Gabriele Salvatore (Milano - Jesolo) - Ucraina No War
Escalation e de-escalation per il 9 maggio?
di Bruno Lamborghini
I nuovi piani sull’Ucraina di Putin a metà aprile 2022 puntano alla fatidica data del 9 maggio in occasione della grande parata celebrativa della vittoria sul nazismo di 75 anni fa ed ora, sempre secondo Putin, anche dell’annuncio della vittoria su quello che definisce “nazismo” ucraino.
Questa vittoria, nel suo piano ridimensionato, può riguardare, non più tutta l’Ucraina, ma almeno il corridoio a Sud-Est da Kharchiv al Donbass ed al Mar d’Azov (e perché no anche al Mar Nero via Odessa). Per questo è stato ingaggiato il generale Dvornikov, conosciuto come il “macellaio della Siria” che da par suo dovrà radere al suolo e fare piazza pulita in tutte quelle città e allontanare o eliminare l’intera popolazione.
Il tempo è breve perché tutto deve avvenire, sempre secondo quelli che appaiono i piani di Putin, possibilmente prima della Pasqua ortodossa il 24 aprile o comunque entro il 9 maggio. Ma i suoi piani non tengono conto che le forze ucraine si sono rafforzate con nuovi armamenti e si sono concentrate nelle aree ad Est, intendendo assolutamente non cedere il controllo di quei territori.
Permane certamente la sproporzione dei mezzi e delle unità militari disponibili dalle due parti, ma nulla è impossibile, tenuto conto della debolezza e confusione dimostrata dai militari russi (oltre ai massacri effettuati) nell’operazione su Kiev. L’unica apparente certezza è l’ulteriore distruzione che potrà essere portata in quei territori (come avvenuto per Kharchiv e Mariupol) con gravissime perdite umane.
La sorte personale di Putin è legata al successo militare con l’annessione di quei territori e in tal caso, dopo la fase di escalation, potrebbe proporre magnanimamente una de-escalation cercando di aprire e guidare un negoziato con l’Ucraina da un punto di forza.
Ben diverso, anche se problematico, sarebbe un risultato, anche parziale, del controllo da parte ucraina di quei territori, perché si potrebbe aprire un negoziato guidato da Zelensky che dovrebbe trattare faticosamente con un Putin sconfitto o con un suo successore proveniente presumibilmente dal settore militare, in una condizione particolare della nazione russa che non accetterebbe facilmente una sconfitta.
Nell’un caso o nell’altro o addirittura nell’incerta conclusione dello scontro e del controllo dei territori, vi è il forte rischio del permanere di un conflitto ibrido per molto tempo e di un continuo clima di guerra.
La sola via d’uscita potrebbe essere un incontro ad alto livello geopolitico da parte di Stati Uniti, Europa, Russia e Cina che dovrebbe cercare di trovare soluzioni per il futuro dell’Ucraina, ma soprattutto affrontare ciò che la crisi ucraina ha messo in chiara evidenza e cioè la situazione di crisi dell’equilibrio geopolitico mondiale, già evidente anche precedentemente.
Di fatto, è cambiato il tradizionale ruolo di “guardiano del mondo” degli Stati Uniti dopo il crollo dell’Unione Sovietica, a cui non è seguito un ridisegno geopolitico con adeguata attenzione ed impegno da parte americana ed europea, in particolare nei rapporti della Russia con l’Occidente e la Nato, con conseguente nascita della Federazione russa di Putin con le ambizioni di rivincita e ricerca di un proprio ruolo nel contesto internazionale e con i drammatici risultati ora manifestati.
Con la liberalizzazione degli scambi dopo la fine dei due blocchi negli anni 90 è esploso il processo di una globalizzazione fuori controllo che ha consentito lo straordinario sviluppo della Cina. come “fabbrica del mondo” e la diffusione della presenza cinese, determinando così il crescente scontro con gli Stati Uniti, uno scontro di dominio non solo commerciale.
In questo contesto mondiale magmatico, sta cercando di inserirsi la Russia di Putin in chiave antiamericana ed alla ricerca di alleanze e integrazioni con la Cina, la quale peraltro sembra diffidare del partner russo, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina.
I piani espansionistici di Xi Inping non prevedono interventi di questo tipo, ma solo progressi basati su precisi interessi economici e nel rapporto con la Russia possibili vantaggi economico-politici, approfittando anche dell’indebolimento attuale della Russia.
Per cui, in un possibile ed auspicabile, anche se molto difficile, nuovo Patto di Yalta tra USA e Cina, con obiettivi di ricerca comune per un nuovo equilibrio geopolitico e per il rafforzamento dell’interscambio economico internazionale, il ruolo della Russia, in presenza o meno di Putin, appare marginale, tenuto conto dell’atteggiamento diffidente della Cina, ma sopratutto per la posizione dell’Amministrazione Biden che ha chiaramente messo all’angolo, forse in modo definitivo, la Russia dell’invasione, ed in particolare con l’accusa a Putin di crimini di guerra.
Resta comunque aperta e incerta la condizione futura della Russia con Putin o senza, sia per le condizioni economiche di default permanente determinate dalle sanzioni (la cui consistenza e durata dovrà in qualche modo essere definita) e dai costi bellici, che in particolare per i gravi rischi della gestione di testate nucleari da parte di una nazione in condizioni critiche e incerte, senza regole definite a livello internazionale.
Ancor più, se proseguiranno in qualche modo da parte russa condizioni di belligeranza e rischi di ulteriore ampliamento dei conflitti con l’avvio di una Cortina di ferro, si potranno aggravare le situazioni di minaccia e incertezza, non solo per l’Ucraina ma anche per i paesi europei di confine e per l’Europa nel suo insieme.