Aggiornato al 29/03/2025

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Voltaire

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ReArm Europe può avviare ReStart Europe?

di Bruno Lamborghini

 

La recente decisione del Consiglio dell’Unione Europea di approvare il Libro Bianco ReArm Europe elaborato dalla Commissione in cui si pone l’obiettivo di investire da parte dei paesi UE di 800 miliardi di Euro per la difesa europea e la successiva approvazione da parte del Parlamento europeo hanno aperto un ampio dibattito che ha visto contrapporsi posizioni opposte nei diversi paesi ed anche nell’ambito dei partiti politici sia a destra che a sinistra.

Sono emerse reazioni pacifiste e atteggiamenti spesso incerti, contradditori caratterizzati da ambiguità anche con astensioni nelle votazioni del Parlamento europeo. Hanno certamente contribuito le incertezze e le acrobazie da parte di Trump, con riferimento alla futura partecipazione o meno degli USA alla Nato e comunque la riduzione dei prevalenti contributi e forze militari americane nella Nato da sostituire con contributi e forze da parte europea.

Per quanto riguarda la Nato, non appare concretamente attuabile una uscita degli USA, tenuto conto della diffusa presenza di basi americane in Europa che potranno ridursi, ma non eliminarsi, mentre è certamente prevista una relativa riduzione dell’apporto americano. Trump ha indicato chiaramente che gli USA non intendono continuare ad essere il maggiore supporto economico (con oltre 1000 miliardi di $) della Nato, imponendo ai paesi europei di sostenerne il peso maggiore dato che la Nato opera a difesa dell’Europa e non oltreatlantico. Secondo Trump la spesa militare europea deve passare dall’attuale 1,9% al 5% del Pil europeo, obiettivo di fatto irrealistico.

Il vero obiettivo, più che accrescere le già elevate spese europee per la difesa sarebbe l’impegno al coordinamento dei sistemi nazionali di difesa e delle forniture militari. Nel complesso i paesi UE spendono l’1,9% del PIL nella difesa (oltre 350 miliardi Euro) con quote sul PIL dei singoli paesi che vanno dal 4,1% della Polonia al 2,1 della Germania, all’1.5% dell’Italia ed all’1,3% della Spagna. Secondo il programma ReArm Europe di 800 miliardi da suddividere in 4 anni (200 miliardi annui), questo consentirebbe di far crescere la spesa media per la difesa UE al 3%.

La proposta degli 800 miliardi peraltro rappresenta solo una cornice, non un impegno comunitario, in quanto vi sarebbero 150 miliardi sotto forma di un finanziamento a basso interesse che è a carico dei singoli paesi utilizzatori e 650 miliardi di spesa per la difesa che vanno sostenuti da parte dei singoli paesi a debito senza vincolo di bilancio in eccezione al Patto di stabilità.

In sostanza, si tratta di nuove spese per la difesa a carico del bilancio dei singoli paesi membri e con aumento dell’indebitamento di ciascun paese oppure in sostituzione nelle poste di bilancio di altre spese da ridursi o con possibile accesso ai fondi di coesione al posto di altre spese; su questa ultima possibilità il governo italiano si è opposto. Non è invece previsto un possibile finanziamento del fondo ReArm Europe attraverso l’emissione di Eurobonds europei, come avvenuto per il Next Generation EU, come sarebbe auspicato da alcuni paesi e osteggiato da altri.

Il ReArm Europe è stato interpretato erroneamente da alcuni come un primo passo verso un piano di difesa comune in grado di porre le strutture militari sotto un comune comando, mentre rappresenta una operazione finanziaria per accrescere le risorse Nato in sostituzione di quelle USA .Occorre anche considerare se il ReArm Europe possa avere l’obiettivo anche di promuovere lo sviluppo di industrie europee per la difesa in modo coordinato consentendo così di ridurre la dipendenza delle forniture di armamenti dalle importazioni prevalentemente di origine USA.

Si è aperta poi la questione del rapporto di ReArm Europe con quanto si sta discutendo da parte di alcuni paesi cosiddetti “volonterosi”, sulla base dell’iniziativa intrapresa da Francia e Gran Bretagna che hanno avviato  riunioni informali per costituire un nucleo di difesa comune su base volontaria aperto anche a paesi non appartenenti all’Unione Europea, in primis la Gran Bretagna ed anche Norvegia, Turchia, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Alla riunione del 15 marzo hanno partecipato 25 paesi includendo anche il gruppo di paesi europei con frontiere critiche con la Russia, particolarmente interessati già a un preaccordo tra paesi baltici, Polonia, Finlandia e Svezia. Il governo italiano pur partecipando alla call ha mostrato dubbi e incertezze.

