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Germania, repubblica federale del malcontento: crisi della democrazia, xenofobia e divisioni interne
di Achille De Tommaso
La Germania, cuore pulsante dell’Europa, vive un’epoca di forti ombre tra deboli luci. Un tempo bastione di stabilità, ora si ritrova ad affrontare una crisi che non è solo economica, ma anche politica e sociale. Il Green Deal, le politiche migratorie e la guerra in Ucraina gettano ombre profonde, mentre un crescente malcontento sembra erodere le fondamenta della democrazia tedesca. In questo scenario, la fiducia nelle istituzioni vacilla, alimentata da un clima di crescente xenofobia e da un senso di distacco tra cittadini e governo. Non è mai stato così basso il consenso per il funzionamento della democrazia in Germania. Né è mai stato così alto il livello di intolleranza per gli stranieri negli ultimi decenni. Lo rivela l'ultimo studio dell'università di Lipsia 2024, "Vereint im Ressentiment" (“Uniti nel risentimento”) (*), che da oltre vent'anni tasta il polso politico dei tedeschi.
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La democrazia in Germania, un faro di inclusione e stabilità, è ora in bilico. Solo il 42% dei tedeschi si sente rappresentato dal sistema democratico attuale, secondo un recente studio dell’Università di Lipsia. Questo dato riflette una profonda disillusione che attraversa l’intero spettro politico, dai conservatori della CDU ai progressisti dei Verdi, fino ai partiti di estrema destra e sinistra. Un senso di alienazione avvolge i cittadini, distaccandoli dalle decisioni governative che sembrano sempre più lontane dalle loro esigenze.
Le politiche migratorie, un tempo simbolo di accoglienza, sono diventate un nodo di discordia. La Germania, che ha accolto milioni di migranti, è vista da molti come troppo aperta, mentre cresce la percezione degli stranieri come un peso economico e sociale. Il 34% degli intervistati crede che la Repubblica Federale sia "eccessivamente influenzata dagli stranieri", e il 33% pensa che "gli stranieri vengano qui solo per sfruttare il nostro Stato sociale". Questi numeri rivelano un aumento del sentimento xenofobo che mina la coesione sociale e crea fratture profonde.
La xenofobia coinvolge il 19,3% della popolazione a livello nazionale, con picchi tra i sostenitori di partiti come l’Alternative für Deutschland (AfD). Ma il malcontento non si ferma all’estrema destra; anche il 26% degli elettori di partiti tradizionali come CDU/CSU e SPD condividono queste paure, dimostrando un disagio che supera le semplici appartenenze politiche.
Le divisioni tra est e ovest della Germania risuonano ancora, accrescendo la crisi. Nell’ex Germania dell’Est, il 46% degli intervistati vede la moderna Repubblica Federale come un ritorno alle dinamiche della DDR, con eccessiva regolamentazione e limitazioni alla libertà di espressione. In queste regioni, la xenofobia raggiunge il 31,5%, rivelando una frattura storica che continua a lacerare il tessuto sociale tedesco. Decenni di differenze economiche e politiche tra le due metà del paese lasciano cicatrici profonde.
Il Green Deal, con il suo obiettivo di eliminare gradualmente le auto a combustione interna e imporre sistemi di riscaldamento più sostenibili, ha inferto un colpo letale all'industria automobilistica tedesca, un pilastro dell’economia nazionale. La transizione verso veicoli elettrici ha messo in ginocchio numerose aziende del settore, causando perdita di posti di lavoro e una drastica riduzione della produzione. Regioni come la Saar, un tempo fiorenti centri di produzione di carbone, acciaio e autovetture, si trovano ora a dover affrontare una trasformazione economica epocale.
Le famiglie e le imprese si trovano a fronteggiare costi energetici sempre più alti, alimentando un senso di abbandono da parte del governo. L’incertezza economica si manifesta nel calo dei titoli di Stato tedeschi, storicamente considerati un rifugio sicuro per gli investitori. Questa svalutazione non è solo un problema finanziario, ma un segnale della perdita di fiducia nel sistema economico tedesco. La recessione è percepita come un indicatore di un declino più profondo, mettendo in discussione il ruolo della Germania come leader economico europeo.
