Turkish propaganda brochure of the military invasion code-name "ATTILA1" July 20 1974.
Cipro e la golosità turca
di Vincenzo Rampolla
La presenza turca a Cipro risale al 1570. Le truppe ottomane invasero e saccheggiarono l'isola, migliaia di persone furono assassinate, molte chiese furono convertite in moschee e molti musulmani dell'Anatolia furono trapiantati a Cipro. Tre secoli dopo, nel 1878, la GB assunse l'amministrazione di Cipro; nel 1914 è annessa e nel 1960 divenne repubblica indipendente. Il trattato di Zurigo e Londra, finalizzato alla nascita dello Stato indipendente di Cipro, mosse i suoi primi passi il 19 febbraio 1959 con l'intesa di massima raggiunta a Londra tra Turchia, Grecia e GB, tra il leader greco-cipriota, l'arcivescovo Makarios III, e quello turco-cipriota, il dott. Fazıl Küçük. In base a quell'intesa fu elaborata una Costituzione e ci si accordò per un ulteriore Trattato di Alleanza e Garanzia da firmare a Zurigo l'11 febbraio 1960: GB, Grecia e Turchia divennero garanti della costituzione e dell'integrità territoriale della Repubblica di Cipro.
Alle 2 del mattino del 21 aprile 1967 i generali Papadopoulos, Makarezos e Ladas annunciano il colpo di stato in Grecia. Contemporaneamente, le truppe della Polizia Militare procedono all’arresto di 10.000 persone tra leader politici e semplici simpatizzanti di sinistra. Il Parlamento viene sciolto e vengono soppresse le libertà politiche. Il colpo di stato segue un lungo periodo di crisi politica e di debolezza delle istituzioni. Il re Costantino II e alcuni esponenti politici di destra approvano il golpe e la dittatura dei colonnelli, come venne chiamata, durerà fino al 1974.
Nello stesso periodo, dopo un silenzio di 14 anni dal Trattato di Alleanza, la Turchia viola il trattato e scatena una massiccia e repentina invasione militare di Cipro. Ankara vuole ergersi a garante dell'ordine geopolitico e costituzionale, dopo il colpo di stato greco, e svela il sordido obiettivo covato da sempre: mettere le mani sull’isola, lanciando la pulizia etnica e la colonizzazione, cogliendo un’insperata occasione di fragilità politica greca. Se prima dell'invasione del 1974, Cipro era totalmente greca, l'invasione turca l’ha ribaltata con la forza. Oggi, più di 40.000 soldati turchi sono di stanza illegalmente nell'area occupata. Ai residenti indigeni greco-ciprioti non è mai stato permesso di tornare e reclamare le loro case né le terre.
Se si sfogliano i reportage del NYTimes sull'invasione turca del 20 luglio 1974, si apprende che le forze turche hanno iniziato a bombardare indiscriminatamente la parte settentrionale di Cipro: Obiettivo: colpire all'alba. Le truppe turche trasportate da navi da trasporto e barconi d'assalto, hanno preso d'assalto la costa settentrionale vicino a Kyrenia e sulla costa meridionale vicino a Limassol. Contemporaneamente, centinaia di paracadutisti sono caduti nella capitale Nicosia. Jet turchi hanno bombardato e mitragliato una varietà di obiettivi, tra cui l'aeroporto di Nicosia, un accampamento dell'esercito greco e altre guarnigioni. Le navi da guerra turche, nel frattempo, hanno colpito le installazioni costiere greco-cipriote su entrambe le coste [...] Un dispaccio finale ha confermato che i cacciabombardieri turchi avevano colpito un ospedale psichiatrico a Nicosia, uccidendo almeno 20 persone e ferendone 60.
Caduto il regime dei colonnelli in Grecia e Cipro, entro il 23 luglio 1974 avviene il ripristino del governo legittimo di Cipro con un accordo di cessate il fuoco. Il 14 agosto 1974, 3 settimane dopo, la Turchia lancia una seconda invasione di Cipro. Questa seconda campagna militare, ancora più violenta, terrorizza un numero maggiore di nativi greco-ciprioti e li obbliga a fuggire dalle loro case e terre. Le due invasioni hanno portato la Turchia ad occupare 36% del territorio di Cipro e 57% delle sue coste. A partire da quella data, la Turchia si è insediata e non si è più mossa da Cipro.
