Magaly Jacqueline Arocha (born in Caracas in 1968) - Stupore indio
Indios o lingotti d'oro?
di Graziano Saibene
Con tutto quello che sta succedendo nel resto del mondo, parlare ancora dell'Amazzonia è un grave indizio di ossessione.
Ma, visto che mi trovo ancora in questo emisfero, e proprio nel Paese che maggiormente dovrebbe averne cura, non ho vergogna di ammettere che da questa “ossessione” potrebbero apparire segnali importanti per il futuro, sia del Brasile che del resto del pianeta. Anche alla luce dei fatti che sono improvvisamente apparsi alla luce della ribalta, dopo anni di più che colpevole politica di occultamento.
Come certamente è stato anche riportato da molti corrispondenti in Brasile, si è acceso un importante segnale di allarme, quando nello stato di Roraima (estremo nord, al confine con il Venezuela) si è verificata una grande moria di indios Yanomami, ed il governo ha dovuto intervenire inviando urgentemente un contingente militare per installare ospedali da campo in soccorso del gran numero di malati fra gli abitanti di una parte di quel territorio, che era stato da tempo riservato proprio a quella etnia, come previsto nella Costituzione.
Le immagini riprese dagli elicotteri che hanno accompagnato l'operazione, hanno fatto capire chiaramente a tutti coloro che le hanno viste in TV o pubblicate sui giornali, che cosa stava da tempo succedendo in quell'area, e certamente anche in tutte le altre dove era in atto un processo simile.
La foresta era stata massicciamente disboscata in vari punti, sia per far posto all'installazione delle miniere di oro (tutte illegali), che per aprire stretti e lunghi varchi spianati da adibire ai campi di aviazione per i piccoli aerei di appoggio alle attività delle stesse. La ragnatela di corsi d'acqua che caratterizza questi territori, è risultata ovviamente assai inquinata, soprattutto per via del mercurio utilizzato nel processo di separazione dei minerali.
I minatori (“garimperos”), preoccupati per il via vai degli elicotteri, hanno caricato in fretta e furia tutti gli equipaggiamenti sulle lunghe balse a disposizione dirigendosi verso il confine venezuelano, abbandonando sul posto parte degli indios che erano stati “assunti” ed adibiti alle mansioni più faticose, una specie di schiavitù imposta ed accettata in mancanza di alternative di sussistenza (pesca e caccia rese impossibili dall'alto livello di inquinamento dei corsi d'acqua, e anche dalla grande rumorosità delle macchine).
Presto ci si è resi conto che non si trattava di una fuga, ma di una ritirata strategica, in attesa di tempi migliori.
Intanto però le poche centinaia di indios Ianomami rimasti, sono apparsi subito gravemente ammalati, disidratati, e con chiari sintomi di malaria.
Alla radice di questa grave crisi umanitaria venuta ora alla luce, ci sono diversi fattori, alcuni dei quali mi erano apparsi evidenti sin dai primi anni della mia permanenza in Brasile.
Mi era infatti capitato, all'inizio degli anni '80, di frequentare ambienti e imprese interessate a proporre al governo di allora sistemi di controllo radar dello spazio sopra la grande regione della foresta amazzonica. E ne avevo ricavato la netta sensazione che ci fosse, da parte brasiliana, un chiaro atteggiamento di rifiuto di qualsiasi ingerenza che minasse il loro orgoglioso senso di proprietà di quello spazio.
Alla base di questa giustificabile volontà di autonomia, ho però spesso riscontrato anche altri interessi, assai meno confessabili, capaci di esercitare pressioni irresistibili da parte di forze che stavano prendendo sempre più potere non solo in Brasile, ma in tutto il territorio dell'America Latina.
L'attività di estrazione illegale di oro e altri metalli preziosi, che in quegli anni era ancora realizzata in forma prevalentemente artigianale, con l'aiuto di pochi attrezzi facilmente trasportabili, si è trasformata recentemente in un processo industrializzato, con l'aiuto di impianti complessi e rumorosi, oltre che altamente inquinanti. La resa è ovviamente assai aumentata, ed è stato anche necessario disporre di improvvisati campi di aviazione per piccoli velivoli per trasportare velocemente viveri e attrezzi, oltre che il minerale estratto illegalmente verso paradisi fiscali in grado di legalizzarne l'origine.
Sono state di grande aiuto anche alcune disposizioni legali, che hanno facilitato la “pulitura” dell'oro, rendendolo facilmente commercializzabile, e acquistabile da chiunque.
Si calcola che con questo sistema sia stato immesso sul mercato, solo da quella zona, un quantitativo pari a 270 tonnellate di oro, senza alcun introito per le casse dello Stato.
Negli ultimi quattro anni il governo Bolsonaro ha fatto di tutto e di più per facilitare questa attività, sia depotenziando completamente i programmi di fiscalizzazione e controllo, sia incentivando l'occupazione del territorio riservato per Costituzione alle popolazioni indigene, con l'obbiettivo nemmeno tanto nascosto, di farle del tutto scomparire, per offrire nuove terre alle attività dell'agroindustria.
Va da sé che accanto al lucro derivante dall'estrazione dell'oro, si sfrutta quello del contrabbando di legni pregiati, e si preparano pure le nuove rotte per il traffico delle sostanze stupefacenti.
L'operazione di bonifica organizzata dal nuovo governo non sarà così facile, visto che lo stato di Roraima è governato da una giunta “bolsonarista” e anche il governo federale dipende da accordi con ampie parti del Congresso elette da simpatizzanti di quei partiti. La giunta incaricata di risolvere la questione ha infatti da subito dimostrato che fa il tifo per i garimperos, e non per gli Ianomami.
Ma se non si arriva ai veri finanziatori, non si risolverà nulla. Le macchine e la logistica di questi nuovi sistemi di estrazione costano parecchio, e per ora nessuno ha ancora capito chi tiene le fila di questo enorme affare.
Proprio in questi giorni però è in visita ufficiale a Brasilia John Kerry, che dovrà riferire a Biden come aiutare il Brasile nella importante lotta per preservare l'ambiente e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, e quale sarà l'entità del finanziamento americano al fondo destinato proprio all'Amazzonia.
Il governo Lula farà di tutto per non deluderlo.