Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Santiago Lopez Velasquez (Medellin, Colombia, 1996 - ) - Rio de Janeiro

 

Brasile: primi balbettii del nuovo governo

di Graziano Saibene

 

Se il bel giorno si vede dal mattino, c'è ben poco da stare allegri! Ma è chiaro che è anche troppo presto per emettere giudizi, considerando che non è trascorso neanche un mese dall'insediamento del nuovo governo Bolsonaro, e che tradizionalmente il periodo che va da Natale al Carnevale qui è dedicato solo alle ferie e al divertimento, con pochissimo spazio e impegno per lavoro e attività più “serie”.

Sono però successi anche fatti abbastanza significativi da meritare già qualche commento, che mi azzardo a fare malgrado l'esplicito invito (“ma lasciali lavorare in pace!”) dei miei amici locali evidentemente più pazienti di me.

Dai primi giorni di Gennaio nello stato del Cearà sono stati eseguiti innumerevoli attentati, che hanno costretto il governatore Santana (del PT appena rieletto alla grande malgrado l'appartenenza al partito di Lula) a chiedere l'aiuto del nuovo governo, essendo la situazione sfuggita al suo controllo.

Breve storia degli avvenimenti: Santana nella sua passata legislatura aveva trasformato sia il porto di Fortaleza (con una proficua collaborazione con il consorzio che gestisce quello di Rotterdam) che l'aeroporto (stringendo convenzioni con importanti compagnie internazionali, fra cui l'Air France) in nuovi sbocchi comodi e funzionali verso Europa e Nord Africa, vista la maggiore prossimità rispetto a quelli tradizionali e molto intasati di Rio e Santos.

L'effetto collaterale indesiderato è stato quello che queste nuove rotte per i prodotti esportati dal Brasile sono state immediatamente utilizzate anche dai grandi trafficanti di droga, che hanno strutturato le loro logistiche per permetterne il passaggio senza rischi lungo il nuovo percorso, che ora attraversa, da Sud a Nord, tutto lo stato del Cearà.

Il Governatore si è reso presto conto, che, pur essendo stati catturati e imprigionati alcuni dei capi delle bande di trafficanti, questi ultimi continuavano tranquillamente a comandare i loro traffici anche dall'interno delle carceri, grazie ai cellulari e al grande potere di corruzione delle milizie e delle bande criminali.

Ha quindi cercato di interrompere il flusso di comunicazioni, facendo sequestrare i cellulari in uso nelle carceri, e distruggere le prese per la ricarica degli stessi. Ed ha notevolmente indurito le regole di controllo dei penitenziari, facendo anche trasferire altrove alcuni dei condannati più pericolosi. Ma è stato come cercare di portar via il miele alle api, senza essere protetti e competenti. Si è – letteralmente – scatenato un inferno, a causa della serie interminabili di attentati incendiari quotidiani (autobus, camion della spazzatura, auto pubbliche e private, stazioni di servizio carburante, e di distribuzione di energia elettrica), oltre che di tipo esplosivo, per far saltare alcuni viadotti con l'obbiettivo di gettare nel caos soprattutto la popolazione della regione.

E il caos continua ancora, malgrado l'arrivo di rinforzi dell'esercito, mandati (controvoglia) dal governo centrale.

Purtroppo è ancora una volta evidente che loro, quelli della cosiddetta malavita organizzata, continuano a essere troppo più forti.

Ma di questo problema, che si sta gonfiando giorno dopo giorno, ho già parlato in altra cronaca, e purtroppo non riguarda solo Rio e le grandi metropoli brasiliane, ma anche molti altri Paesi dell'America Latina.

Quanto ai primi balbettii del nuovo governo, mi limiterò a delle considerazioni personali, che mi sento di poter esternare, (contrariando gli amici di cui sopra), trovandomi in posizione abbastanza privilegiata: non sto parlando della fortuna di passare i mesi invernali nell'altro emisfero, al caldo e in riva all'oceano, ma della full immersion in notiziari, dibattiti televisivi e su gli altri media, pubblicazioni e commenti critici dei migliori opinionisti di tutte le tendenze.

