Aggiornato al 21/11/2024

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Voltaire

Battaglia di Khaybar - Hazrat Ali uccide Marhab

 

Israele-Hamas: missili, bilanci e antipolitica  (2/2)

(seguito)

di Vincenzo Rampolla

 

L’esercito e il Governo israeliano hanno giurato che questa volta lo scontro a Gaza non sarà  la solita scaramuccia: sarà diverso. E durante i bombardamenti sono stati uccise decine di miliziani di Hamas, 5 comandanti e 20 ufficiali di alto livello. Israele dice di aver fatto crollare quasi 100 km dei tunnel usati per il contrabbando di beni e stiva di armamenti e di aver distrutto 340 lanciarazzi; dice anche che 300 km sono ancora intatti. Nel conto finale le capacità offensive di Hamas e degli altri gruppi militari della Striscia non sono state messe seriamente alla prova: negli ultimi giorni almeno 4.000 razzi sono stati lanciati su Israele e rimane una riserva di 8.000 razzi e centinaia di lanciarazzi, sufficienti per altri due scontri. Hamas lo sa e insiste, ma dovrà impegnarsi a fondo nel processo di ricostruzione, non solo delle sue infrastrutture militari ma anche di quelle civili: fogne e condutture allo sfascio, 17 cliniche e ospedali danneggiati e almeno 1.000 edifici sventrati o in parte distrutti, con perdita di abitazioni per 40.000 civili. In realtà, chi è stato messo alla prova è stato proprio Israele.

La prima certezza è che l’offensiva con razzi e missili da parte dei militanti di Hamas e della Jihad Islamica sia stata più incisiva del previsto, per numero di ordigni e per raggio d’azione sviluppato, con gittate massime dell’ordine di 250 km, stando al comunicato del 13 maggio 2021 di Abu Obeida, portavoce dell’ala militare di Hamas (brigate di Izz al-Din al-Qassam che ha dato il nome all’omonimo razzo Qassam): Colpire Tel Aviv, Gerusalemme, Ashkelon, Ashdod, Dimona e Beersheba, vicine e lontane, è stato più facile che bere un bicchiere di acqua. Al nemico diciamo: i tuoi aeroporti e da nord a sud ogni luogo è alla portata dei nostri mezzi.  E soprattutto ha ribadito che il nuovo missile Ayyash 250, con gittata superiore a 250 km, è stato lanciato a 220 km da Gaza, sull’aeroporto di Ramon. In realtà in quel giorno un ordigno ignoto è arrivato fino alla pista di Ramon, scalo aereo della vicina città di Eliat, base dei caccia F-16 Sufa che bersagliano Gaza con missili e bombe guidate JDAM (Joint Direct Attack Munition), quelle dotate di un sensore di ricerca e di designazione laser del bersaglio. Fino a ieri nulla si sapeva di questo missile, dal nome consacrato dai palestinesi in memoria di Yahya Ayyash, oscuro ingegnere tra i fondatori di Hamas, dalle eccellenti doti tecnico-militari, prima di venire ucciso nel 1996 dallo Shin Bet (Servizio Segreto Israeliano) con un cellulare imbottito di esplosivo.

L’effetto sorpresa di disporre di un nuovo missile, in realtà made in Iran, rientra nello schiaffo al nemico per convincerlo che ormai nessun punto di Israele è al sicuro. Da Gaza, le massime distanze in Israele sono di 200-220 km a Nord, verso la frontiera libanese e verso Sud, fino al golfo di Eliat, mentre in direzione Est, a 50 km si è già in Cisgiordania. I lanci massicci, di cui alcuni con traiettoria strategica decisamente di test, sono l’indice della volontà di paralizzare la difesa antibalistica israeliana ingolfandola con richieste di un enorme numero di risposte contro offensive. Essi danno un preciso messaggio di forza da parte di Hamas e delle milizie affiancate: in 7 giorni hanno lanciato un numero di ordigni pari al 60 % di tutti quelli lanciati nei 2 mesi della crisi del 2014.

Sull’ampiezza del deposito balistico di Hamas e Jihad Islamica si hanno solo stime di origine intelligence. Nel 2014, gli israeliani valutarono un arsenale di 10.000 ordigni balistici di ogni modello; alla data attuale il totale dei vettori di Hamas e alleati è cresciuto e se nella prima settimana del conflitto, 10-17 maggio 2021, sono stati lanciati più di 3.000 ordigni, l’arsenale sarà ben superiore a quello di 7 anni fa.

