Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Jonathan Chapman (Winchester, Hampshire, United Kingdom) – Rio de Janeiro

 

8 gennaio 2023, il giorno più nero di una città luminosa. E adesso?

di Graziano Saibene

 

Da quando sono “emigrato” in Brasile, uno dei viaggi di esplorazione più emozionante che ho fatto è stato la prima visita a Brasilia, dove poi sono tornato spesso, per motivi legati anche al mio lavoro a Rio.

Brasilia (oggi con 3 milioni di abitanti) non è una città come le altre. E' stata costruita in pochissimi anni e ultimata nel 1960, su progetto urbanistico di Lucio Costa, che ha assegnato il compito di disegnare la maggior parte degli edifici principali al suo promettente allievo Oscar Niemayer (1907-2012).

Per oltre 400 anni le capitali del Brasile erano state città costiere: prima Salvador de Bahia e poi Rio de Janeiro. Porti che guardavano all'Europa per i flussi commerciali di tecnologie e di informazioni.

L'interno del continente aveva – e ha – ostacoli enormi, il gigantesco acquitrino “Pantanal”, il deserto “Cerrado”, grande quanto buona parte dell'Europa, così come la parte brasiliana della foresta Amazzonica.

L'idea politica di costruire Brasilia fu proprio quella di provare a spostare il baricentro del Paese, per superare le enormi distanze interne, e dargli una nuova centralità.

Colui che rese effettiva questa che, fino a quel momento, sembrava solo una grande utopia, fu il presidente Juscelino Kubitschek de Oliveira, con l'ambizione di incarnare una nuova era di democrazia e progresso.

Il Planalto – che è la parte finale della vasta Esplanada dos Ministérios  dove vennero localizzati i palazzi simbolo dei tre poteri della democrazia -, fu anche la prima applicazione nazionale delle idee di Le Corbusier: Niemeyer prende e adatta i  principi cardine del freddo modernismo del genio svizzero (“pilotis”, tetto giardino, finestre orizzontali, pianta e facciata libere) e li rende tropical-sexy: i pilastri sono più alti e massicci; e ci sono pure dei rivestimenti in ceramica decorata e colorata, gli azulejos tradizionali portoghesi. Sparge a piene mani curve ispirate sia alle sue amate montagne che alle donne brasiliane, meritandosi il soprannome di “poeta del cemento”, con però molto chiara l'ambizione di incarnare una nuova era di democrazia e progresso.

La spianata dei ministeri è l'asse monumentale del complesso urbanistico di Brasilia. Molti lo considerano un luogo sacro della democrazia e non è fuori luogo paragonarlo ad altri similari per le religioni, come a Gerusalemme la spianata delle Moschee con il Monte del Tempio.

Negli anni recenti fu proprio Lula a restaurarlo, con opere lunghe e costose.

Prima degli scalmanati distruttori  di domenica 8 gennaio, erano venuti in tanti in pellegrinaggio (Sartre, la Regina Elisabetta, Fidel Castro, Che Guevara, Malraux, Gropius, Nervi): tutti ammirati di fronte alle curve libere e sensuali, al lago artificiale di Paranoà, al teatro Nacional (ispirato a una piramide azteca), alla Cattedrale Metropolitana a navata circolare (inaugurata nel 1970 dopo 12 anni di lavori come tempio ecumenico, ma presto trasformato in duomo di culto cattolico), ancora considerata la più bella chiesa del Novecento.

Poi sono arrivati loro.

Circolano video di un manifestante che defeca platealmente su una scrivania, della folla che distrugge un busto del grande attivista abolizionista Joaquim Nabuco, di un murale del pittore modernista Di Cavalcanti che viene furiosamente squarciato. Ogni parallelo con la furia iconoclasta dei talebani contro le opere d'arte potrebbe sembrare azzardato, ma è difficile non pensare che ci sia un di più di accanimento contro tutto quello che rappresenta Brasilia: l'arte, la modernità, la democrazia. E, perchè no, anche il fatto che gli artisti che avevano firmato la maggior parte delle opere di Brasilia non avevano mai nascosto di essere convintamente comunisti.

Soprattutto Niemayer, che è considerato uno degli esponenti più noti del Movimento Modernista, e che sosteneva che la bellezza di un edificio nascesse dalla relazione fra la struttura e il suo scopo, e che l'estetica fosse da ricercarsi nell'insieme. In particolare le linee curve e sinuose dei suoi edifici, la contrapposizione tra pieni e vuoti e le solide strutture in cemento bianco hanno contribuito a creare una sorta di nuova e moderna identità del Brasile a livello architettonico.

E proprio contro quell'identità si è scatenata l'8 gennaio la furia dei bolsonaristi radicali.

Ma ecco ora qui di seguito gli ultimi aggiornamenti:

Pur sapendo che le attenzioni di tutti i media più o meno seri sono ancora piuttosto attenti a ciò che sta succedendo da queste parti, e ne pubblicano giornalmente corrispondenze attualizzate, sento anch'io il bisogno di dire la mia, nella convinzione che probabilmente l'epilogo di questa transizione verso la normalità potrebbe essere più vicina di quello che sembra.