Ci si chiede quali siano gli obiettivi di questo nucleo di paesi e se possano costituire la base per lo sviluppo di un organo comune di difesa europea da allargare anche a paesi extra UE. Si tratta di un’azione di rafforzamento della Nato o una nuova entità parallela alla Nato? E’ solo una risposta a quanto minacciato da Trump?

Si vuole creare una nuova entità diversa e di fuori della UE? Può rendere più complessa l’azione portata avanti dalla Commissione o invece essa rafforza, facilita e rende più operativa l’azione UE?  L’affiancamento anche di Gran Bretagna e altri extra UE può accelerare i processi decisionali operando con voto di maggioranza e superando i vincoli del voto all’unanimità dell’Unione Europea che bloccano qualsiasi decisione per il solo voto negativo di Orban?

L’urgenza di un maggiore impegno europeo per la difesa è stata certamente provocata dalle minacce di Trump, ma anche e soprattutto dalla crescente percezione del grave rischio nei confronti della Russia che va ben oltre la possibile incerta conclusione della tregua/guerra, per quanto potrà avvenire  poi tenendo conto degli obiettivi strategici sempre espressi da Putin, dopo una conclusione, che si farà passare per vittoria, nei confronti dell’intera Ucraina, da far divenire una seconda Bielorussia, verso Odessa ed  il collegamento con la Transnistria/Moldova  così come per il passaggio Sikorsky in terra polacca tra Bielorussia e Kaliningrad, oltre ad altre possibili espansioni in terra Nato.  

Nell’ambito dei lavori del gruppo coordinato da Starmer si è trattato anche delle forze armate peacekeeping da inviare alle frontiere di tregua in Ucraina, cui appare opporsi Putin e su cui si è già manifestato un interesse di coordinamento da parte di Erdogan. La proposta di Macron di inviare in Ucraina 30.000 militari europei non appare realistica.

Il gruppo Starmer ha indetto riunioni anche degli stati maggiori dei diversi paesi proponendosi di rafforzare gli organismi militari già esistenti a livello UE e Nato per sviluppare possibili processi di integrazione dei sistemi militari allargati anche extra UE con altri paesi.

Questa operazione in qualche aspetto extra istituzionale e quindi con minori vincoli rispetto a processi UE e Nato potrà costituire forse il motore per accelerare e unificare le azioni proposte da ReArm Europe della Commissione UE? E operativamente potrà rientrare nella gestione Nato? Sono risposte che dovranno essere chiarite al più presto.

Vi è un’altra novità importante e sarà molto interessante capire quale sarà il ruolo della nuova Germania del Cancelliere Merz che ha già eliminato il vincolo costituzionale del non superamento dello 0.35% del deficit di bilancio con l’approvazione dell’extra budget di 500 miliardi Euro in 12 anni per spese militari e interventi di rilancio economico industriale e ambientale.

Si tratta di un evento storico con effetti anche per l‘Unione Europea che vedrà probabilmente la Germania di Merz divenire capofila delle politiche europee non solo per la difesa comune, ma anche nei confronti delle reazioni alle minacce e ai dazi da parte di Trump.

La Germania, da Yalta in poi, è stata sempre tenuta sotto controllo dagli Stati Uniti cercando di bloccare la crescita della sua struttura militare ed anche temendo la sua crescita economica quale principale competitor europeo.

Ora sembra profilarsi una nuova fase del ruolo della Germania in grado di rafforzare l’Unione nella difesa europea e di affrontare con maggiore determinazione il confronto con le minacciose intimidazioni anti europee da parte assieme di Trump e Putin

L’intervento contemporaneo del ReArm Europe, dei “volonterosi” di Starmer e della nuova Germania di Merz possono contribuire ad avviare e ad accelerare la costruzione di una Europa più forte ed unita sia militarmente che politicamente?

Dobbiamo sperare e pensare che sotto la spinta della tempesta di Trump e del crescente rischio di Putin possa nascere una forte volontà e identità comune europea per costruire, come avvenne per la grande ricostruzione europea dopo il drammatico conflitto mondiale, nuove forme politiche e istituzionali per una Europa finalmente unita e auspicabilmente federale in grado di non soccombere ed invece affrontare le grandi sfide geopoltiche che stanno crescendo. 

   

Inserito il:17/03/2025 14:31:34
Ultimo aggiornamento:18/03/2025 11:38:48
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