Dal 10 maggio, il resoconto quotidiano estratto dal Jerusalem Post, dalle Agenzie e dalle stime dello Shin Bet parla di almeno 30.000 fra razzi e missili. ADN Kronos valuta l’arsenale balistico di Hamas intorno a 50.000 pezzi, finanziati grazie al contributo del popolo iraniano, secondo i cinici commenti dei media occidentali. Nel frattempo, in pochissimi mesi il sorprendente aumento del numero di Stati arabi amici di Israele, che fino al 2020 riuniva soltanto l’Egitto dal ‘79 e la Giordania dal’94, ha rappresentato una reale rivoluzione geopolitica.

Ciò è servito per consolidare un’alleanza contro l’Iran, Paese che negli ultimi anni ha aumentato sempre più il suo sostegno militare ai palestinesi, con forniture di razzi e missili. Proprio in Iran ritorna a galla l’ex-presidente Mahmoud Ahmadinejiad, guida dal 2005 al 2013 e decisivo fautore del programma nucleare. Lo scoppio della crisi non può che giovare all’interno alla fazione oltranzista iraniana filo ayatollah Alì Khamenei, vecchio e malandato; in cuor suo non vede l’ora che falliscano i colloqui di Vienna gestiti dal mite Hassan Rohani per riaccendere il patto JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) con USA e gli altri Paesi sull’accordo del nucleare iraniano.

Nell’attuale fase di delicata congiuntura dell’Iran, il conflitto di Gaza è manna dal cielo per rilanciare la carta politica in vista delle elezioni presidenziali del 18 giugno e dei consigli islamici cittadini oltre che per difendere l’ascesa al potere di nuove generazioni di pasdaran. Hamas, ha deciso di alzare la posta giocando su un ultimatum, intimando agli israeliani di ritirarsi dalla moschea di Al Aqsa entro le ore 18.00 del 10 maggio. Alla scadenza, è scattata l’offensiva missilistica, cui subito ha fatto eco l’aviazione israeliana con centinaia di attacchi aerei. Ogni giorno.

Fin dall’11 maggio, primo giorno della crisi, Hamas aveva dispiegato lungo la frontiera varie postazioni di missili anticarro, fra cui i moderni Kornet di produzione russa, inviati dall’Iran e ivi prodotti su licenza sotto il nome Dehlavie, in grado di coprire distanze tra 5 - 10 km. Mentre Hamas scaricava razzi su Tel Aviv e sulle città israeliane vicino alla Striscia, l’esercito ebraico si è mobilitato con oltre 9.000 riservisti concentrando carri da battaglia Merkava e cannoni semoventi M-109 Doher.

Nella notte del 13 maggio, la stampa mondiale ha annunciato l’inizio dell’offensiva terrestre. Il 14 maggio contrordine dell’attacco terrestre, ma l’artiglieria è entrata in azione da oltre frontiera, lanciando migliaia di granate sulle strutture di Hamas. La finta invasione di Gaza via terra è stata la tattica per seminare il panico tra le milizie di Hamas, obbligandole a rintanarsi nella rete dei tunnel e intrappolarle con attacchi mirati sulle gallerie, la cosiddetta metropolitana di Gaza, rete di postazioni interrate, collegate tra loro con tunnel, attraverso le quali è possibile uscire all’improvviso per lanciare salve di razzi verso Israele e rifugiarsi poi subito sottoterra. Sono comunque le forze aeree della Heyl Ha’Avir a condurre il gioco con  F-15, F-16 e F-35 e un picco di attacchi con 160 caccia in un solo giorno.

Il 15 maggio, 4 bombe di precisione, dopo un avvertimento preliminare per evitare vittime civili, hanno interamente sventrato il palazzo Al Jala, sede della Direzione di Hamas. Lunedì 17 maggio, l’aviazione comunica di aver impiegato 54 caccia per colpire un totale di 35 obbiettivi. Lo Stato Maggiore afferma di aver distrutto 15 km sotterranei dei tunnel di Hamas. Il bilancio delle vittime palestinesi, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sarebbe di 248 morti (20-75 militanti di Hamas e della Jihad islamica, 67 minori e 34 donne) e 1225 feriti dall'inizio degli scontri.

L’abilità dei palestinesi nell’eclissare truppe e materiali in ogni anfratto, casupola o minima opera di scavo, ha comunque negato a Israele una vittoria decisiva contro un nemico esaltato dal culto del martirio, mettendo in secondo piano la scelta tra vittoria rapida o sconfitta. Abbas sogghigna compiaciuto: la prova di essere stati gli alfieri dell’orgoglio palestinese deciso a terrorizzare il nemico e a instillargli un senso di impotenza.

Anche se gli Usa avevano promesso di fare il possibile per sanare il conflitto, cova nel profondo l’impressione che Washington abbia dato carta bianca a Netanyahu per continuare a distruggere senza tregua i depositi di missili a Gaza.

