollinatori, di indicatori di biodiversità per gli ecosistemi agricoli e di stabilire infine e aggiornare un metodo scientifico di monitoraggio della diversità e delle popolazioni degli impollinatori.
Il regolamento sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale UE, entrerà in vigore e sarà applicabile direttamente in tutti gli Stati membri. Entro il 2033 la Commissione riesaminerà l'applicazione del Regolamento e il suo impatto sui settori dell'agricoltura, della pesca e della silvicoltura, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi. Oltre 80% degli habitat europei è in cattivo stato. Gli sforzi profusi in passato per proteggere e preservare la Natura non sono bastati a invertire questa inquietante tendenza. Per questo prevede, per la prima volta in assoluto, l'adozione di misure volte non solo a preservare la Natura ma anche a ripristinarla. Il Regolamento aiuterà l'UE a rispettare i suoi impegni internazionali. Mea culpa, mea maxima culpa.
I finanziamenti
Si parla di mobilitare risorse finanziarie per un valore di € 1.000 Mld in 10 anni. Circa la metà dell'importo proverrebbe direttamente dal bilancio dell'UE, mentre altre fonti pubbliche e private fornirebbero il resto, principalmente tramite un effetto leva. La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) dovrebbe essere il partner chiave per innescare altri finanziamenti fino a circa €250 Mld, 1/4 del totale. La BEI ha annunciato il proprio obiettivo di sostenere €1 bilione investimenti per l'azione per il clima e la sostenibilità ambientale nel prossimo decennio e per i due obiettivi presi insieme si potrebbero sfornare circa €1,75 bilioni. Riferito il suo orizzonte temporale al decennio 2021-2030, gli attuali obiettivi climatici dell'UE sono per l'anno 2030.
In ordine decrescente di importi, 5 nuove categorie di fonti di finanziamento per il clima sosterrebbero un'ampia gamma di progetti e contribuirebbero al piano di investimenti del GDE:
- Bilancio dell'UE (€503 Mld). La CE ha proposto che non meno di 25% delle risorse del QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) post-2020 venga assegnato alla spesa correlata al clima, incorporando considerazioni sul clima in numerosi fondi e programmi del bilancio dell'UE. Gli strumenti che dovrebbero apportare contributi significativi a questo obiettivo includono:
- i fondi nell'ambito della politica agricola comune (PAC);
- il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);
- il Fondo di coesione;
- il programma quadro Horizon Europe per la ricerca e l'innovazione;
- il programma LIFE;
- il meccanismo per collegare l'Europa (CEF).
È una proposta basata sull'esperienza, con l'integrazione del clima nell'attuale QFP, in base al quale l'obiettivo correlato al clima è pari al 20% delle risorse totali 2014-2020. La CE, alla riscoperta dell’esistenza e dell’efficacia del metodo, si è impegnata a migliorare la metodologia di monitoraggio, rivedendo l'obiettivo generale, se essenziale, alla luce della prevista revisione al rialzo dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra per il 2030.
- Gruppo BEI e altri partner di investimento nel contesto di InvestEU (€279 Mld).
La proposta per il QFP 2021-2027 include la creazione del programma InvestEU che semplificherebbe in un unico schema di investimento le operazioni attualmente svolte nell'ambito del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e dei vari strumenti finanziari sostenuti dal bilancio UE. InvestEU sarebbe lo strumento chiave per sfruttare la capacità del bilancio UE di far leva su finanziamenti privati e pubblici aggiuntivi per investimenti nelle politiche interne UE. La Commissione ha proposto un obiettivo climatico del 30% per le operazioni InvestEU, con l'intenzione di mettere in atto una metodologia di monitoraggio per dimostrare la sostenibilità di tutti i progetti con dimensione superiore a un importo ben definito. I partner esecutivi includerebbero il Gruppo BEI, Banche nazionali e Istituzioni finanziarie internazionali. La CE prevede di collaborare con loro e di sviluppare prodotti finanziari mirati alla sostenibilità ambientale, climatica e sociale in seno a InvestEU.
- Meccanismo per una transizione adeguata (€143 Mld). Concentrandosi sulle Regioni e sulle Comunità più esposte alle sfide della transizione, poggia su 3 pilastri:
- un Fondo per una transizione calibrata, dotato di €7,5 Mld di denaro fresco fino al 2027 e una novità rispetto alla proposta della Commissione del 2018 per il prossimo QFP;
- un metodo adatto a una transizione calzante con InvestEU per attrarre risorse private;
- un innovativo strumento di prestito del settore pubblico, con la BEI per ottenere ulteriori finanziamenti pubblici. Particolare attenzione è data ai territori con un tasso di occupazione elevato per la produzione di combustibili fossili o con industrie ad alta intensità di gas serra.
- Stati membri (€114 Mld). Per impostazione, i Fondi Strutturali e di Investimento Europei (ESIF) come il FESR e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) implicano un chiaro e definito livello di cofinanziamento da parte delle autorità nazionali. Ne deriva che le misure legate al clima e sostenute dal bilancio UE nell'ambito degli ESIF ricevono finanziamenti aggiuntivi dagli Stati membri.
- Sistema di scambio delle quote di emissione - ETS (€25 Mld). L'ETS è il mercato del carbonio dell'UE e comprende settori responsabili di 45% delle emissioni UE. Parte delle entrate derivanti dall'asta delle quote di carbonio nell'ambito dell'ETS è assegnata a 2 fondi che finanziano progetti legati al clima e extra QFP: il Fondo per l'innovazione concentrato su progetti dimostrativi di innovative tecnologie a basse emissioni di carbonio e il Fondo per la modernizzazione che sostiene la modernizzazione dei sistemi energetici, i miglioramenti nell'efficienza energetica e la giusta transizione in 10 Stati membri a basso reddito nell'Europa centrale e orientale. I dati riferiti a questi fondi sono a livello di stime, poiché le loro risorse effettive dipendono dal prezzo del carbonio sul mercato nel prossimo decennio.
(consultazione: regolamento sul ripristino della natura, bruxelles – strasburgo 2022-2024; green deal europe Bruxelles, 2019 - dicembre 2023)