Oggi, a circa 170.000 profughi greco-ciprioti è ancora negato dalla Turchia il diritto di tornare a casa. Oltre 160.000 coloni turchi o coloni illegali sono stati trasferiti nell'area occupata dalla Turchia che mai ha rivelato il numero dei coloni illegali. Più di 1.000 persone a Cipro risultano ancora disperse.
Nel frattempo, l'antica cultura e la storia del nord occupato vengono spazzate via per confermare ad oltranza il dominio turco sull’area. I nomi geografici sono stati turkificati e molte chiese e monasteri cristiani sono stati distrutti o utilizzati per altri fini. La Chiesa dell'Arcangelo Michele, ad esempio, costruita a Kyrenia nel 1860, è stata trasformata in un museo delle icone nel 1990 dopo che i suoi fedeli erano fuggiti dagli invasori. Un rapporto del 1994, conferma che le icone sono state rubate dalla chiesa. Un notiziario del 2021 racconta: La chiesa, che anni fa è stata chiusa per lavori di ristrutturazione a causa della deformazione della torre del suo minareto, è rimasta in rovina nonostante il completamento dei lavori di ristrutturazione. Dato che il minareto del museo delle icone era pendente, era considerato pericoloso, quindi è stato ricostruito. Ci sono voluti diversi anni per costruirlo. Lo hanno costruito e sono passati 6-7 anni da quando è stato completato, ma l'ex chiesa è ancora in rovina. Questa la storia di un commerciante del luogo.
Quando il 27 gennaio 2022 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una proroga di 6 mesi della Forza di mantenimento della pace dell’Onu a Cipro (UNFICYP), il governo turco ha rigettato la decisione, condannata sulla base del fatto che l’Onu non aveva ricevuto il consenso della Repubblica turca di Cipro del Nord (TRNC), entità giuridicamente e amministrativamente illegale, riconosciuta solo dall’occupante turco e non dal diritto internazionale
Ribadendo che la Turchia ha sostenuto la condanna della TRNC della risoluzione dell’Onu sulla proroga, la dichiarazione afferma che Ankara sosterrà pienamente i passi che l'Amministrazione TRNC sceglie di intraprendere a questo proposito, scrive il quotidiano turco Daily Sabah e pubblica una foto aerea della bandiera della TRNC dipinta sulle rocce di Kyrenia, a nord di Nicosia e di Cipro occupata dai turchi, con una vistosa citazione del fondatore della Turchia, Mustafa Kemal Ataturk che recita in turco: Felice chi dice: Io sono un turco.
Kyrenia, celebre per il suo porto e il suo castello storico, è una città greco-cipriota costruita dagli antichi greci, chiamati Achei. Dall'invasione turca del 1974, tuttavia, è sotto l'occupazione turca e la popolazione della città è ora costituita nella quasi maggioranza da coloni illegali dalla Turchia, a cui sono state assegnate proprietà sottratte illecitamente ai greco-ciprioti. La città, come il resto della parte di Cipro occupata dai turchi, è ora controllata dalla TRNC. L'aggressione da parte dell'esercito turco non è casuale e fa parte di un piano elaborato da tempo, con costanti rigurgiti di bramosia di occupazione. Secondo gli osservatori, continua il fermento nelle aree dell’isola non ancora occupate. Dai media ciprioti si apprende che l'8 febbraio 2022, soldati turchi avevano avvertito gli agricoltori greco-ciprioti che lavoravano nei campi vicino al villaggio di Denia nella zona cuscinetto dell’Onu, minacciandoli di ucciderli se non se ne fossero andati, 10 giorni dopo che la Turchia aveva confutato il rinnovo da parte Onu del suo mandato di tutela della pace a Cipro.