Si parla dei Grad da 122 mm di origine russa, ricevuti via Siria e del modello cinese arrivato dall’Iran. Teheran ha fornito in passato anche una propria versione del Grad, l’Arash da 22 km di gittata, mentre dalla cinese Norinco sarebbero arrivati numerosi WS-1 con gittata fino a 45 km e carico di 20 kg di esplosivo.  I semplici componenti dei razzi Quassam e Ayyash 250 consentono di mettere in luce caratteristiche di particolare interesse. I Qassam sono razzi costituiti da un tubo in acciaio, con versioni da 80 cm a 3 m, riempito con una carica esplosiva mista da 0,5 - 20 kg di TNT e nitrourea, derivata da fertilizzanti; la propulsione a razzo è fornita da un propellente solido ottenuto mescolando zucchero e nitrato di potassio, anch’esso ricavato da concimi chimici. Nuovi razzi sono usciti, con 7 modelli disponibili e gittata da 3 - 75 km, con 1-7 ugelli di scarico e spoletta a impatto modificata. A differenza di un missile, il Qassam non è guidato, ha un basso potenziale esplosivo e un alto tasso di errore sul bersaglio. I soldati israeliani lo chiamano beffardamente un incrocio tra un proiettile di artiglieria e un fuoco artificiale. Non colpisce con precisione un bersaglio e spesso finisce contro abitazioni di palestinesi, ma è efficace in azioni di fuoco su bersagli estesi come città o basi militari.

L’Ayyash 250 appartiene alla famiglia dei missili iraniani a corto raggio Fateh 110, con gittata fino a 300 km, di circa 9 m e peso 3,5 t, in grado di superare 3.500 km/h. A prima vista pare un’arma di propaganda, di stampo terroristico, militarmente inutile e impreciso. Sempre fornito dall’Iran c’é il Badr 3, missile con testata da 250 kg di esplosivo, gittata fino a 160 km e dotato di spoletta in grado di far detonare la testata a circa 20 m sopra il punto d’impatto, diffondendo una micidiale ondata di schegge.

C’è anche il razzo Fajr 5, venduto dall’Iran dal 2012. Versione base di 6,5 m, peso 900 kg, di cui 175 kg della testata a frammentazione e gittata di 75 km; una certa stabilità nel volo è data dalla capacità di ruotare attorno al proprio asse, pur non essendo un’arma guidata.. Velocità 3.960 km/h, molto elevata e adatto in ottica  terroristica contro obbiettivi urbani. In bella mostra Israele ha sfoggiato il suo Iron Dome (Cupola di ferro), sistema di difesa antimissile che lo protegge da minacce balistiche dai colpi di artiglieria fino ai razzi. Dati certi confermano che fino al 17 maggio, su oltre 3.100 razzi sparati da Gaza contro Israele, almeno 1.000 sono stati intercettati e abbattuti dall’Iron Dome.

L’esigenza di Tel Aviv di dotarsi di  questo tipo di sistema di difesa nasce nel 2006 durante la Seconda Guerra del Libano. All’epoca su Haifa e nel nord di Israele furono lanciati quasi 4.000 razzi a corto raggio Katyusha, con 44 morti e l’evacuazione di 250.000 abitanti. Tra il 2000-2008 si calcola che un totale di 4.000 proiettili di mortaio e altrettanti razzi Qassam siano stati scaricati da Gaza nel sud d’Israele, mettendo sotto tiro un milione di persone. A febbraio 2007, Ministero della Difesa e Governo hanno deciso di correre ai ripari e dotarsi di Iron Dome, sistema mobile di difesa aerea.

Da marzo 2014 Rafael ADS (Advanced Defense Systems) e IAI (Israel Aerospace Industries) studiano con l’americana Raytheon lo sviluppo di Tamir, cuore del sistema, missile da intercettazione, condizione per dare a Israele la possibilità di accedere a fondi Usa, in totale a $1,4 miliardi nel periodo 2011-2016, a copertura oggi del 55% dello sviluppo e produzione dei componenti del sistema. Entrato a far parte della IAF (Israeli Air Force) da marzo 2011 è in grado di intercettare 75 - 95% delle minacce balistiche, molto più preciso di altri sistemi tipo Patriot, parte dello scudo antimissile d’Israele. A febbraio 2021 l’IAF riceve l’ultima versione di Iron Dome, livello che lo rende il più collaudato al mondo, con migliaia di colpi di artiglieria e di missili intercettati. Secondo fonti israeliane, nel 2015, sono stati colpiti e abbattuti 1.500 razzi lanciati dai militanti palestinesi.

