Ritratto di Joseph Stalin
“A da rivenì” Baffone?
Dialogo surreale su Facebook
di Tito Giraudo
Lascio un momento da parte la cronaca politica per raccontarvi una delle rare volte che dialogo su Facebook. Dall’intervenire raramente non lo faccio per snobismo, semplicemente perché, o ricevi insulti o peggio ti immergi in dibattiti allucinanti, quindi evito e poi a me piace il dialogo vecchia maniera e se devo dibattere lo faccio da Nel Futuro.
Bene. In un post veniva chiesto se il voltafaccia sulla Tav di Salvini avrebbe fatto perdere al candidato di Centro Destra le elezioni regionali piemontesi.
Un mio vecchio amico, che so Comunista vecchia maniera ha dato questa risposta:
No...gli elettori della lega sono persone determinate e credono nel capo.. come quando c'era lui!
Naturalmente sapevo benissimo che Lui era la buonanima di Predappio, voi mi conoscete: sono giocherellone per cui ho risposto: Naturalmente parli di Stalin?
Al che lui ha scritto: magari ci fosse Stalin...quanti problemi risolti.
Era uno scherzo, ma nemmeno tanto perché avendo frequentato un mare di simpatici Comunisti (quelli antipatici mai), so bene che il mio giudizio su Stalin non collima con il loro e lo stesso vale per Mussolini. Quindi tutto nella norma e, amici come prima….
Senonché, cari futuristi, è intervenuto un altro amico di più fresca data che mi ha spiegato:
“Stalin portò una nazione affamata e disprezzata dallo Zarismo al protagonismo nella storia e ad una relativa giustizia sociale, ma non solo, salvò l'Europa dalla barbarie nazi-fascista”.
Questa affermazione, se l’avesse fatta il primo amico, marxista da sempre, sarebbe stato tutto nella norma perché so che per tanti compagni: “il fine giustifica i mezzi”, un credo che svilupparono fin dai fatti di Ungheria.
Ma il secondo amico, come me è ondivago, cioè uno spirito libero che più volte ha cambiato idea, ho tentato una risposta, poi mi sono reso conto che la sede era inappropriata.
Voglio quindi analizzare il pensiero espresso su Stalin.
Baffone, portò veramente una Nazione affamata a una relativa giustizia sociale? Salvò davvero l’Europa dalla barbarie nazi-fascista?
Iniziamo da questa seconda domanda che ha una facile risposta:
Se Hitler avesse rispettato il patto del 38, Stalin avrebbe permesso al Nazional Socialismo, probabilmente a lui più vicino delle odiate socialdemocrazie, di concludere l’invasione dell’Europa e si sarebbe guardato bene di intervenire. Fonti storiche sostengono che quando i tedeschi entrarono in Russia sia stato per qualche giorno annichilito.
Dopo Stalingrado, con una Germania ormai alle corde, ma soprattutto con ingenti aiuti del capitalismo americano, poté ordinare l’avanzata su Berlino. Fu vera gloria? Giudicate voi.
Ma è alla prima affermazione che vale la pena di dibattere.
Stalin, non fu l’erede designato di Lenin il quale da fonti certe non aveva grande stima del Georgiano, a parte le grandi doti di duro organizzatore.
Il revisionismo comunista, dopo la destalinizzazione di Kruscev tese a santificare Lenin e a indicare in Stalin una deviazione autoritaria alla rivoluzione d’Ottobre, un errore di percorso, non di ideologia.
Personalmente, penso che come per i Giacobini in Francia non fu un problema di uomini ma di idee. Mentre i primi non riuscirono a ghigliottinare abbastanza nemici rivoluzionari, finendo a loro volta ghigliottinati, i secondi sfruttarono la rivoluzione menscevica che fece il compromesso con la borghesia e la nobiltà meno retriva, senza riuscire tuttavia ad uscire dalla guerra.
I Bolsceviki, anche aiutati dalle vicende e dagli interessi in campo nel primo conflitto mondiale (Lenin poté raggiungere la Russia grazie ai tedeschi), poterono con relativa facilità conquistare il potere, soprattutto mantenerlo dal momento che il resto d’Europa, stremato dal conflitto non diede un contributo significativo alle armate bianche.
Naturalmente sintetizzo. Ad ogni buon conto la vittoria dei bolscevichi influenzerà, più nel male che nel bene la sinistra europea, spostando a destra le forze moderate. Fu il caso dell’Italia e poi della Germania dove le élite ma anche le popolazioni optarono per quello che credettero il male minore.
Non è di questo però che voglio parlare ma di cosa fu lo Stalinismo.
Realizzò una relativa giustizia sociale?
Il giudizio non può basarsi su ciò che c’era prima, e cioè una specie di monarchia feudale che governava un immenso paese contadino composto prevalentemente di servi della gleba.
Tuttavia, anche in Russia si stava formando una borghesia, lo stesso Lenin era un borghese con quarti di nobiltà ma soprattutto un borghese. Come borghesi furono, a parte Stalin, tutti i dirigenti bolsceviki, quelli veri che poi per finire con Troski saranno eliminati ad uno ad uno.