Di fronte a questa situazione, la Germania ha chiesto alla Unione Europea maggiore flessibilità nei conti, cercando di ottenere margini di manovra più ampi per affrontare le sfide economiche senza gravare ulteriormente sui cittadini e sulle imprese. Questo appello riflette il crescente disagio interno e la necessità di trovare soluzioni che possano ristabilire la fiducia nel governo e nell’economia.
In questo contesto di crisi, il dibattito pubblico ha riportato alla ribalta la figura di Angela Merkel. La pubblicazione del suo libro di memorie, “Libertà - Memorie 1954-2021”, ha riacceso le discussioni sul suo operato, specialmente riguardo alle politiche migratorie e ai rapporti con la Russia. La Merkel, spesso celebrata come simbolo di stabilità, è ora criticata per aver reso la Germania eccessivamente dipendente dal gas russo attraverso progetti come il Nord Stream 2. I principali quotidiani tedeschi, come la Frankfurter Allgemeine Zeitung e la Süddeutsche Zeitung, hanno analizzato queste scelte con prospettive contrastanti. Se da un lato si riconosce il pragmatismo della Merkel nel cercare il dialogo con Mosca, dall’altro si evidenziano le vulnerabilità energetiche create.
Anche la sua politica migratoria, in particolare l’apertura delle frontiere nel 2015, è tornata sotto i riflettori. La Merkel difende la sua decisione come necessaria in un momento critico, ma molti osservatori la vedono come uno dei fattori che ha alimentato la polarizzazione e il malcontento attuale.
La Germania si trova di fronte a una sfida esistenziale: preservare la democrazia in un contesto di crescente polarizzazione e sfiducia. La xenofobia, l’incertezza economica e la nostalgia per un passato idealizzato rischiano di minare i valori fondamentali su cui si basa la Repubblica Federale. La questione non riguarda solo il superamento della crisi attuale, ma anche la capacità del Paese di riscoprire la sua identità democratica, affrontando le divisioni interne con pragmatismo e visione.
Solo così la Germania potrà scrivere un nuovo capitolo della sua storia, che non sia dominato dalla nostalgia o dalle ideologie estreme, ma dalla coesione e dal rinnovamento. È essenziale che il Paese trovi un equilibrio tra proteggere i suoi valori democratici e rispondere alle preoccupazioni legittime dei suoi cittadini.
RIFERIMENTI
Universität Leipzig: Leipziger Autoritarismus Studie 2024 erschienen https://www.uni-leipzig.de/newsdetail/artikel/leipziger-autoritarismus-studie-2024-erschienen-2024-11-13
Nella Germania occidentale, l'approvazione delle dichiarazioni xenofobe è aumentata in modo significativo, avvicinandola agli atteggiamenti dell'Est. Negli stati della Germania orientale, la soddisfazione per la democrazia così come viene praticata in Germania è bassa come era nel 2006. Questi sono i risultati principali dello studio sull'autoritarismo di Lipsia 2024, presentato oggi (13 novembre) dal Prof. Dr. Oliver Decker e dal Prof. Dr. Elmar Brähler del Centro di competenza per la ricerca sull'estremismo di destra e la democrazia dell'Università di Lipsia in occasione della conferenza stampa federale a Berlino dal titolo "Uniti nel risentimento". Lo studio è stato condotto in collaborazione con la Fondazione Heinrich Böll e la Fondazione Otto Brennero. Dall'inizio della serie di studi nel 2002, l'approvazione delle dichiarazioni xenofobe e scioviniste è diminuita in Occidente, mentre ha fluttuato in Oriente. Il leader dello studio, il Prof. Dr. Oliver Decker, afferma: "Quest'anno, lo studio cattura un significativo cambiamento, soprattutto nell'ovest". Lo psicologo sociale ha pubblicato lo studio insieme al Prof. Dr. Elmar Brähler, al Dr. Johannes Kiess e alla Dr. Ayline Heller.