Iron Dome è formato da 3 moduli di base: radar di intercettazione e tracciamento, sistema di controllo e gestione dell’intervento bellico. Una batteria di Iron Dome consiste di 3/4 lanciatori fissi trasportabili su camion, ognuno dotato di 20 missili Tamir associati ad un radar. Ogni batteria può coprire un’area di 150 km² con un raggio di azione tra 4 - 70 km. Dopo avere rilevato  e identificato il razzo o il proiettile, il radar ne monitora la traiettoria e un algoritmo (sistema Bmc) ne calcola la proiezione per stabilire il punto di impatto, solo se diagnosticato come minaccia. Opera di giorno e di notte, pensato per funzionare nelle condizioni ambientali del Paese con nuvole basse, nebbia o tempeste di sabbia. Tamir è lungo 3 m, diametro 50 mm e peso 90 kg. Dotato di un sensore elettro-ottico, ha alette mobili stabilizzatrici atte a variare la traiettoria di volo e ha una testata esplosiva innescata da un sensore di prossimità. Costo di un Tamir $20 -50.000, costo della batteria completa di Iron Dome $50-100 milioni.

Per ridimensionare l’efficacia di Iron Dome le fonti iraniane, hanno tempestivamente diffuso una loro contro-informazione. C’è del vero, pur se gonfiata dalla propaganda.

Il 15 maggio l’agenzia iraniana Tasnim ha diffuso un intervento di Seyed Mohammad Taheri esperto di tecnologie militari, secondo cui: Il numero di sistemi Iron Dome disponibili è insufficiente a coprire l’intero Paese. In una guerra su più fronti, il sistema non sarebbe in grado di rispondere a tutti gli attacchi con missili o razzi e le difese a bassa quota di Israele diventerebbero molto vulnerabili. Si scopre che il sistema non può intercettare ordigni provenienti da distanze inferiori a 4 km e con un tempo di volo inferiore a 28 sec. Fra le finezze raccolte su alcuni video, si nota che anche i palestinesi adotterebbero un profilo di volo molto più basso e piatto, cercando di simulare un moto della parabola balistica simile a quello di un missile, per confondere la sua rotta sui radar.

Il 21 maggio, in seguito ad un accordo mediato dal Governo Egiziano, dopo 11 giorni di lanci di razzi e raid aerei, Israele e Hamas hanno fermato nella notte le ostilità annunciando la conclusione delle rispettive operazioni militari Guardiano del Muro e Spada di Gerusalemme. Se ci fosse stato bisogno di entrare a Gaza con truppe di terra, lo avremmo fatto, ma ho creduto che avremmo potuto raggiungere i nostri obiettivi senza farlo, ha dichiarato il Primo Ministro Netanyahu, parlando a Tel Aviv dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco.

Il 25 maggio il Segretario di Stato Usa Anthony Blinken ha annunciato a B. Netanyahu a Gerusalemme, prima tappa del tour a Ramallah, Cairo e Amman, che l'Amministrazione Biden riaprirà il Consolato Usa a Gerusalemme e che è stata appena approvata dal Presidente la vendita a Israele di armamenti per $75 milioni, regalino per la rielezione di Netanyahu, oltre a $ 5,5 milioni di assistenza immediata in caso di calamità a Gaza. $ 32 milioni sono un ulteriore sostegno Usa per l'appello umanitario di emergenza dell'UNRWA (Agenzia ONU per il Soccorso e l’Occupazione), riattivato dopo l’interruzione voluta da D.Trump. È anche in cantiere l’incentivo di $1miliardo per finanziare la manutenzione dell’Iron Dome.

Dal canto suo la diplomazia mondiale si è rivelata impotente, dopo la gaffe del Consiglio di Sicurezza dell’ONU incapace di trovare un accordo su un comunicato di condanna del conflitto. Si è  limitato ad aprire un’inchiesta internazionale per le violazioni dei diritti umani commesse nei territori palestinesi occupati e in Israele a partire da aprile 2021 e sulle cause profonde delle tensioni. Si tratta di un’interpellanzata lanciata dal rappresentante del Pakistan, siluro antipolitico che ha mandato su tutte le furie Netanyahu, accusando l'ONU di aperta ossessione anti-israeliana. Positivo intanto per Hamas il risultato esclusivo e insperato di unificare contro Israele i palestinesi di Cisgiordania, della Striscia di Gaza e gli arabi israeliani, fazioni in eterno disaccordo per ragioni geopolitiche, fraternamente associati negli ultimi giorni nel manifestare in modo unito. Ennesimo esempio di maleodorante antipolitica.

I media di Gerusalemme e del mondo intero, con disinvoltura hanno pubblicato in 1ª e 3ª pagina le foto dei 67 minori uccisi a Gaza nel conflitto, celando quelli d’Israele, coperti da un’enorme titolo. Anche il Presidente dell’Iran plaude e si è fregato le mani soddisfatto per i test di lancio dell’Ayyash 250 nelle mani di Hamas e della Jihad Islamica. Collaudo riuscito alla grande, in attesa dell’occasione fatale nel prossimo duello con i giudei.   

 

Inserito il:05/06/2021 11:12:38
Ultimo aggiornamento:05/06/2021 12:00:54
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