Aggiornato al 21/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

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Tre articoli sul conflitto in Israele, Libano e Palestina, costruiti a partire da informazioni colte nei luoghi degli scontri. Toccano due eventi recentissimi, il mandato di arresto di Netanyahu, da una settimana ufficialmente ricercato internazionale e il cessate il fuoco in Libano annunciato alla Tv israeliana dal Primo Ministro israeliano. I dettagli esaminati, i loro effetti e gli sviluppi possono aprire nuovi spiragli di crescita e evoluzione del domani delle Nazioni e della convivenza delle genti.

 

Il mandato di arresto e le responsabilità di Netanyahu

di Vincenzo Rampolla

 

27.11.2024

La fragile tregua in Libano ha messo in secondo piano la notizia che la Corte distrettuale di Gerusalemme, dopo reiterate richieste tutte respinte, ha concesso un rinvio di 8 giorni al Primo Ministro Benjamin Netanyahu (nickname BiBi). Accetta in parte l'istanza della difesa di posticipare di 15 giorni l'audizione in tribunale - nei tre casi di frode, abuso d'ufficio e corruzione per cui è a processo – e riconosce la motivazione degli impegni del Premier nei conflitti di Gaza e Libano. L'ufficio del Procuratore ha dichiarato la contrarietà a qualsiasi ulteriore ritardo. Porterebbe a rinviare il dibattimento all’infinito.

Per la prima volta un leader, eletto liberamente e democraticamente, è ricercato perché sussistono fondati motivi per ritenere che abbia intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla loro sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, carburante e elettricità.

Si legge su Haaretz: Netanyahu ha ora due vie da percorrere: sedurre gli israeliani convincendoli che i casi internazionali non sono rivolti a lui personalmente, a causa del modo in cui ha scelto di condurre la guerra, ma contro tutti gli israeliani come collettività e nazione. La seconda è lanciare una guerra di annientamento, per smantellare le norme e i meccanismi comunemente pattuiti.

Resta aperta la questione di come verrà assicurata la sicurezza al testimone durante il processo, con il tribunale sprovvisto di rifugio antiaereo. I servizi di sicurezza dello Shin Bet si sono astenuti dal presentare una valutazione di rischio di pericolosità alla presenza di BiBi in aula. E così per una udienza che apre le porte, un’altra è invece barcollante. Il mandato di arresto CPI (Corte Penale Internazionale) per BiBi e l'ex ministro della Difesa Gallant agitano la diplomazia. Uno sparuto tentativo verso la verità viene dalla Commissione d'inchiesta indipendente istituita dalle vittime del 7 ottobre, arrivata alla conclusione che l'intero Governo ha fallito la sua missione primaria e che le Forze di Difesa Israeliane, lo Shin Bet e altre istituzioni hanno completamente mancato nel raggiungere il loro obiettivo: proteggere i cittadini di Israele. Quattro mesi di lavoro durante i quali sono state presentate 120 testimonianze, ascoltati ex primi ministri, alti ufficiali della difesa e funzionari dell'intelligence. Nel rapporto finale il collegio civile ha ripetutamente ribadito la preoccupazione che il loro operato non può sostituire quello di un'indagine ufficiale di stato.

Coloro che hanno accettato di rilasciare libera deposizione hanno tratteggiato il Primo Ministro come responsabile di aver minato tutti i centri decisionali, compreso il gabinetto e il Consiglio di sicurezza nazionale, in un modo che ha impedito qualsiasi discussione seria che includa una pluralità di opinioni su questioni di sicurezza significative. Secondo la Commissione, l'arroganza e l'intrinseca cecità hanno anche portato la leadership politica a rafforzare Hamas, trasferendo fondi e evitando di rispondere alle minacce. L'indagine ha anche rilevato responsabilità nei predecessori, Naftali Bennett e Yair Lapid, nonché dell'ex ministro della Difesa Benny Gantz.

Si legge ancora su Haaretz: Per quanto molti israeliani si sentano a disagio nel vedere i propri leader accusati di crimini internazionali, non ci si interroga abbastanza su cosa si sarebbe potuto fare in alternativa. Avrebbe Israele potuto evitare la sentenza se le sue politiche riguardanti gli obiettivi e l'autorizzazione degli aiuti umanitari a Gaza – così come molte altre decisioni prese dopo il 7 ottobre – fossero state diverse?

Che senso avrebbe allora parlarne e scriverne? E contare le camere mortuarie, depennare e raschiare la parola umanità dai dizionari, insieme a amore, compassione, rispetto rimpiazzate da quelle in voga dominanti e sovrastanti: potere, politica, desiderio, paura?

(consultazione: rapporto CPI, lettere da mosca, valigia blu, gatestone institute, l’informale-eu, formiche.net, il giornale.it, le monde, timesofisrael.com, cdn.amproject..org., lediplomat.media, giornalisti bassam tawil, alfredo de girolamo, enrico catassi, giulio fedele, haaretz, tribune, mailchi.mp, shalom.it)

 

Inserito il:28/11/2024 21:57:08
Ultimo aggiornamento:29/11/2024 15:14:39
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