Paul Megens (Contemporaneo - Eindhoven, Olanda) - The Thinker
E adesso che si fa?
di Giorgio Panattoni
La situazione che si è creata con le dimissioni di Renzi è davvero complicata e merita qualche riflessione.
Io provo a dire la mia, cercando di mettermi fuori dagli appetiti e dalle necessità politiche di tutti i contendenti.
Incominciamo dal Presidente della Repubblica.
Mi pare ovvio che il Colle punti alla unità nazionale, dopo la lacerazione profonda che si è verificata col plebiscito sul governo. E quindi Governo Istituzionale, o Governo della Nazione, tutti d'accordo per metterci tutto il tempo necessario per fare la legge elettorale (che in tanti anni è sempre stata solo una legge della maggioranza), affrontare i temi critici del paese e poi, possibilmente a fine legislatura, alle urne.
Ma questa è una strada percorribile? Valutando gli interessi dei partiti sembra di no. Favorevoli a questa tesi ci sono solo quelli che hanno i problemi più acuti, Forza Italia (con qualche distinguo per tutelare la sua candidatura a prossimo leader), alle prese con le contraddizioni all'interno della sua coalizione, e sinistra DS, che tenta di riconquistare una posizione non subordinata ai renziani. Tutti gli altri vorrebbero andare alle urne subito per lucrare la rendita che scaturisce dal voto referendario (5 STELLE, LEGA, FRATELLI DI ITALIA, SINISTRA DI OPPOSIZIONE) o che non vogliono lasciare in mano agli oppositori la leva delle soluzioni di Palazzo e del rinvio della elezione (RENZI).
Personalmente credo che la maggioranza di governo non sia in grado oggi di reggere nel paese una posizione come questa e che subirà un forte impatto negativo se dovesse subire una scelta che di fatto per l'ennesima volta si rifiuta di confrontarsi con il volere popolare.
E poi francamente in queste condizioni la utopia di un Governo della Nazione sembra lontana e poco praticabile.
E allora? C'è comunque da risolvere il problema della legge elettorale, che è oggi un gran pasticcio, ulteriormente complicato dalla sentenza della Consulta, che non potrà arrivare prima di un paio di mesi.
Ma questa questione può essere affrontata con una soluzione di compromesso, annunciando che si va alle elezioni non appena ci siano le condizioni di farlo e varando un governo che realizzi questo obiettivo in tempi brevi.
In fondo il referendum ha detto chiaramente che la base popolare rivendica per sé la decisione da chi farsi governare e che non accetta più i giochi di palazzo per rimandare quello che viene indicato come un diritto imprescindibile.
E questo sarà il leitmotiv, aspro e aggressivo, dei prossimi giorni e mesi, con una ulteriore spaccatura nel paese.
Una riflessione su questo punto, che mi sembra quello centrale, mi pare importante, per evitare ancora una volta una rappresentazione della politica dei partiti lontana e avulsa dalle indicazioni della società.
C'è ora l'occasione di chiarire che ci si può confrontare e far decidere sulla base dei programmi, mettendo a punto una legge elettorale che coniughi davvero rappresentatività e governabilità, come dicono in tanti, salvo poi, come dimostrato in questi ultimi anni, la incapacità di realizzare una legge seria e rispondente a questi obiettivi.
Ma almeno si dovrebbe provare, chiunque vinca sarà legittimato a governare (o stare alla opposizione, sperando sia migliore di quella inaccettabile attuale).