Le condizioni del popolo nei primi anni furono miserrime e fin qui non c’era da scandalizzarsi. Ma poi partirono i piani quinquennali che svilupparono soprattutto l’industria pesante, parimenti alla completa collettivizzazione delle campagne e all’eliminazione fisica dei Kulaki che erano contadini un po’ meno poveri degli altri.
Se per giustizia sociale, s’intende la pagnotta (o le patate) per tutti, il lavoro (mal retribuito) per tutti, la scuola (ideologicizzata e di basso livello) per tutti e via discorrendo per tutto il resto. Allora in Russia ci fu giustizia sociale. Fate voi.
Certo in occidente perdurarono le diseguaglianze tipiche del capitalismo ma il tenore di vita non aveva paragoni, non ci furono deportazioni di massa, e a parte l’Italia e la Germania dove le deportazioni di massa ci furono eccome, la democrazia resse.
Il 900, fu il secolo delle teorizzazioni antidemocratiche.
Prendiamo l’Italia, i Socialisti furono contro la democrazia, persino i riformisti predicavano la via graduale a socialismo e il parlamentarismo solo come fase transitoria. Diventarono socialdemocratici solo gli espulsi da partito del 1912: Bissolati, Bonomi ecc.
Nel mio PSI degli anni 60, i miei ricordi di socialista sono di un Partito che aveva come fine, non la democrazia ma il Socialismo e ci volle Craxi perché cambiasse pelle, sia pur tra tante contraddizioni
Il fascismo italiano fu un totalitarismo politico ma non economico, lo stesso dicasi del Nazismo, quelle dittature barattarono la libertà individuale e di gruppo ma non furono così stolti dall’essere anticapitalisti. In Italia il Fascismo realizzò un minimo di stato sociale che con lo sviluppo industriale gli consentì quel consenso che fu inalterato fino quasi al 1942.
La destalinizzazione servì ai gerarchi comunisti per rifilare le colpe del sistema, all’uomo che fu certamente un crudele satrapo la cui nostalgia fa sorridere.
Fino alla caduta “della relativa giustizia sociale”, si tolse la salma del Georgiano e il culto interessò solo il capo stipite, al quale non si sono mai imputate atrocità ma forse solo perché morì prematuramente, poiché a mio parere non si trattò di uomini ma di un’ideologia.
Ma veniamo allo stalinismo italiano.
Il mio amico, che conosce i miei trascorsi, cita lo stalinismo di Pietro Nenni come se io avessi dei santini nell’armadio.
La classe dirigente di sinistra (Nenni compreso), subì la fascinazione della rivoluzione d’Ottobre e quindi non c’era da stupirsi che anche i Socialisti, almeno fino alla debacle del 48, guardassero con occhio più o meno benevolo verso il piccolo padre del socialismo reale.
La scissione di Livorno, nacque principalmente sul rapporto di subalternità al Leninismo. In seguito Bordiga fu cacciato dal partito (su ordine di Mosca) perché per primo si accorse che l’internazionalismo sovietico era strumentale. Fu cacciato da Gramsci e Togliatti.
Il primo, anni dopo, rivedrà pure lui i giudizi sull’URSS pagando doppiamente il carcere anche con l’isolamento dai compagni fedeli alle direttive di Togliatti ergo Stalin.
I miei amici di sinistra hanno due santini: Gramsci e Berlinguer ma forse non si sono accorti della grande operazione di mistificazione della storia e soprattutto del convitato di pietra tra i due: Palmiro Togliatti .
Togliatti rientrò trionfante in Italia dopo aver assistito inerte ai crimini di Stalin, ma l’uomo si sa non fu mai troppo coraggioso (v. Togliatti di Giorgio Bocca). Quando Kruscev, pronunciò il famoso discorso, secondo me gli prese un mezzo coccolone, forse temendo di essere coinvolto per cui il partito ebbe un momento di sbandamento. Poi da quel fine stratega uscito dal Liceo Classico, s’inventò la via italiana al socialismo.
Ciò bastò perché un milione di italiani (compreso il sottoscritto) andassero ai funerali ma non di cadere nell’odierno oblio.
Togliatti, conobbe molto bene baffone per essere stato a Mosca, alto dirigente internazionale, negli anni del terrore staliniano. Al punto che molti pensano che fosse felice che Yalta ci avesse relegato nel campo occidentale. Io però sono convinto che se gli accordi fossero stati altri e fossimo stati sotto l’influenza sovietica Togliatti, diventando il capo comunista italiano non sarebbe stato diverso da quelli dei Paesi cosiddetti satelliti di Mosca.
Io mi chiedo sempre, perché in questo Paese esista l’antifascismo ma sia scomparso l’anticomunismo, dimenticato, anzi, mentre scompaiono i nostalgici fascisti, rinasce la voglia di comunismo, di statalismo, di superamento della democrazia rappresentativa con quella diretta che assomiglia tanto ai “Soviet” degli operai , dei contadini e dei soldati.
Senza fare la storia di Stalin e dei comunisti si possono ripetere tragici errori. Meditate gente, meditate……