Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Patrick Bornemann (Contemporaneo – San Francisco) – Favela Julio Otoni Rio de Janeiro (2010)

 

Brasile: sull'orlo del precipizio!

di Graziano Saibene

 

Il Carnevale stava finendo, e a Brasilia il Governo del Presidente Michel Temer decretava l'intervento dell'esercito a Rio: il comandante generale della Regione Est Walter Souza Braga Netto, con un numero ancora imprecisato di soldati dei corpi speciali, e con regole d'ingaggio ancora non chiarite, sostituirà gradualmente le forze che controllano la sicurezza, o si affiancherà ad esse, con la responsabilità di comando centralizzata nello stesso generale.

In effetti gli episodi di violenza nel territorio dello Stato di Rio erano sensibilmente aumentati soprattutto negli ultimi anni.

Le grandi e popolose periferie extra-urbane, e soprattutto le favelas incastonate nella metropoli, sono ormai teatro di continui confronti tra le diverse bande della criminalità organizzata, e tra queste e le diverse polizie – militare, civile, federale, penitenziaria, regionale e cittadina – oltre che con le cosiddette milizie formate da gente armate di varia provenienza, (in genere corpi illegali di fuorusciti provenienti dagli stessi corpi polizieschi di cui sopra).

Le vittime sono spesso civili indifesi, ma anche criminali e poliziotti: le armi sono sempre più poderose e micidiali, i proiettili finiscono spesso per colpire a caso e in luoghi anche lontani dal conflitto.

Lo stesso Governatore dello Stato di Rio, Pezão, dopo aver ammesso che la situazione era fuori controllo, aveva sollecitato al Presidente un intervento urgente del Governo centrale. Ma fra i vari fattori che hanno determinato l'urgenza della decisione di Temer, non si può tralasciare di considerare quello politico. Molti insinuano che si è trattato di una scappatoia capace di far dimenticare velocemente il fallimento del tentativo di riforma del sistema previdenziale, molto urgente e assai impopolare, su cui il Presidente si stava giocando ormai la poca credibilità interna ed esterna.

La realtà è però assai più grave di quello che appare.

Rio de Janeiro è oramai diventato un nodo importantissimo per il gigantesco business mondiale del traffico degli stupefacenti:

  • Le favelas e molte delle comunità che abitano nella cornice periferica, fino alla fine degli anni '70 erano per lo più strettamente controllate dai cosiddetti bicheiros, cioè i padroni locali della popolarissima e assai lucrosa lotteria clandestina, detta jogo do bicho: la polizia, già molto corrotta, non entrava nelle comunità, la giustizia locale e la sicurezza venivano gestite dallo staff dei bicheiros, che avevano tutto l'interesse che la vita all'interno filasse il più tranquillo possibile. Non solo, erano ormai diventati i grandi finanziatori del grandioso e sentitissimo Carnaval, e delle Escolas de Samba, con tutte le attività economiche connesse: sarte e artigiani con lavoro garantito per vari mesi all'anno per confezionare i costumi, le allegorie e i carri delle varie sfilate, artisti, passiste, ritmisti e musicisti impegnati a creare e provare praticamente tutto l'anno.
  • Come è stato ben mostrato in Cidade de Deus (Fernando Mierelles, 2002), un ottimo film brasiliano circolato con successo anche da noi, la prepotente diffusione delle bande di trafficanti di stupefacenti (e di armi), ha progressivamente occupato questi stessi territori ben protetti dalle incursioni poliziesche, e soprattutto ben posizionate, sia per lo stoccaggio delle merci da distribuire in città che per quelle da avviare al porto o all'aeroporto per l'esportazione; gli antichi capi, o si sono riciclati assumendo il nuovo affare, più violento ma con maggiori margini del precedente, o se ne sono andati lasciando libero il posto ai nuovi capi. Con diverse aggravanti, rispetto alla situazione precedente: mentre i vari bicheiros si conoscevano e rispettavano tutti, senza avere pretese sui territori dei colleghi, i nuovi capi banda, invece, sono disposti a tutto pur di conquistare ed estendere il proprio dominio, e per farlo scatenano operazioni di guerriglia urbana, usando armi sempre più micidiali; e in mezzo alla popolazione!
  • Anche per i vari corpi di polizia, che prima ricevevano regolarmente la loro paghetta per non disturbare le attività illecite che si svolgevano nelle comunità controllate dai bicheiros, la vita diventa più complicata. Costretti spesso a intervenire nelle operazioni di guerriglia, subiscono varie perdite, arrestano qualche capo, e spesso vengono a patti coi vincitori, che sono comunque meglio armati, e molto più ricchi.
  • Si creano anche le premesse per conflitti tra i vari corpi, e per la formazione delle cosiddette milizie, queste sì meglio armate e determinate, che contribuiscono a seminare ancor più terrore e hanno il solo scopo finale di arricchirsi, amministrando vendette e protezioni. Per approfondire queste vicende sono molto significativi i 2 film di Josè Padilha Tropa de Elite 1 (Gli squadroni della morte, 2007), Orso d'Oro a Berlino, e Tropa de Elite 2 (Il nemico è un altro, 2010).
  • Nelle favelas ora del tutto controllate dalle bande della criminalità organizzata, bambini e adolescenti vengono ampiamente utilizzati in attività connesse ai traffici, essendo costituzionalmente protetti da arresto e detenzione, e quindi, oltre alla mai cessata economia legata al carnevale, contribuiscono significativamente all'economia domestica delle comunità. Tutti i tentativi fatti per offrire alternative di protezione nei periodi del precedente intervento di occupazione massiccia ad opera di unità speciali dell'esercito (le famose UPP, Unitá di Polizia Pacificatrice, negli anni 2010-2016, in occasione degli eventi assegnati a Rio, campionato mondiale di calcio, visita del Papa, Olimpiadi), sono miseramente falliti.
  • Mariano Beltrame, il responsabile per la sicurezza nello Stato di Rio, aveva usato la strategia di occupazione soft e progressiva delle varie comunità, preavvisando con qualche giorno di anticipo le operazioni, e dando così il tempo alle varie bande di andarsene con armi e bagagli, senza innescare conflitti. E aveva però anche chiesto a gran voce di essere accompagnato da interventi sociali ed economici. Inascoltato.
  • E dopo l'arresto (poco prima delle Olimpiadi) del Governatore Sergio Cabral, che era riuscito a prosciugare completamente le casse dello Stato a suo vantaggio, sono mancati del tutto i fondi per continuare il sostegno sia alle UPP, che ai diversi corpi di polizia. E tutto è tornato come prima, anzi peggio!
  • Anche dopo l'arresto e le pesanti condanne di alcuni dei più poderosi capi del traffico nelle favelas, questi ultimi approfittano della situazione caotica delle prigioni brasiliane -superaffollate in gran parte da piccoli trafficanti e gestite dalla polizia penitenziaria mal pagata ed addestrata, e quindi facilmente corrompibile- per continuare a comandare a distanza le loro bande, e persino ad arruolare nuovi combattenti all'interno delle carceri stesse.
  • A parte qualche sanguinosa sommossa, scatenata all'interno delle carceri da bande rivali, queste diventano veri e propri centri di potere, in ogni parte del Brasile, non solo a Rio.
  • Il territorio di Rio de Janeiro, è oramai diventato un centro nevralgico di primissima importanza per i grandi flussi di droga e di armi. La sua collocazione geografica, con un porto assai vasto e profondo, sulle cui sponde si affacciano spesso anche favelas come visto incontrollabili; il convergere di rotte terrestri e aeree nella stessa zona; oltre a tutti i fattori legati alla corruzione di chi dovrebbe garantire ordine e sicurezza ai trasporti in arrivo e partenza, hanno certamente favorito questa situazione. Non per nulla la famosa e vastissima favela do Maré (adagiata sulla riva della Baia di Guanabara fra porto e aeroporto), è sempre riuscita a “difendersi” da ogni tentativo di intrusione continuata delle forze dell'ordine.
  • Il Brasile, oltre che essere vastissimo, e in gran parte coperto dalla foresta Amazzonica, confina con tutti i grandi produttori delle materie prime per ottenere principalmente cocaina e marjuana, (Bolivia, Paraguay, Perù, Colombia, Venezuela, Suriname e Guiana). I trafficanti possono nascondere con facilità sia piccoli aeroporti provvisori, che laboratori di raffinazione, praticamente invisibili dalle alte quote, e fanno trasportare attraverso gli intricatissimi canali che tagliano la foresta, spesso dagli indios (che difendono – appoggiati dalla Costituzione - i loro territori), le merci che le attraversano facilmente.
  • Mi ha sempre colpito la assoluta fragilità dei confini terrestri, praticamente inesistenti soprattutto coi Paesi suddetti, e la mancanza di un sistema affidabile di controllo dello spazio aereo sopra la foresta amazzonica. Per non parlare poi del confine marittimo, per ovvie ragioni dettate dalla sua grande estensione. I vari governi che si sono succeduti nella ancor breve storia del Brasile, si sono preoccupati di difendere i propri pascoli dalle invasioni dal Sud (Argentina, Uruguay, Paraguay) ignorando del tutto il resto del territorio.

Ho parlato fin qui più della droga che delle armi, ma è facile capire che il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata non può prescindere da queste ultime, che devono essere sempre più micidiali e aggiornate, e soprattutto migliori di quelle in dotazione delle forze che dovrebbero contrastarla. Così come è ovvio dedurre che controllare i cammini serve per le due direzioni: entrata (armi) e uscita (droga).

Questi due traffici, che si complementano, generano, come tutti sanno, immensi margini e ricchezze. Margini e ricchezze, che se la giocano, forse alla pari, con le attività finanziarie globali, per non dire, (malignamente?) che forse i veri capi di queste attività (traffici illeciti e finanziari), più spesso di quanto supponiamo, si confondono fra di loro.

Conclusioni

L'ho presa un po' alla lunga, partendo dallo spunto del decreto di intevento militare a Rio.

Come molti da queste parti, sono assolutamente scettico sui risultati di questa operazione. Principalmente perché mancano sia la volontà che i soldi (ce ne vogliono tantissimi!) per complementare le operazioni riguardanti la sicurezza, con azioni efficaci sul piano sociale, per tentare di offrire alla popolazione carente di favelas e periferie vere alternative di reddito.

Inoltre non basta intervenire solo a Rio. Come è subito accaduto, anche altri Stati del Brasile insistono per essere inclusi in questa operazione, ed è facile riscontrare che la piaga ha oramai contaminato tutto il territorio del Paese.

E i soldi?

Lo ripeto: ce ne vorrebbero tantissimi, perché “loro” - i nemici – sono assai ricchi, ma soprattutto non vogliono assolutamente perdere il loro business.

Non riesco a immaginare soluzioni indolori, e neppure parziali. Il problema è globale, e globale deve essere la soluzione da studiare.

Chissà se i grandi cervelli del mondo, magari anche con l'aiuto di intelligenze artificiali, saranno in grado di partorirla.

A breve, perché urgentissima, per lo meno da queste parti.

 

Inserito il:06/03/2018 12:05:01
Ultimo aggiornamento:06/03/2018 12:42:28
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