Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Assad dileguato e futuro della Siria
di Vincenzo Rampolla
Dopo un’avanzata nella notte tra sabato e domenica, il regime siriano è caduto. I ribelli hanno preso il controllo. Il presidente Bashar al-Assad si è dileguato. Ha lasciato precipitosamente la capitale dall’aeroporto internazionale- Secondo fonti israeliane diretto a una base russa, pronto a un volo per Mosca. Arrestato il premier al-Jalali. La decisione di fuggire è stata presa quando, con una nuova fulminea accelerazione, le forze ribelli hanno occupato Damasco.
Nella notte il Primo Ministro siriano, Mohammed Ghazi Jalali, ha dichiarato in un video che il Governo è pronto a tendere la mano agli occupanti. Sono entrati a casa mia e non ho lasciato il Paese, e ciò per il mio attaccamento a questa nazione, ha detto. All’emittente Al Arabiya, ha aggiunto che la Siria dovrebbe organizzare elezioni libere.
In mattinata, il leader dei ribelli Abu Mohammed al-Jolani ha emesso un comunicato in cui incarica lo stesso Jalali della supervisione delle istituzioni statali fino al passaggio delle consegne, proibisce alle Forze armate di avvicinarsi agli edifici del Governo e mette al bando le raffiche di mitra in aria che hanno accompagnato i festeggiamenti. Poco dopo, è apparso un video in cui si vede l’arresto di Jalali da parte delle forze ribelli in un hotel a Damasco. Avrebbe detto di non sapere dove si trovino l’ex presidente Assad e il suo Ministro della Difesa.
La fuga di Assad non segna solo la fine di uno dei regimi più longevi, oppressivi e sanguinari di tutto il Medio Oriente, ma è anche un duro colpo per Iran, che perde un alleato chiave nella regione e per la Russia: sloggiare dalle sue due basi.
Non appena si è sparsa la voce della caduta del regime, migliaia di persone, in auto e a piedi, si sono radunate in una piazza centrale di Damasco, sventolando bandiere e cantando: Libertà. Un regime andato in pezzi in pochi giorni. Testimoni oculari riferiscono di aver visto gruppi armati lungo le strade nei sobborghi della capitale. All’alba la sede principale della polizia cittadina era vuota. Un giornalista dell’Associated Press ha filmato un posto di blocco dell’esercito abbandonato, con uniformi gettate a terra sotto un poster con il volto di Assad. I residenti dei sobborghi della capitale hanno segnalato spari ed esplosioni. Immagini trasmesse dai media legati all’opposizione hanno mostrato un gruppo di manifestanti che festeggiava la fuga di Assad dopo essere saliti sopra un carro armato abbandonato in una piazza centrale della capitale. Dai minareti si sentono le grida di Allahu Akbar: Dio è grande. La radio governativa Sham FM ha riferito che, dopo la partenza di Assad, l’aeroporto di Damasco è stato evacuato e tutti i voli sospesi. Gli insorti hanno annunciato di essere entrati nella famigerata prigione militare di Saydnaya, a nord della capitale, liberando i detenuti.
I ribelli hanno conquistato anche Daraa, città chiave del Sud.
La presa di Damasco giunge a poche ore dalla caduta di Homs, dove l’esercito regolare ha lasciato campo libero alle forze ribelli e si è ritirato senza colpo ferire, spianando la strada verso la capitale. Il gruppo che lo scorso 27 novembre ha lanciato l’offensiva a sorpresa contro il regime di Assad è l’HTS (Hayat Tahrir al-Sham) e collabora con un gruppo di milizie siriane sostenute dalla Turchia, noto come l’Esercito Nazionale Siriano. Il leader del gruppo al-Jolani, ha rotto pubblicamente con Al Qaida, ha sciolto Jabhat al-Nusra (semplificato al-Nuṣra) e ha creato nel 2017 una nuova organizzazione, di Hayat Tahrir al-Sham che si è fusa con molti altri gruppi simili.