  1. Indizi assai consistenti stanno dimostrando ogni giorno più chiaramente che, fin dalla sua investitura come Presidente del Brasile democraticamente eletto nel 2018, Jair Bolsonaro e il suo clan hanno fatto di tutto (anzi di più) per perpetuare il loro potere ben al di là del quadriennio successivo.
  2. Usando e abusando delle prerogative della carica elettiva ottenuta, l'ormai ex Presidente ha infiltrato i suoi sodali negli organismi e nelle cariche direttive dei tre poteri, la cui indipendenza è stabilita a chiare lettere nella Costituzione promulgata nel 1988 alla fine della dittatura militare (spesso difesa apertamente anche nei suoi discorsi pubblici).
  3. Poco prima del secondo turno delle ultime elezioni, ha riunito nel Palazzo del Governo i rappresentanti di tutte le ambasciate presenti a Brasilia, dichiarando apertamente e senza alcuna prova la sua mancanza di fiducia nella inviolabilità del sistema elettorale (urne elettroniche).
  4. Il rinvenimento nella abitazione del suo ex ministro di Giustizia Anderson Torres di una minuta di un documento che giustificava legalmente un intervento federale nella Corte Suprema Elettorale per invalidare le ultime elezioni, come passo decisivo per la sua permanenza al potere, è stato acquisito come prova contro Bolsonaro. Torres, che era scappato anche lui col suo capo in Florida, lasciando deliberatamente indifesa Brasilia, di cui aveva assunto la segreteria della sicurezza, si è ora sentito abbandonato da tutti. E ha deciso di costituirsi, tornando inaspettatamente a Brasilia. Chissà che non salti fuori qualche segreto importante, sulla preparazione del “golpe”.
  5. Nel corso del quadriennio passato l'ex presidente ha sostituito capillarmente anche tutti i dirigenti delle diverse polizie attuanti nel Paese, sia a livello federale che regionale.

Il neo presidente Lula, dopo un primo momento di comprensibile sbandamento al momento del tentato golpe evidenziato dall'invasione degli scalmanati a Brasilia, ha saputo reagire con prontezza, ma anche con equilibrio, pur senza nascondere la sua rabbia verso tutti quelli che stanno via via apparendo come coloro che questo tentativo disastrato hanno in qualche modo favorito e più o meno apertamente appoggiato. 

Il fatto che proprio ieri ha deciso in un sol colpo di ri-sostituire tutti i capi della polizia stradale, (Policia Federal Rodoviaria, PFR) va spiegato alla luce di quello che è successo negli ultimi mesi.

L'economia generale e sociale del Brasile dipende fortemente dal trasporto stradale, e il suo funzionamento è garantito proprio dalla PFR. Basta che il sindacato dei camionisti decida di bloccare le arterie principali per creare problemi seri a tutto il Paese.

Sia durante lo svolgimento delle ultime elezioni con il tentativo di bloccare l'affluenza ai seggi delle regioni del Nord e del Nord-Est, tradizionalmente assai favorevoli ai partiti che appoggiavano Lula, che subito dopo la diffusione dell'esito finale, i numerosi blocchi attuati dai camionisti non sono stati ostacolati e impediti da interventi delle pattuglie della polizia stradale.

Ovviamente si sapeva che il sindacato dei camionisti, (che lavorano grazie soprattutto alle commesse delle grandi imprese impegnate nell'agro-industria e nelle esportazioni di materie prime, gruppi favoriti dalle politiche di Bolsonaro) era facilmente condizionabile e quindi favorevole all'ex presidente.

Anche le altre polizie, sia civili che militari, sono state oggetto di una disinfestazione generale comandata da Lula: soprattutto a Rio e a Brasilia, ma anche in altre regioni.

Un aspetto assai più delicato è rappresentato dall'atteggiamento mantenuto dalle forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica militari).

Ma Lula ha fatto capire fin da subito, che, malgrado sia profondamente irritato con vari settori delle diverse armi, non ha nessuna intenzione di ritrovarsele contro, nel delicato periodo che dovrà affrontare fin da subito il suo governo. Il loro potere è già stato fortemente ridotto, rispetto all'epoca bolsonarista, in cui potevano vantare di essere a capo di un gran numero di ministeri e sottosegretariati.

Si aspetta solo che i più apertamente schierati a favore di un rovesciamento dei risultati elettorali, vengano allontanati a cura delle stesse gerarchie interne dei loro corpi militari.

Credo che, alla fine, il vero obbiettivo del neo presidente sia quello che venga dichiarato dal Tribunale Superiore Elettorale definitivamente ineleggibile il suo avversario, alla luce delle conclusioni delle numerose indagini che si stanno alacremente svolgendo in questi giorni. Cosa che finirebbe per spostare sensibilmente anche gli equilibri nel Congresso, per ora ancora condizionato dai partiti che hanno appoggiato Bolsonaro, considerato, da una parte di loro, candidato naturale alle prossime elezioni.

Sarebbe, per il futuro del Brasile, un risultato assai positivo: molto meglio di una vendetta, e di una pur giustificata ritorsione politica.

 

Inserito il:22/01/2023 16:09:35
Ultimo aggiornamento:22/01/2023 16:41:29
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