Aggiornato al 21/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Richard Macneil (1958 – Worcester) – London

 

Brexit: contraddizioni, messaggi, invito a cambiare

di Giorgio Panattoni

 

Il voto di ieri in Gran Bretagna merita certamente analisi e considerazioni più profonde di quelle che si possono fare a caldo, ma alcuni elementi appaiono da subito importanti e decisivi, non solo per capire quello che è successo, ma per decidere cosa si deve fare per cambiare.

  • I giovani hanno votato in massa per restare in Europa, gli over 65 in massa per uscire. Grave sconfitta dei giovani, cioè del futuro, grande vittoria dei nostalgici di un passato che non c'è più e che non può tornare. Il conto più salato, come al solito, lo pagheranno le nuove generazioni.
  • I livelli elevati di istruzione hanno votato per restare in Europa, quelli più bassi per uscire. Il voto popolare come al solito esce dagli schemi colti di impostazione e di previsione dei comportamenti e si esprime direttamente dalla pancia di chi soffre di più E si addensa verso forme di reazione contro, piuttosto che adesione ad un progetto per qualcosa, che in questo caso francamente non c'era.
  • Il centro delle città ha votato per restare, le periferie per uscire. Quasi come ai ballottaggi italiani di domenica scorsa. Un voto di protesta di chi subisce di più i morsi della crisi e la impostazione di una Europa indirizzata più a conservare le posizioni dominanti e a riportare a quelle i meno vicini che a ridurre le distanze tra nazioni e tra ceti.
  • La questione razziale è sembrata abbastanza marginale, cioè non è stata il nucleo della adesione se non nella propaganda dei dirigenti xenofobi, che ha trovato immediata eco in altri paesi di Europa. Su questo punto torneremo.
  • Galles e Irlanda, per dire, hanno immediatamente reagito dicendo di voler uscire da questa Gran Bretagna, ovviamente, rivendicando che i loro problemi li affrontano da soli e non sull'onda di una decisione di altri.
  • E' scoppiato subito il problema di lavoratori considerati comunitari che non lo sono più, come i calciatori, per citare un aspetto folcloristico, in curiosa concomitanza con gli europei di calcio, di come tutte le regole debbano essere adattate alla nuova situazione.

Altri aspetti potrebbero essere citati per completare il quadro di una avventura che si è conclusa in modo inatteso e poco auspicato.

Come hanno reagito gli altri paesi di Europa e la istituzione europea?

  • Chi da tempo si era schierato contro l'Europa, Salvini in Italia, Le Pen in  Francia, per citare due esempi significativi, hanno esultato, pensando che anche loro possono rompere finalmente contro governi invisi anche per tutt'altri motivi. E su questo si può finalmente incominciare a costruire una campagna elettorale per arrivare al governo con un esempio concreto.
  • Paesi forti, come l'Olanda, ma marginali nel contesto complessivo, hanno dichiarato che possono uscire anche loro. Insomma c'è aria di smobilitazione, per motivi diversi, da posizioni deboli e da posizioni forti.
  • L’istituzione europea ha dichiarato, GB  fuori, ma subito, in fretta, con il minimo disturbo, per favore, senza accordi intermedi. Meglio un taglio netto che una situazione confusa.
  • I commenti degli esperti sono quasi tutti indirizzati, come quasi sempre, alle conseguenze economiche e finanziarie più che alle cause, a conferma che questo è l'elemento chiave che conta di più.
  • I commenti dei politici sono stati improntati alla conservazione dell'Europa, pur con qualche aggiustamento, ovviamente. Molta preoccupazione, ma poche proposte e sopratutto poche conclusioni sulla necessità di cambiare anche in politica interna, perché il segnale è giunto forte e chiaro. Figuriamoci quanto sia necessario un cambiamento nella politica europea.
  • Il Presidente della BCE sta predisponendo, anzi li aveva già predisposti, gli strumenti per ridurre le dimensioni della falla che si è provocata e questa volta credo non ci siano più opposizioni, neppure dai falchi (di una volta).

Insomma ci sarà tempo per riflettere e lavorare in modo diverso, dentro i paesi europei e in Europa, e c'è da augurarsi che si capisca che il messaggio giunto da questo referendum non ammette troppi ripensamenti. Qualcuno aveva tentato di dirlo e di proporlo, ma con le difficoltà che tutto sommato la conservazione di posizioni di privilegio consentono.

Ora la tela si è strappata e bisogna reagire.

Innanzi tutto rammendando e ricucendo, ma con filo diverso.

Altrimenti ci saranno altri momenti che facendo leva sulla crisi e sulla necessità di cambiare dove nasceranno gli spazi opportuni e necessari per sfondare e rimettere in discussione praticamente quasi tutto.

Il che potrebbe anche non essere un gran male, ma credo che i nostri paesi non siano in grado e in condizione di affrontare un processo accorciato e rapido come un referendum comporta.

Almeno la storia questo ci ha insegnato, in modi diversi ma con uguali risultati.

Se è così, come credo, bisogna saperlo e agire di conseguenza.

 

Inserito il:25/06/2016 10:34:16
Ultimo aggiornamento:25/06/2016 10:39:50
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