Jabhat al-Nuṣra (Fronte del soccorso al popolo di Siria, chiamato anche Partigiani del soccorso al popolo della Grande Siria), è un gruppo armato jihadista salafita attivo in Siria e Libano dal 2012, nel contesto della guerra civile siriana. Formalmente è affiliato ad al-Qaida fino al 28 luglio 2016, quando il suo leader al-Jawlānī annuncia la scissione consensuale tra i due gruppi e l'adozione del nuovo nome Fronte per la conquista del Levante. Il 26 gennaio 2017, il gruppo si fonde con 4 formazioni minori, assumendo il nome Organizzazione per la liberazione del Levante. Il 28 luglio 2018, al-Nuṣra annuncia la rescissione dei propri legami con al-Qaida, dichiara di non voler fornire pretesti a Russia e Usa per attaccarlo in nome della sua affiliazione al network di al-Zawāhirī, e adotta il nuovo nome Fronte per la conquista del Levante. Al-Qaida afferma di essere favorevole alla scissione. Questo approccio distingue nettamente al-Nuṣra da altri gruppi jihadisti meno aperti e tolleranti come l'ISIS: mentre lo Stato Islamico è osteggiato dalle popolazioni locali e continua a infierire su di esse, al-Nuṣra coopera con altri gruppi militanti ed evita d'imporre la sharia dove trova una forte opposizione. Alcuni analisti hanno osservato che questa politica potrebbe garantire a al-Nuṣra un vantaggio a lungo termine. In conclusione la rottura con al-Qaida è avvenuta a causa delle differenze ideologiche e dell’opposizione all’ISIS.
Il comandante al-Jolani è un militare che ha acquisito esperienza da giovane combattente di al- Qaida contro gli Usa in Iraq durante l’invasione americana prima della sua cattura e prigionia in Iraq. Gli Usa hanno messo su di lui una taglia di $10 M. In un’intervista del 2021 al-Jolani ha respinto la designazione di terrorista, affermando che il suo gruppo non rappresenta una minaccia per la società occidentale o europea.
Da qualche tempo il gruppo HTS ha stabilito la sua base di potere nella provincia nord-occidentale di Idlib, dove insedia di fatto l’amministrazione locale, ma i suoi sforzi per legittimarsi sono stati offuscati da presunte violazioni dei diritti umani. È stato anche coinvolto in aspre lotte intestine con altri gruppi. Non è ancora chiara la sua strategia in Siria, ammesso che riesca a conquistare in modo stabile la parte controllata dalle forze di Assad. Dopo la rottura con Al Qaida, HTS aveva un obiettivo principale di stabilire un dominio islamico fondamentalista in Siria, anziché un califfato più ampio, come aveva tentato di fare l’ISIS, senza riuscirci.
L’HTS resta una fazione scissionista di al-Qaida ed è considerato un’organizzazione terroristica dagli Usa e dall’ONU. Alcuni analisti hanno sottolineato come l’HTS negli ultimi tempi abbia cercato di ridefinire la propria immagine, concentrandosi sulla promozione di un governo civile nelle aree di territorio sotto il proprio controllo. Quando al-Jolani ha preso le distanze da al-Qaida ha ridefinito l’identità del suo gruppo. È stato più astuto di Assad. Ha rifatto la propria immagine, stretto nuove alleanze e lanciato affronti offensivi verso le minoranze, spiega Joshua Landis, esperto di Siria e direttore del Centro per gli Studi sul Medio Oriente dell’Università dell’Oklahoma. Fino ad ora non aveva mostrato alcun segno di voler riaccendere il conflitto siriano su vasta scala e rinnovare la sua sfida al dominio di Assad su gran parte del Paese.
Negli ultimi quattro anni la guerra in Siria era sembrata finita. Il Governo del presidente Assad è rimasto sostanzialmente incontrastato nelle principali città del Paese, mentre alcune altre parti della Siria sono rimaste fuori dal suo controllo diretto. HTS, la forza dominante a Idlib, è quella che ha lanciato l’attacco a sorpresa su Aleppo. Per diversi anni Idlib è rimasta un campo di battaglia, mentre le forze governative siriane cercavano di riprenderne il controllo. Ma un accordo di cessate il fuoco ha ampiamente resistito nel 2020, mediato dalla Russia, da molto tempo principale alleato di Assad, e dalla Turchia, sostenitrice dei ribelli. A Idlib vivono circa 4 milioni di persone, la maggior parte delle quali sfollate da paesi e città che le forze di Assad hanno riconquistato in una brutale guerra di logoramento con i ribelli. In passato, Aleppo è stato uno dei campi di battaglia più sanguinosi e ha rappresentato una delle più grandi sconfitte dei ribelli. Era il momento di invertire la rotta.