Cominciamo dal capo, il nuovo Presidente Jair Bolsonaro: alla sua prima apparizione internazionale a Davos ha dato subito una chiara dimostrazione dei suoi evidenti limiti. Pur con il dovuto sconto per via delle chiare difficoltà di ordine fisico (è ancora convalescente per le conseguenze del grave attentato subìto in campagna elettorale) e per via del troppo breve periodo passato dall'insediamento, ha fortemente deluso con un brevissimo discorsetto di sei minuti, imparato a memoria e declamato abbastanza male, che riassumeva solo le sue fin troppo ripetute intenzioni, cioè molto meno di un programma di governo, senza dare alcun dettaglio su tempi e modi di attuazione. Dopo di che, nessuna conferenza stampa, nemmeno quelle programmate con i suoi attesissimi ministri della giustizia Sergio Moro e dell'economia Paulo Guedes, limitandosi a incontri bilaterali, col solo scopo di poter diffondere foto con gli altri leader presenti al Forum. Allora mi domando che cosa ci è andato a fare a Davos, e perché non ci sono andati da soli i due ministri, da cui gli investitori internazionali si aspettavano di ascoltare qualcosa di più concreto, che li rassicurasse sull'affidabilità del “nuovo” Brasile?

Va bene, gli servivano quelle foto, da diffondere con qualche cinguettio nel suo pascolo, anche per distrarre la gente dal montare inesorabile dello scandalo, che stava investendo il suo ambito familiare, per via di quello che cominciava a saltar fuori sui movimenti più che sospetti del conto corrente di suo figlio Flavio, già deputato nella corrottissima assemblea legislativa dello stato di Rio, ora eletto con votazione record a un seggio al Senato.

Per me non c'è stata alcuna delusione, visto il curriculum del nuovo presidente.

Da capitano dell'esercito a deputato per otto legislature senza una sola traccia di disegno di legge, e cambiando tre volte partito.

Zero capacità retorica e carisma, non ha mai partecipato ad alcun dibattito, ai pochi comizi si è limitato a ripetere i suoi slogan imparati a memoria; la campagna elettorale è stata tutta impostata sui social media.

Di alcuni dei ministri scelti (da lui o dal suo entourage?) ho già accennato, nel bene e nel male.

Mi hanno particolarmente preoccupato alcune indicazioni, che gli sono state suggerite dal suo guru, il filosofo colombiano (residente negli USA) Olavo de Carvalho: come il ministro dell'educazione e cultura Ricardo Velez Rodriguez, che non perde occasione per sparare opinioni assai discutibili e controverse; così come il ministro incaricato delle questioni ambientali Ricardo Salles, il quale ha subito cancellato tutte le convenzioni con le ONG che si danno appunto da fare per difendere e preservare le foreste e la bio-diversità; o quello degli esteri Ernesto Araújo, il cui discorso di insediamento è stato un vero e proprio festival di castronerie travestite da citazioni erudite assolutamente fuori posto.

Su Damares Alves, ministra della donna, della famiglia e dei diritti umani, non voglio infierire: ci pensa già da sola, con enfatiche dichiarazioni la cui assurdità fa pensare ad una macchietta caricaturale di qualche film comico che potrebbe anche fare successo, se inserita in un buon copione. Ma lei è stata imposta dalla giovane moglie (la terza) del Presidente, che collabora attivamente nella chiesa evangelica di cui la ministra è fanatica pastora.

E quindi, almeno per ora, inamovibile.

E adesso che cosa c'è da aspettarsi, dopo il trauma del penultimo presidente in carcere, e dell'impeachmennt dell'ultima presidente eletta?

Io che, come sapete, amo assai questo strano grande Paese, non posso che augurarmi che le cose migliorino, visto che si stava andando verso il fondo del pozzo.