Quattro anni prima, il 20 maggio 2018 P. Christopher, presidente dell'International Coordinating Committee - Justice for Cyprus, Ekathimerini aveva dichiarato: L'occupazione di Cipro da parte della Turchia è diventata il primo tentativo fondamentalista islamista moderno di conquistare il territorio e le risorse del mondo occidentale. Nobili parole, ma nulla di fatto.
Attualmente, la Turchia sembra fortemente e subdolamente intenzionata a prendere di mira il resto della Repubblica di Cipro, membro dell’UE. Il governo cipriota sta infatti affrontando una crisi di immigrazione illegale orchestrata, a suo dire, dalla Turchia. Le autorità governative affermano che la maggior parte dei migranti che entrano illegalmente nella parte libera di Cipro è contrabbandata attraverso la parte settentrionale dell’isola occupata dai turchi. Il governo cipriota ha aggiunto che Cipro sta affrontando significativi cambiamenti demografici, ghettizzazione nelle aree urbane e profondi effetti socioeconomici a causa dell’inasprimento della crisi dei migranti illegali. Nel frattempo, secondo i media turchi, la Turchia sta progettando di costruire una base navale militare nella penisola di Karpasia, nel nord occupato dai turchi. Nonostante gli innumerevoli crimini di guerra che ha commesso a Cipro, il governo turco insiste a condannare l'Onu per tenervi installate le sue forze di pace. La Turchia ha anche rifiutato di adempiere ai suoi obblighi verso le risoluzioni Onu su Cipro e di molte convenzioni internazionali che ha firmato. Nel 2018, ad esempio, in risposta a una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) che chiedeva il rilascio di Selahattin Demirtaş, ex copresidente del Partito democratico popolare turco filo-curdo, il presidente turco Erdoğan ha dichiarato: Le sentenze della CEDU non ci vincolano.
Imperterrito, l’Occidente tace, non solo tollerando ulteriori trasgressioni e atrocità turche, ma manifestando anche un’assurda complicità. Gli Usa hanno recentemente bocciato, su richiesta della Turchia, il progetto del gasdotto EastMed, che da Grecia, Israele e Cipro, attraverso la stessa Grecia, collegherebbe i giacimenti di gas del Mediterraneo orientale alla Grecia, permettendo poi di raggiungere, attraverso le condutture già esistenti, l’Italia e il continente europeo. Il gasdotto sarebbe particolarmente importante, alla luce del conflitto in Ucraina, per frenare le capacità della Russia di ricattare l’occidente, l’Europa in particolare, con l’eventuale chiusura dei Nord Stream e di altri gasdotti, tagliando gran parte delle sue forniture di gas. Gesto di Erdogan verso l’amico Vladimir, per alleviarlo dalle sanzioni occidentali e al contempo manovra per consolidare il suo ruolo di intermediario energetico tra l’Europa e il MO. In questo caso il gasdotto permetterebbe all’UE di diversificare le sue fonti di approvvigionamento e di puntare anche sul GNL egiziano. L’ipotesi non può che giovare all’Italia, essendo l’impianto di Damietta in parte dell’Eni. Bruxelles forse l’ha dimenticato e dall’Italia nessuno l’ha ricordato. Solo il Ministro Cingolani, ma non abbiamo rigassificatori. E da Damietta il 22 febbraio è partito un primo carico di GNL prodotto dal terminale dopo la chiusura nel 2012. Ci voleva la guerra per chiudere le controversie.
E Ankara, senza ripercussioni, potrà continuare i suoi crimini contro gli yazidi in Iraq, i curdi in Siria e gli armeni nel Nagorno-Karabakh, coltivando velleità per emulare lo zar di Russia, creando, ad esempio, un caso Ucraina scopiazzato dalla Siria. Perché no?
E il Ministro degli Esteri italiano potrà terminare di leggere Pinocchio, in attesa di ripassarsi la mappa energetica del mediterraneo.
(consultazione: uzay bulut, gatestone institute; daily sabah; nytimes; int.herald tribune; ashington post; m.dell’aguzzo - start magazine)