Uno dei principali gruppi della coalizione che ha preso parte all’offensiva su Aleppo è l’Esercito Nazionale Siriano (Syrian National Army) un gruppo che comprende dozzine di fazioni con varie ideologie e che ricevono finanziamenti e armi dalla Turchia. Il gruppo comprende correnti come Ahrar al-Sham, i cui obiettivi dichiarati sono rovesciare il regime di Assad e creare uno stato islamico governato dalla legge della Sharia. Gli esperti considerano Ahrar Al Sham un gruppo islamico moderato. Dopo la presa di Aleppo il vice comandante del gruppo Ahmed al-Dalati ha riunito i leader musulmani in una moschea per impartire istruzioni e li ha invitati a proteggere le minoranze etniche e religiose della città. Le istruzioni del comando generale del dipartimento delle operazioni militari sono state rigorose e chiare: È vietato fare del male a chiunque o invadere le sue proprietà… non solo ai musulmani, ma a tutti gli altri, siano essi cristiani, armeni o qualsiasi setta presente ad Aleppo. … Nessuno deve avvicinarsi a loro, ha detto.
E che fine ha fatto Bashar al-Assad? Il presidente in fuga ha governato la Siria per 24 anni, succedendo al trentennale regime di suo padre Hafez. Assad è stato un leader accidentale, elevato al ruolo di successore solo dopo la morte nel 1994, in un discusso incidente stradale del fratello maggiore Basil, l’erede designato.
Di fronte alla necessità di dare continuità al dominio assoluto esercitato dalla sua famiglia sul Paese, Assad è stato costretto a cambiare improvvisamente e radicalmente vita, rientrando in Siria, abbandonando la sua carriera medica (è oftalmologo) e intraprendendo un training militare che lo ha portato rapidamente a assumere i gradi di colonnello, pur di consolidare le sue credenziali in vista della successione. Alla morte del padre Hafez nel 2000, Assad aveva 34 anni e il Parlamento siriano non perse tempo a ridurre al minimo l’età per ricoprire il ruolo di Presidente.
I primi mesi di potere del giovane Assad sono stati caratterizzati da aperture verso il mondo esterno e in patria. Nulla di clamoroso, ma sufficiente per segnare un cambio di clima rispetto al regime paterno che era passato alla storia come uno dei più violenti e repressivi di tutto il MO. Nel 2001 è scattata una prima stretta in risposta a una petizione firmata da 1.000 intellettuali per chiedere di trasformare la Siria in una democrazia multipartitica. È stata poi la violentissima reazione alla Primavera araba del 2011 che ha mostrato al mondo il vero volto del presidente siriano, che per reprimere la rivolta e combattere la guerra civile innescatasi subito dopo non ha esitato a accendere contro la sua stessa popolazione tutta la potenza di fuoco dell’esercito e dell’aviazione militare, scatenando anche quella dell’alleato russo.
La vittoria dei ribelli siriani è stata sostenuta logisticamente e politicamente dalla Turchia, con le sue frontiere aperte alle ambizioni imperiali neo-ottomane sull’Asia centrale, al Mediterraneo e al MO, con toni sempre più aggressivi nei confronti di Israele. Il nuovo regime siriano manterrà la faccia non aggressiva che ha ostentato finora? E nei confronti di Israele e dei curdi? Bibi si prepara a tutti gli scenari possibili, rafforzando il dispositivo militare nel Golan e occupando anche delle posizioni difensive nella fascia smilitarizzata tra il suo confine e quello siriano. La sconfitta del tentativo imperialista iraniano solleverà una possibile finestra di pace o il coperchio sul pentolone del nucleare?
(consultazione: marco masciaga dicembre 2024; Angela Manganato bussole; wikipedia; il sole 24 ore; euronews;
le mode; ansa;shalom.it; reseau internationale)