Sono convinto che il governo Bolsonaro abbia carte importanti da giocare per sistemare un po' le cose più urgenti: che sono, nell'ordine

  1. la riforma del sistema previdenziale, che ormai, con il costo della pubblica amministrazione, assorbe tutte le risorse disponibili, non lasciando che le briciole ad altri investimenti pure improrogabili;
  2. una seria riforma tributaria, che tolga di mezzo tutta la pioggia di incentivi che distorce la produttività delle imprese, e ne semplifichi la vita; senza dimenticare di toglier del tutto, o comunque rendere più equo per tutte le parti, il terrificante tribunale di giustizia del lavoro, che spaventa qualunque imprenditore, interno o esterno che voglia investire direttamente in Brasile;
  3. la sicurezza, togliendo in modo sistematico e razionale spazio alla violenza, che ormai connota profondamente la maggior parte del territorio, urbano ed extra-urbano. I numeri dei morti ammazzati in relazione alla popolazione del Paese sono raccapriccianti, e classificano il Brasile fra i Paesi più violenti nel contesto mondiale. È come se qui ci fosse una guerra. E infatti c'è, fra le varie bande della malavita organizzata, e fra queste e le varie polizie.

Mentre sui primi due si sta lavorando e prima o poi qualche tentativo di soluzione salterà fuori, su quest'ultimo punto non vedo niente ancora all'orizzonte, anche se dovrebbe essere di competenza dell'ex giudice Moro, che ha già dato prova di grandi qualità nella sua lotta alla corruzione, e ora, come Ministro della Giustizia, si deve occupare anche di tutto ciò che concerne proprio la Sicurezza.

Ebbene, la prima (e per ora unica) mossa del nuovo Presidente Bolsonaro è stata, a mio parere, assolutamente negativa per questo aspetto, e forse nemmeno tanto concordata con il ministro, ma dovuta, in quanto promessa elettorale: e cioè il recentissimo decreto legge che permette a chiunque, maggiorenne incensurato e senza problemi psichici, di acquistare fino a quattro armi (pistole o fucili) semi automatiche.

Soprattutto non rientrava fra le cose urgenti da fare.

Visto come hanno festeggiato fabbricanti e commercianti di armi, che sono assai ben rappresentati trasversalmente in quasi tutti i partiti presenti in Camera e Senato, e costituiscono una delle lobbies più agguerrite a Brasilia, non mi aspetto cose molto positive da adesso in poi, considerando che fra le altre forze attive nel Congresso, ci sono i cosiddetti “ruralisti”, cioè allevatori, grandi impresari agricoli e produttori di alimenti, che non sono molto convinti dalle teorie sulla preservazione dell'ambiente e di quelle sul clima.

Senza dimenticare tutti quelli che sono stati eletti perché sponsorizzati dalle varie chiese evangeliche, i quali, sempre a mio parere, faranno fare al Brasile un bel po' di passi indietro in molti campi, visto che non hanno la minima vergogna di classificare come sovversiva la teoria evoluzionista di Darwin, proponendosi di toglierla dalle materie d'insegnamento per sostituirlo con la teoria opposta del creazionismo.

 

P.S. Stavo per chiudere questa cronaca, quando è arrivata la notizia del nuovo disastro che ha colpito la zona mineraria del Minas Gerais.

E mi è subito tornata in mente la dichiarazione assolutamente falsa e facilmente contestabile detta a Davos dal Presidente, che “il Brasile è il Paese che più di tutti al mondo ha fatto per la preservazione dell'ambiente”.

Quello che è successo, e le cui drammatiche conseguenze si vedranno nelle prossime settimane, è dovuto proprio al prevalere di quelle forze che cercano di massimizzare i propri profitti, anche a scapito della difesa ambientale.

E comunque mi risulta che il Brasile non rientra neanche nei primi 50 paesi più virtuosi nella preservazione del pianeta.

Le bugie, hanno le gambe corte. Anzi, in questo caso, drammaticamente cortissime!

 

Inserito il:27/01/2019 11:26:32
Ultimo aggiornamento:27/01/2019 11:35:44
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